Il malato non sia mai un numero

Se davvero in ospedale il malato è un numero, come leggo nella lettera di Piergiorgio Cattani al Trentino di qualche giorno fa, il mio impegno quale Assessora alla salute di questa Provincia sarà quello di lavorare affinché il malato torni ad essere considerato una persona, un soggetto con dei diritti, non un oggetto che si ritiene inutile ascoltare e perfino superfluo salutare.
Donata Borgonovo Re, "Trentino", 18 febbraio 2014

E' necessario che tutti noi riflettiamo su questa dinamica dell'essere umano che nell'esperienza delle strutture totalizzanti diventa numero, sulle cause che fanno sì che questo avvenga, sullo scadimento della relazione umana quando uno "comanda" e l'altro "subisce". E soprattutto sul perché questo deterioramento dei rapporti debba raggiungere un culmine tanto più umiliante, quanto più debole o indifesa appaia la persona che abbiamo di fronte.

Non sono necessari commenti alle parole di Cattani, che tutti noi, credo, abbiamo letto con sconcerto, parole così lucide nel lasciar trasparire con crudo realismo ciò che un paziente prova in un ospedale quando si verifica una così abissale distanza tra i suoi bisogni di malato e le capacità di risposta di chi lo cura.

Del resto la solidarietà, manifestata attraverso un giornale con espressioni di circostanza, non serve nè a chi ha vissuto e vive la mortificante esperienza dell'indifferenza di un medico di fronte al dolore altrui, nè a rieducare il medico stesso al corretto esercizio di una professione che richiederebbe un connubio perfetto tra capacità tecniche, sensibilità ed empatia col paziente.

Desidero invece stigmatizzare pubblicamente i comportamenti, come quello descritto, che rendono evidente l'urgenza di un forte investimento nella formazione del personale sanitario, formazione cui dovrebbero assiduamente dedicarsi proprio coloro che mostrano di non avere compreso il valore di un saluto o di una parola di conforto verso chi sta vivendo il difficile momento della malattia. E' necessario instillare nel personale sanitario una reale cultura dei diritti del malato, cui sicuramente si ispira anche il codice deontologico delle relative professioni, che dalla carta va tradotto, ai fini di una sua concreta utilità, nelle azioni quotidiane.

Allo stesso tempo non posso dimenticare chi, nella sanità, lavora con dedizione, ben sapendo che i pazienti non sono solo corpi da curare, ma persone che si aspettano cortesia, educazione e comprensione da parte di chi ha scelto una professione a contatto con la malattia e quindi con la sofferenza.