«Il voto delle Europee non è un referendum sul governo Renzi, ma è un referendum su quale Paese vogliamo per il futuro e su quale peso desideriamo abbia a Bruxelles. Solo il Partito socialista europeo, di cui fa parte il Pd, ha una visione del futuro di crescita e sviluppo, dopo anni di politica del rigore». Filippo Taddei, bolognese di nascita ma trentino d'origine (suo padre Sergio è nato in provincia e i Taddei avvocati sono parenti), responsabile economico nazionale del Pd era ieri a Trento per sostenere la candidatura di Andrea Pradi alle elezioni di domenica prossima. "L'Adige", 19 maggio 2014
Il professore della Johns Hopkins University prestato al Pd («Faccio il responsabile economico pro bono» spiega) chiarisce come da un rafforzamento dell'Europa a guadagnarci ne avranno tutti, a partire dai territori, per continuare con l'economia italiana e continentale. «Partiamo da ciò che avverrà per i fondi europei su cui il governo sta trattando: i criteri premieranno i territori virtuosi, come il Trentino, che potranno avere più risorse da spendere su progetti mirati» sottolinea Taddei. Ci potrà essere, con una Europa più forte a livello di potere governativo una spinta anche per il progetto delle regioni transnazionali, come l'Euregio trentino. «Conterà non la provenienza nazionale, bensì l'omogeneità dei problemi dei territori vicini che vanno risolti insieme» afferma Taddei.Che, in vista del voto di domenica, mette in guardia dal cedere agli slogan di chi chiede di tornare agli stati nazionali attraverso l'uscita dall'euro. «A parte il fatto che non si può fare, il nodo è che di fronte alla più grande crisi internazionale della storia i singoli Stati, dalla Germania alla Francia all'Italia, da soli saranno spazzati via di fronte a potenze economiche come gli Usa, la Cina, l'India e così via». Di fronte a chi guarda all'Europa come uno spauracchio e non come una chance, Taddei è chiaro. «Abbiamo un Paese che negli anni ha accumulato uno svantaggio rispetto a Francia, Germania e Inghilterra in termini di tasse sul lavoro e sull'impresa, di burocrazia e mercato del lavoro che è molto frammentato e non porta alla stabilizzazione» spiega Taddei. Sul fisco per le imprese si pagano 30 miliardi di euro in più all'anno rispetto ai Paesi vicini: «Ma in due mesi con il decreto Irpef si sono tagliati 10 miliardi annui di Irpef e 2,3 miliardi di euro di Irap - sostiene Taddei - In vista ci sono le azioni per dare tempi certi alle risposte della pubblica amministrazione e per mettere in ordine il mercato del lavoro. Dobbiamo fare queste riforme che servono al Paese per recuperare un gap storico, visto che prima della grande crisi l'Italia era l'economia che cresceva meno di quelle avanzate perché ha sprecato il dividendo dell'euro. Ovvero i 90 miliardi di interessi annui in meno sul debito rispetto ai tempi della lira. Se faremo queste riforme, poi l'Europa ci darà risorse aggiuntive, altro che Fiscal compact». Taddei spiega infine che «il voto che vale è quello per Pse e Ppe, gli altri sono sprecati, perché non contano in Europa. Se vincerà Schulz, si potrà mettere l'accento sulla crescita dell'Europa». Filippo Taddei, classe 1976, è docente di economia alla Johns Hopkins University Sais. Macroeconomista, studia il mercato del credito, il debito pubblico e la relazione tra mercato del lavoro e sistema pensionistico. Sposato con tre figlie, è nato a Bologna, cresciuto in Italia ed è diventato adulto in America. Suo padre Sergio è trentino, territorio cui anche Filippo è molto legato.Giornata di nomine per la giunta provinciale trentina che inizia a riunirsi di lunedì invece del tradizionale venerdì.
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