La riforma del Pd: dimezzare i Comuni

Dimezzamento del numero dei Comuni trentini, passando dagli attuali 217 a circa la metà, come in Alto Adige, rendendo obbligatorie le unioni (da cui discenderanno le fusioni) dei Comuni sotto i 3 mila abitanti. Comunità di valle «a tempo», da tenere in vita fino a quando questo processo di aggregazione non sarà completato, trasferendo loro reali poteri (sull’urbanistica e sul sociale) e rivedendo gli attuali ambiti nei casi in cui non hanno funzionato e hanno portato ad assemblee pletoriche.
C. Bert, "Trentino", 28 maggio 2014


Se Ugo Rossi incalza («Le riforme alla Renzi servono anche in Trentino, dobbiamo essere incisivi»), il Pd risponde. E sulla riforma istituzionale cerca di giocare d’anticipo per togliersi di dosso il ruolo di difensore dello status quo che il governatore sembra aver cucito addosso in questi mesi agli alleati di governo.

La segetaria dei Democratici Giulia Robol ha presentato ieri, insieme alla presidente del partito Lucia Fronza Crepaz, la proposta votata lunedì sera dall’assemblea del partito. Non si tratta ancora di un documento articolato, ma di pochi punti dal significato politico che tratteggiano un nuovo assetto istituzionale per il Trentino, molto diverso da quello attuale.

«È stato un dibattito molto partecipato che si è concluso con una votazione per punti. E la meta è stata condivisa all’unanimità», ha riassunto Fronza Crepaz. Ma segretaria e presidente vengono smentite poco più tardi da Elisa Filippi, candidata alla segreteria e riferimento in assemblea della minoranza interna: «Il nostro accordo riguarda solo la spinta sulle unioni dei Comuni, non certo il mantenimento delle Comunità di valle. Questo non è un Pd che cambia verso», attacca l’esponente renziana. Si partiva da due documenti, il primo di maggioranza - elaborato in un mese dal gruppo di lavoro nominato dal coordinamento provinciale -, il secondo proposto dalla minoranza e presentato in assemblea da Elisa Filippi.

L’assemblea si è chiusa con un accordo su due input politici «che il Pd trentino considera irrinunciabili», ha spiegato la segretaria. Il nuovo assetto. L’obiettivo finale è arrivare ad un assetto con tre livelli istituzionali, la Regione, la Provincia e i Comuni, questi ultimi ridotti di circa la metà rispetto ai 217 di oggi, in linea con i numeri dell’Alto Adige dove sono 116.

Unioni dei Comuni obbligatorie. Come ottenere questa semplificazione del quadro istituzionale? La nostra proposta del Pd - ha spiegato Giulia Robol - è che si segua anche in Trentino quanto previsto dalla legge Delrio a livello nazionale, che per i Comuni montani rende obbligatorie le unioni per i Comuni sotto i 3 mila abitanti. L’approdo finale delle unioni saranno poi le fusioni. «Si tratta di un processo che richiederà un certo tempo che per noi dovrà essere però un tempo certo e raggiungere l’obiettivo di ridurre i Comuni a circa un centinaio», prosegue la segretaria.

Comunità di valle «a tempo». Se a regime le Comunità non saranno più necessarie, per il Pd restano indispensabili oggi. «Non vogliamo tornare indietro al rapporto diretto tra i piccoli Comuni e la Provincia», ha spiegato Robol, «e quindi non possiamo pensare oggi di eliminare le Comunità che hanno una funzione di rete tra i Comuni». «La nostra proposta prevede che si realizzi un effettivo decentramento di poteri dalla Provincia ai territori su urbanistica e sociale, e che si rivedano gli ambiti delle Comunità dove non hanno funzionato e hanno prodotto assemblee enormi (è il caso delle Giudicarie o della val di Non, ndr)».

La segretaria cita a modello la Comunità della val di Cembra, composta da 11 Comuni che insieme fanno 10 mila abitanti, pari al Comune di Mori. «Le funzioni garantite oggi dalla Comunità di valle, in prospettiva sarebbero garantite dal Comune unico e a quel punto è ottimale rinunciare a un livello istituzionale».

Minoranza all’attacco: Comunità da abolire. Il percorso prospettato dalla segretaria non convince affatto Elisa Filippi. La minoranza ha presentato un proprio documento in assemblea che prevede il superamento degli enti intermedi. «Noi siamo d’accordo sulle unioni dei Comuni - spiega Filippi - ma non si può dire vogliamo le unioni e poi tenere in piedi le Comunità, in questo modo il Pd non ha dato prova di voler cambiare verso», dice citando lo slogan renziano della campagna elettorale. « Il voto al Pd alle Europee ci dice che il nostro elettorato chiede segnali netti e una posizione riformista. Io sono dell’idea che l’anno prossimo non si debba votare per il rinnovo delle Comunità». «Per questo - conclude - in assemblea abbiamo votato contro e mi stupisce che la segretaria abbia ritenuto di presentare come proposta del partito un punto che a mezzanotte e mezza ha ottenuto 24 sì su 67 compomenti dell’assemblea». Sui tempi della riforma, ai segretari di maggioranza Rossi ha prospettato che la legge possa andare in aula ad ottobre. «Se non arriva la bozza del presidente, arriva la proposta del Pd», accelera Robol. Ma dovrà fare i conti con i dissidenti interni.