Nicoletti: spero tocchi a Elisa

Non è stata una stagione semplice quella attraversata dal deputato  Michele Nicoletti  come segretario del Pd. Oltre alle fibrillazioni fisiologiche del partito democratico, sono stati due i passaggi particolarmente delicati, entrambi l'anno scorso. Prima, a livello nazionale ma con riverbero sulla base, le tensioni dopo il voto politico di febbraio e la spaccatura che silurò la candidatura Prodi al Quirinale spalancando la via al governo con Berlusconi.
"L'Adige", 14 marzo 2014 

Poi, l'estate scorsa, alle primarie provinciali del centrosinistra, la sconfitta del candidato Pd Alessandro Olivi, che accentuò le polemiche interne e condusse alla scelta di affidare il partito al «traghettatore» Italo Gilmozzi, in attesa del rinnovo della segreteria.L'appuntamento è per dopodomani, domenica, con le primarie provinciali aperte che si svolgeranno in uno scenario profondamente cambiato rispetto a pochi mesi fa.

Si sfideranno il coordinatore cittadino del Pd Vanni Scalfi, l'assessora roveretana Giulia Robol e la «nativa» renziana Elisa Filippi che è sostenuta anche da Nicoletti. «In dicembre alle primarie nazionali, pur senza fargli pubblicità, avevo scelto Pippo Civati, perché reputo la sua area un arricchimento per la vitalità del partito. Ora, per il Trentino, esprimo con convizione il mio appoggio a Elisa Filippi della quale già durante le parlamentarie avevo potuto apprezzare le capacità e i contenuti politici, per esempio l'orizzonte europeo.
Malgrado la mancata elezione alla Camera, dovuta a una combinazione sfortunata di fattori nel rapporto fra Trento e Bolzano, Elisa ha saputo rimanere in campo con generosità e oggi rappresenta una risorsa importante che il partito deve saper valorizzare. Pur avendo sostenuto in passato mozioni diverse, condividiamo molti valori di fondo e la visione di un partito aperto e inclusivo». 

Il suo successore alla guida del Pd dovrà in ogni caso fare i conti con un confronto di sensibilità spesso molto divergenti. «Sono fiducioso sulla nostra capacità di trasformare in forza politica la pluralità delle idee. Le elezioni comunali ad Arco, domenica scorsa, con il successo netto del centrosinistra autonomista e del candidato Pd Alessandro Betta hanno rafforzato questo mio ottimismo, specie se le confronto con il clima che c'era alle municipali del 2010, con la nostra coalizione attraversata da forti tensioni. Oggi i rapporti tra i partiti della maggioranza che governa anche in Provincia sono molto più saldi e mi piace pensare che questa ripresa sia anche frutto del lavoro da noi svolto in questi anni. Adesso il partito vive una stagione di rinnovamento, incarnata anche dalle candidature alel primarie di domenica, e si conferma come elemento centrale sia a livello locale sia a Roma, dove abbiamo ottenuto fra l'altro l'introduzione nella riforma elettorale di un modello speciale ispirato al Mattarellum». 

La sconfitta alle primarie provinciali, però, è stata una pagina drammatica e forse non ancora metabolizzata. «Il dato rilevante è il risultato della coalizione unita alle successive elezioni dell'ottobre scorso, non dimentichiamo quanto fossero diffuse le preoccupazioni sulla tenuta nel "dopo-Dellai". Per noi, pur avendo perso l'occasione di esprimere il candidato presidente, il bilancio resta positivo e alle urne ci siamo confermati come il primo partito del Trentino. Peraltro, l'indisponibilità di Alberto Pacher a scendere nuovamente in campo aveva indiscutibilmente penalizzato il Pd, costretto a rinunciare al suo candidato più forte. Nell'aria, poi, c'era ancora la rabbia della base che respingeva la logica delle larghe intese romane. Ciò non toglie che sia necessario anche fare autocritica e notare, per esempio, che alle primarie trentine il partito probabilmente è stato troppo timido nell'aprirsi alla società, eccessivamente condizionato dai personalismi, poco incline allo spirito di squadra e dunque alla mobilitazione dell'elettorato. In ottobre, però, nel voto provinciale, è arrivata una scossa positiva». 
Come valuta le 48 ore di fuoco vissute a Montecitorio sulla nuova legge elettorale, con la contestata la bocciatura delle quote rosa e delle preferenze? «Da un lato va evidenziato che, pur tra numerosi distinguo, la disciplina di partito ha retto. Anche le nostre deputate hanno compreso che era in gioco l'uscita dall'incubo del Porcellum, per varare un modello che faccia emergere dalle urne (eventualmente col ballottaggio) un quadro chiaro su maggioranza e opposizione. Mi auguro, però, che al Senato sia possibile introdurre correttivi sulla parità di genere ma anche sulle soglie: troppo bassa il 37% per il premio di maggioranza (io auspico almeno il 45%), troppo alta l'8% per l'ingresso in Parlamento (si penalizzerebbero gravemente i partiti minori con una marcata identità valoriale)». 
Date le tensioni nel Pd e i numeri esigui a palazzo madama, il governo Renzi è destinato a navigare a vista? «Colgo una volontà collaborativa nella minoranza del partito e credo che tutto dipenderà dalla capacità dell'esecutivo di dare attuazione alle misure annunciate, specie in ambito economico. Quanto al Senato, spero che sia in grado di autoriformarsi in tempi ragionevoli, diventando una Camera rappresentativa delle autonomie, soprattutto delle Regioni. In ogni modo, fin dall'indomani del voto di un anno fa, il mio auspicio era che si varasse una legge elettorale migliore, per consentire agli italiani di tornare rapidamente alle urne e definire con chiarezza gli equilibri parlamentari»