Civico: «Abbiamo sbagliato, liquidazioni indifendibili»

«Quella legge l’ho votata, con la convinzione di limitare, ridurre, risparmiare. In buona fede. Ma sul piano politico quella scelta non è difendibile». Mattia Civico ha scelto queste parole per annunciare le sue dimissioni da capogruppo (provinciale e regionale) del Partito democratico. Lo ha fatto domenica pomeriggio spedendo una mail ai colleghi del gruppo consigliare.
C. Bert, "Trentino", 15 aprile 2014

Una lunga lettera, per spiegare e forse in qualche modo anche per togliersi un peso. Ieri mattina il gruppo si è riunito a metà: mancavano infatti in quattro (Bruno Dorigatti, Luca Zeni, Alessio Manica e l’assessore Alessandro Olivi), c’erano solo le donne, Donata Borgonovo Re, Violetta Plotegher, Sara Ferrari e Lucia Maestri. Borgonovo e Plotegher hanno chiesto a Civico di restare, ma lui non ha cambiato idea e ha formalizzato le dimissioni con una lettera ai presidenti del consiglio regionale Moltrer e provinciale Dorigatti.
Poi ha risposto al telefono, ai giornalisti che lo hanno cercato: «Quello che avevo da dire l’ho detto nella lettera che ho mandato al gruppo». Quello che leggete è dunque un colloquio a partire dalle parole scritte nella lettera.

Civico, com’è maturata la decisione di dimettersi? Ho sentito il dovere di compiere un gesto concreto di assunzione di responsabilità politica, per il rispetto che ho dei luoghi, dei ruoli, delle persone. La politica, per essere atto collettivo, ha bisogno di gesti individuali. Lo scandalo dell’attualizzazione e liquidazione dei vitalizi, con le cifre individuali impressionanti che conosciamo, dev’essere superato al più preso, dal punto di vista normativo, ma ancor più politico. Quello che è successo interroga innanzitutto la coscienza individuale e sono grato a chi pur manifestando profondo disagio, non ha mai messo in discussione la mia buona fede. Lei faceva parte dell’ufficio di presidenza del consiglio regionale che decise l’attualizzazione.

Oggi ci dice dunque che fu un errore? Insieme agli altri consiglieri regionali quella legge l’ho votata pensando di fare una cosa giusta. Convinto di limitare, ridurre, risparmiare. In buona fede. Ma sul piano politico quella scelta non è difendibile. E su questo piano credo sia urgente un’assunzione di responsabilità collettiva. Non a parole, ma con gesti concreti.

L’errore furono i criteri scelti per l’anticipo dei vitalizi (aspettativa di vita più lunga della media, tasso di sconto basso e dunque vantaggioso per i beneficiari) o la scelta stessa di attualizzare i vitalizi? Non penso che se fossero stati adottati criteri differenti saremmo ora in una situazione molto diversa. Penso che lo scandalo abbia origine nella scelta stessa di attualizzare, ovvero di riconoscere per legge i vitalizi come diritti acquisiti. Sul piano politico dobbiamo avere il coraggio di dire apertamente che l’articolo 10 della legge 6 del 2012 ha nella sostanza confermato l’ingiustizia sociale e politica rappresentata dai vitalizi.

E oggi, come se ne esce? Innanzitutto approvando una riforma in grado di ristabilire equità, celermente e con efficacia.

Nella lettera di dimissioni lei dice però anche di condividere la proposta del circolo l Pd di San Giuseppe che propone l’abolizione definitiva di tutti i vitalizi. E questa è anche la posizione del segretario del Pd Giulia Robol. Bisogna distinguere. C’è un piano normativo, dove è bene recuperare quante più risorse possibile attraverso una revisione dei criteri tecnici che hanno portato a certe liquidazioni. E c’è un piano politico, dove il segretario di un partito ha il diritto di chiedere gesti politici che vanno oltre il piano normativo. Ovvero chiedere agli eletti Pd di restituire tutto ciò che supera la parte contributiva effettivamente versata. Sulla vicenda indaga la magistratura. È sempre utile che in uno stato di diritto vi siano tutti gli accertamenti per stabilire eventuali responsabilità, a tutela degli interessi della collettività. Ma, ripeto, quello che è successo necessita innanzitutto di una risposta politica, perché senza credibilità e senza responsabilità la politica non è più in grado di operare e di agire per il bene comune. 


LEGGI ANCHE: 
Borgonovo Re: Civico costretto alle dimissioni, L. Patruno, "L'Adige", 15 aprile 2014

Le dimissioni di  Mattia Civico  da capogruppo regionale e provinciale del Pd, a seguito dello scandalo dei vitalizi d'oro, ha fatto emergere lo scontro interno e il clima pesante che si respira fra i consiglieri e assessori del primo partito del Trentino.
A fronte delle lettera di dimissioni inviata domenica sera ai colleghi consiglieri, il gruppo del Pd è riuscito a mettere insieme cinque righe di laconico commento solo alle 18.20 di ieri, con cui le dimissioni vengono definite: «Un gesto di grande autorevolezza e responsabilità» e si ringrazia Civico per «ciò che ha fatto e che continuerà a fare insieme a ciascuno di noi». Punto.

Il presidente del consiglio provinciale,  Bruno Dorigatti e Luca Zeni, che è stato capogruppo nella scorsa legislatura, ieri non hanno voluto neppure commentare queste dimissioni, mentre al contrario l'assessora alla salute,  Donata Borgonovo Re, molto vicina a Civico per sensibilità politica e personale, si è definita «non solo dispiaciuta, ma affranta». E ha spiegato di aver chiesto a Civico, con i pochi colleghi del gruppo che ieri mattina erano presenti alla riunione settimanale (Violetta Plotegher, Lucia Maestri, Sara Ferrari), di ripensarci, ma il capogruppo è rimasto fermo nella sua decisione. E si capisce, vista la freddezza con cui sono state accolte le dimissioni.

L'assessora Borgonovo Re dà una lettura molto dura accusanto i colleghi del gruppo consiliare per il comportamento tenuto nelle ultime settimane: «Non immaginavo né desideravo che Mattia arrivasse a una decisione così radicale, che ha un valore politico grandissimo. Non toccava a lui fare un passo del genere per una decisione che fu presa in un contesto di corresponsabilità di tutti i colleghi che hanno votato quella legge nella scorsa legislatura. Invece nei giorni scorsi sono giunti segnali sgradevoli nei confronti del capogruppo in modo da costringerlo al passo delle dimissioni, trovando in lui il capro espiatorio».«Nel gruppo - attacca Borgonovo Re - e dall'esterno sono giunti messaggi di caccia al colpevole per sgravarsi la coscienza, senza però dirsi le cose in volto. Non c'è stato un percorso lineare». 

La consigliera provinciale  Lucia Maestri, che è stata tra le prime a chiedere come fu possibile che nella scorsa legislatura chi nel Pd aveva responsabilità, come Civico che era nell'ufficio di presidenza del consiglio regionale, non si accorse che quella riforma era sbagliata, a fronte delle dimissioni del capogruppo riconosce il forte significato politico di questo gesto: «La lettera del capogruppo è un documento politico che fa riflettere è una risposta politica onesta e un'assunzione di responsabilità per quanto deciso allora. Civico è stato l'unica persona che ha preso in mano la situazione restituendo alla politica la sua dignità».

La segretaria del partito, Giulia Robol, dice: «È stata una decisione coraggiosa e sofferta a cui riconosco il merito di farsi carico di una responsabilità che è collettiva non solo sua e gli esprimo la mia solidarietà umana. Penso inoltre che sia importante il suo messaggio politico sul fatto che l'attualizzazione è stato un errore e credo che proprio da lì il Pd debba ripartire, con la nuova riforma, facendosi carico del compito di eliminare il privilegio. Civico ha lanciato un messaggio, altri ora facciano la loro parte».

Sia  Walter Viola  (Progetto Trentino) che  Riccardo Dello Sbarba  (Verdi), che erano consiglieri nella scorsa legislatura commentano ritenendo la decisione di Civico tutta una questione interna al gruppo del Pd. Diversamente, dice Dello Sbarba, se la motivazione fosse l'aver approvato quella legge allora: «Avrebbero ragione i grillini a dire che dovremmo dimettersi dal consiglio tutti coloro che votarono quella legge».