Senatore Tonini, la Provincia può davvero stare tranquilla? Sì, nessuna aggressione. D’altra parte la specialità era confermata dal mantenimento dell’articolo 116. Una marcia indietro sarebbe comunque stata una contraddizione, vista la direzione già intrapresa nella legge di stabilità su finanza locale e ulteriori deleghe amministrative.P. Morando, "Trentino", 2 aprile 2014
La doppia lettura al Senato e alla Camera può però esporre il ddl a più di una modifica. Su che cosa il governo potrà eventualmente trattare? Ci sono tre punti fermi, che Renzi ha sempre ribadito e che sono passati al vaglio delle primarie, della direzione del Pd e del voto di fiducia sul governo. Primo: il bicameralismo paritario, con il foto di fiducia affidato alla sola Camera. Secondo: il Senato non più ad elezione diretta, con la conseguente abolizione delle indennità dei futuri senatori. Terzo: una diversa espressione del sistema delle autonomie, attraverso la riforma del Titolo V. Da questi paletti non si potrà uscire. Lei avrebbe però preferito un altro modello di Senato. In Europa si arriva per due strade: quella che attraverso il Piemonte conduce alla Francia e quella che lungo l’asse del Brennero porta in Germania. Renzi ha scelto la prima: il pacchetto complessivo indica una ricentralizzazione delle competenze verso lo Stato, con minore potestà legislativa alle Regione. Non a caso lo stesso Senato finisce per assomigliare a quello francese. È vero, io pensavo più al Bundesrat tedesco. Ma mi rendo conto che mai come oggi le Regioni sono impopolari, anche perché in questi dieci anni di federalismo incompleto hanno usato i loro poteri in maniera pessima. E il risultato è che il ceto politico regionale è considerato anche peggiore di quello nazionale. Mentre la fiducia verso i sindaci resta comunque alta. Già. E sappiamo bene che i Comuni sono l’istituto autonomistico più radicato nella storia d’Italia: hanno mille anni, le Regioni appena 50. Buona parte dei quali spesi male. Come giudica la soppressione del terzo comma dell’articolo 116, che rendeva possibile l’attribuzione alle Regioni di «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia» su diverse materie? Dico che in tutti questi anni nessuna Regione si è mai attivata per chiedere nuove competenze: neppure Lombardia e Veneto governati dalla Lega in anni di sintonia politica con il governo. Invece di dimostrare con i fatti la volontà di autogoverno, hanno sempre preferito gridare “Roma ladrona”.
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Partito Democratico del Trentino