Rossi obbligato a ridursi lo stipendio

Dorigatti: «Altro che decisione personale, per la Consulta il decreto Monti vale per tutti». Polemica nei confronti del governatore da parte del presidente del consiglio provinciale, che già si era tagliato l’indennità l’anno scorso, adeguandosi alla legge nazionale.
L. Patruno, "L'Adige", 11 maggio 2014

Il presidente della Provincia, Ugo Rossi, l'altro ieri ha firmato un decreto con cui si è tagliato lo stipendio di 800 euro netti al mese, allineando il suo compenso a quanto previsto dal decreto Monti sui costi della politica, che risale all'ottobre 2012. Nel farlo ha precisato che si trattava di una decisione personale e non di un adeguamento a una norma nazionale ritenuta incostituzionale per violazione dello Statuto, visto che prevede tagli obbligatori anche per le autonomie speciali. «Mi autoriduco lo stipendio - ha detto venerdì il governatore - per essere libero di contestare le leggi lesive della nostra autonomia».

Peccato che il presidente Rossi, nel fare l'annuncio, abbia omesso di dire che la  Corte costituzionale, di recente, con la sentenza numero 23 depositata il 13 febbraio scorso, ha respinto i ricorsi con cui le Regioni Sardegna e Friuli Venezia Giulia avevano impugnato proprio il decreto Monti perché lesivo delle competenze delle autonomie speciali. La Consulta ha stabilito che anche le Regioni a statuto speciale, comprese dunque le Province autonome di Trento e Bolzano, debbano adeguarsi alle norme di contenimento dei costi della politica stabilite dall'allora premier Mario Monti, compresi i limiti alle indennità dei consiglieri e dei presidenti di giunta e consiglio regionale e provinciale. 

Insomma, l'autoriduzione «furbetta» di Rossi più che spontanea era un atto dovuto. E si capisce meglio - ora - perché ha deciso di tagliarsi l'indennità esattamente della cifra richiesta dal decreto Monti, né un euro in più né un euro in meno.Il presidente del consiglio provinciale,  Bruno Dorigatti, che invece aveva adeguato la sua indennità e quella dell'ufficio di presidenza del consiglio provinciale già l'anno scorso, senza indugio, ora pur non volendo sollevare un conflitto istituzionale tra presidente del Consiglio e presidente della giunta, ora si toglie qualche sassolino dalle scarpe e non evita la polemica. «Il presidente Rossi - commenta infatti Dorigatti - era obbligato a ridurre la sua indennità entro il tetto del decreto Monti, altro che decisione personale. La sentenza della Corte costituzionale che ha respinto i ricorsi di Friuli e Sardegna è molto chiara e personalmente fin dall'inizio avevo detto in consiglio provinciale che non ritenevo opportuno nasconderci dietro lo Statuto di autonomia, impugnando il decreto, per evitare di tagliarci le indennità».

«Io - ricorda il presidente del consiglio - non l'ho fatto e anzi subito come ufficio di presidenza abbiamo proposto una modifica del regolamento per adottare il taglio drastico dei fondi ai gruppi del consiglio provinciale previsto dal decreto Monti e abbiamo ridotto l'indennità di mandato del presidente del consiglio e degli altri componenti dell'ufficio di presidenza, nel rispetto del tetto stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni, che aveva adottato come parametri le indennità della regione più virtuosa. Per i compensi dei presidenti della giunta e del consiglio si è fissato un tetto di 13.800 euro lordi al mese. A questo mi sono adeguato tenendo costo che l'indennità lorda di un consigliere semplice è di 9.800 euro più 700 euro di diaria netta e altri 750 euro di rimborso per spese documentate. Il totale del mio compenso netto è di  6.857  euro, visto che l'indennità di carica lorda è di  2.550  euro. Vedo che il netto dichiarato da Rossi è superiore perché arriva a  7.275  euro al mese non capisco come mai».

Il presidente Dorigatti aggiunge una frecciata anche nei confronti del collega presidente del consiglio regionale Diego Moltrer: «Io gli avevo detto già tempo fa di adeguarsi subito al decreto Monti, perché nella scorsa legislatura il consiglio regionale non l'aveva fatto. Ora dovrà farlo».