Sia dal resoconto sull'Adige del 26 marzo, sia dall'intervista rilasciata dal senatore Tonini, emerge una raffigurazione del Pd come di un partito diviso in due fazioni nettamente distinte: da una parte i sostenitori di Giulia Robol, che avrebbero architettato l'elezione della loro candidata attraverso trame di palazzo, accordi sottobanco, tentativi di emarginare coloro che si frapponevano sulla strada di un successo conseguito in modo poco trasparente (l'importante è il risultato); dall'altra i sostenitori di Elisa Filippi, vittime sacrificali di tali giochi meschini ed emarginati soprattutto perché espressione della genuina «rivoluzione renziana», da non potersi evidentemente mettere in discussione in quanto espressione della volontà popolare.A. Branz, "L'Adige", 30 marzo 2014
Al punto che Giorgio Tonini si spinge a definire coloro che hanno appoggiato la Robol (le «due aree di incerta definizione politica») come fautori di una visione conservatrice dell'autonomia.Ebbene: voglio qui dire con forza che non solo non mi riconosco in questa immagine manichea del Pd, ma che la respingo al mittente come non corrispondente alla realtà. Personalmente infatti (ma credo di parlare anche a nome di altri) ho appoggiato la Robol e mi sono speso per la sua elezione, sulla base di un comune impegno a rendere il Pd più e non meno democratico e al di fuori di manovre occulte che non mi appartengono e che non ho mai frequentato nella mia vita politica. In tal senso, se la si analizza senza paraocchi, quella della Robol è una proposta politica realmente in grado di promuovere un profondo rinnovamento del Pd, e questo perché valorizza i circoli territoriali e si propone di rendere gli iscritti e la «base» realmente protagonisti delle scelte che verranno fatte. Insomma un partito che parta dal «basso» e che soprattutto faccia della partecipazione qualcosa di serio e duraturo, non legato esclusivamente alle spinte populistiche che possono venire da una concezione eccessivamente «elettoralistica» del partito. E, già che ci sono, voglio respingere al mittente anche l'accusa che alla Robol (e a Scalfi) viene fatta di «ribaltone». Infatti si tratta di una tesi non solo destituita di fondamento, ma anche mistificante dal punto di vista della teoria democratica. Chi critica l'esito del voto in assemblea provinciale, in realtà, consapevolmente o meno, delegittima un organo sovrano, regolarmente eletto e nel pieno delle sue prerogative. Purtroppo in tutti questi anni, sulla spinta di una vulgata leaderistica e populistica, si è progressivamente voluto negare la legittimità della «democrazia rappresentativa» in nome di una fuorviante e confusa «democrazia d'investitura» (o «immediata» che dir si voglia).
Seguici su YouTube
Partito Democratico del Trentino