RIFORMA DEL SENATO e TITOLO V - TONINI: Vero tema è sistema garanzie non modalità elezione senatori

"Nel confronto sulla riforma del Senato dobbiamo evitare di concentrarci sul dito perdendo di vista la luna: di dibattere sulle modalità di elezione dei senatori, invece di affrontare i temi aperti e complessi delle garanzie e del federalismo". Così il senatore Giorgio Tonini, vicepresidente del Gruppo del Partito democratico, intervenendo in assemblea con Matteo Renzi sulle riforme.
29 aprile 2014

"Il problema vero, posto dai firmatari del ddl Chiti - ha detto Tonini - è quello dell'impatto della riforma del Parlamento sulle procedure di elezione delle istituzioni di garanzia, a cominciare dal presidente della Repubblica e dalla Corte costituzionale. È a questa preoccupazione che si deve dare risposta, mentre sarebbe un errore concentrarsi sul rimedio, a mio avviso sbagliato, proposto dai colleghi: quello di mantenere una qualche forma di elezione diretta dei senatori". 


LA SCALETTA DELL INTERVENTO SULLA RIFORMA DEL SENATO di GIORGIO TONINI
(1ª Commissione, 22 aprile 2014 sera)

Premessa. Non mi soffermo sulla necessità delle riforme. Ho votato convintamente per la rielezione di Napolitano e mi permetto di rinviare al suo discorso di insediamento. Naturalmente è lecito non essere d'accordo col Presidente della Repubblica. Non è il mio caso.

1. Testo Governo ottimo testo base, sul quale esercitare una incisiva azione emendativa, che non ne stravolga i principi fondamentali: a) conferma del bicameralismo, come affermazione di un principio pluralistico, accanto a quello monistico della Camera politica eletta col sistema maggioritario; b) superamento del bicameralismo paritario, limitando alla sola Camera maggioritaria il potere di fiducia, sulla base di un continuum tra corpo elettorale, maggioranza parlamentare e governo del premier; c) individuazione come espressione più adeguata, verrebbe da dire "repubblicana" e non "monarchica", del principio pluralistico, della rappresentanza dei poteri locali, a cominciare dalle Regioni; d) un Senato non eletto direttamente e dunque composto di un corpo parlamentare permanente, di fatto ancora paritario rispetto alla Camera, ma composto di rappresentanti regionali e comunali che mantengono le loro funzioni; e) stare nel solco della migliore tradizione europea, che non conosce il bicameralismo paritario e di fatto neppure quello elettivo, in particolare confrontandosi con la più riuscita "seconda camera" europea, il Bundesrat tedesco.

2. Non si tratta di un disegno estemporaneo o frettoloso, ma della ripresa di un progetto dalle radici assai profonde. Basti pensare alle Tesi dell'Ulivo del 1995. La Tesi n. 4, dopo la 1 che prospettava una Camera eletta col maggioritario e il premierato come forma di governo; la Tesi 2 che proponeva un ventaglio di garanzie nel maggioritario; e la Tesi 3 che optava per un federalismo cooperativo; la Tesi 4 così recitava testualmente: "Una Camera delle Regioni. La realizzazione di un sistema di ispirazione federale richiede un cambiamento della struttura del Parlamento. Il Senato dovrà essere trasformato in una Camera delle Regioni, composta da esponenti delle istituzioni regionali che conservino le cariche locali e possano quindi esprimere il punto di vista e le esigenze della regione di provenienza. Il numero dei Senatori (che devono essere e restare esponenti delle istituzioni regionali) dipenderà dalla popolazione delle Regioni stesse, con correttivi idonei a garantire le Regioni più piccole. Le delibere della Camera delle Regioni saranno prese non con la sola maggioranza dei votanti, ma anche con la maggioranza delle Regioni rappresentate. I poteri della Camera delle Regioni saranno diversi da quelli dell'attuale Senato, che oggi semplicemente duplica quelli della Camera dei Deputati. Alla Camera dei Deputati sarà riservato il voto di fiducia al Governo. Il potere legislativo verrà esercitato dalla Camera delle Regioni per la deliberazione delle sole leggi che interessano le Regioni, oltre alle leggi costituzionali".

3. Adottare il testo del governo come testo base non significa assumerlo così com'è. Si impongono correttivi anche significativi, pur nell'ambito del perimetro proposto dal presidente del Consiglio. Due sono in particolare i punti critici sui quali intervenire:
a) l'impatto della riforma del bicameralismo sul sistema delle garanzie costituzionali;
b) la armonizzazione tra riforma del bicameralismo e riforma del titolo V.

3.a. Bisogna scongiurare il rischio che la maggioranza dei deputati, espressa dal sistema maggioritario, abbia in suo potere non solo la fiducia al governo, che è la ragion d'essere del maggioritario, ma anche i poteri di garanzia e il procedimento di revisione costituzionale nel senso più esteso del termine. Si impone pertanto la previsione di un'assemblea più ampia per l'elezione del Capo dello Stato, sul modello tedesco; meccanismi di salvaguardia del pluralismo nella scelta dei giudici costituzionali e dei membri del Csm; il mantenimento del procedimento legislativo paritario per le leggi costituzionali, elettorali e assimilate (ad es. legge di contabilità ex art. 81, ecc.).

3.b. Sul Titolo V, sono da apportare correttivi al testo vigente, ma va evitata una restaurazione centralistica, che sarebbe peraltro anche contraddittoria con la riforma del bicameralismo in chiave federalista. In particolare, è opportuno un supplemento di riflessione sul tema della legislazione concorrente, che può acquistare nuovo significato proprio con l'ingresso in campo del nuovo Senato delle autonomie, di nuovo sul modello tedesco, per il quale concorrente è l'ambito dove possono legiferare o lo Stato o le Regioni ed è sostanzialmente il Bundesrat (insieme al Bundestag) a deciderlo, applicando il principio di sussidiarietà. Sulle materie concorrenti andrebbe rafforzato il potere del Senato (che dovrebbe invece essere meramente consultivo nelle materie di competenza esclusiva dello Stato).

4. Altri emendamenti: abolire la quota dei 21; ponderare la rappresentanza regionale sul modello tedesco; introdurre il voto in blocco, salvo nelle materie bicamerali (garanzie costituzionali) e la previsione di una doppia maggioranza, di senatori e di regioni.