Dopo gli 80€ Renzi metta mano alle norme sugli orari dei negozi

Matteo Renzi sta indubbiamente marcando l’azione di governo con l’impronta riformatrice che deve sempre più caratterizzare una forza come il PD: sostegno ai redditi medio-bassi, sburocratizzazione, riequilibrio del carico fiscale dal lavoro alla rendita con una riduzione del peso per lavoratori e imprese.
Fabrizio Sannicolò – consigliere comunale PD a Rovereto
Lorenzo Passerini - capogruppo PD all’Assemblea Comunità della Vallagarina

Accanto a questo impulso coraggioso è fondamentale però correggere quella stortura tutta italiana contenuta nel cosiddetto “decreto Monti” che liberalizza in modo indiscriminato gli orari delle aperture dei negozi.

Leggendo i dati riportati di recente dal Corriere della Sera si intuisce che il fenomeno delle “aperture totali” è in aumento, soprattutto a Pasquetta e 25 Aprile. Servono tali aperture a stimolare la crescita?
A nostro avviso no, non è con la liberalizzazione indiscriminata delle aperture che si può pensare di aumentare l'attrattività del commercio ed incentivare i consumi. Indubbiamente la competizione rappresenta la linfa vitale per lo sviluppo, però libera concorrenza non significa assenza di regole.
L’assenza di regole conduce alla sopraffazione dei più forti sui più deboli, alle caste, ai monopoli; non tutela la qualità della vita dei lavoratori costretti a turni festivi in fasce orarie molto estese; non garantisce pari opportunità ai piccoli esercizi commerciali, alle botteghe storiche, anche di periferia, con una propria identità storico-culturale. Non possiamo scordarci che questi negozi rappresentano anche un pezzo della nostra tradizione e contribuiscono a mantenere in vita i centri storici delle città e i nostri paesi periferici.

C’è poi un problema di metodo legato alla tutela dell’Autonomia. I territori non sono tutti uguali. Un paese di montagna con pochi abitanti non è come un centro urbano: ha tradizioni, bisogni, richieste differenti. Un piccolo negozio di paese non è un megastore: svolge chiaramente funzioni diverse. Per queste e altre motivazioni il governo Renzi dovrebbe rimettere mano alla norma degli orari dei negozi seguendo tre principi cardine:
a) garantire la libera concorrenza e pari opportunità;

b) attribuire alle comunità la responsabilità di graduare le aperture sulla base delle vocazioni dei territori;

c) tutelare i lavoratori e il tessuto delle imprese, anche piccole e medie, nel rispetto dei diritti dei lavoratori, delle loro famiglie e dei consumatori. In questo senso il Trentino con la cosidetta “Legge Olivi” del 2010 poteva rappresentare un modello in quanto si era riusciti a coniugare libera concorrenza unitamente al rispetto sociale dei diritti dei lavoratori fissando una cornice generale entro la quale vi sono meccanismi di condivisione delle scelte dal basso - ne è un esempio l’accordo del 23 aprile tra Coop Superstore e Sindacati per tenere chiuse le sedi di Rovereto e Trento il 25 aprile e Primo Maggio-, attribuendo una forte autonomia agli Enti Locali e dando loro la possibilità di graduare le aperture dei negozi nel corso dell’anno secondo modelli flessibili e duttili in considerazione della natura e specificità territoriale: purtroppo quel modello, ancorché perfezionabile, è stato spazzato via da Monti.

Dall’esempio Trentino il Governo Renzi potrebbe ispirarsi. Ma c’è bisogno che la politica, anche locale con i propri rappresentanti a Roma, faccia la propria parte nel sollecitare il governo a seguire tale via. Un ulteriore impegno va richiesto soprattutto al PD e ai suoi alleati PATT e SVP per chiedere con forza al Governo il rispetto degli accordi sanciti nel 2013 in vista delle elezioni politiche nazionali per l’emanazione di una norma di attuazione in materia di commercio e consentire alla Provincia autonoma di Trento di poter disciplinare sul proprio territorio il settore senza imposizioni statali.