«Farmaci ed esami diagnostici, dovremo tagliare le spese»

L'Assessora alla Sanità: "Continueremo a dare ai nostri cittadini servizi di assistenza socio-sanitaria di base e di qualità, perché ritengo che non siano certo dei privilegi ma piuttosto dei diritti. Questo, però, non ci mette al riparo da una rivisitazione della spesa che riguarderà parametri certi e misurabili come farmaci ed esami diagnostici".
M. Ciangherotti, "Trentino", 6 febbraio 2014

Una Provincia che continua a investire in sanità e la cui spesa sanitaria pro capite aumenta in modo costante. Un quadro che, però, non mette al riparo nemmeno il Trentino da una doverosa rivisitazione della spesa pubblica. Così, già nei prossimi mesi – i primi risultati dovrebbero arrivare ad autunno 2014 – l’Azienda sanitaria porterà ad attuazione il piano di miglioramento elaborato in questi anni.

Un piano triennale che, oltre a orientare strategie e scelte, si domanda quanto sia «appropriata» la spesa sanitaria. Si scopre, così, come nella maggior parte dello stivale, che vi è un uso non sempre «appropriato» degli esami diagnostici (troppi esami ingiustificati) e della spesa farmaceutica (troppe e inutili prescrizioni).

«Dati misurabili», spiega l’assessore alla salute Donata Borgonovo Re. Segno e sintomo di quella medicina così definita «difensiva» che tende a prescrivere più esami (e più farmaci) del dovuto, in modo da mettersi al riparo da eventuali diagnosi errate e possibili guai giudiziari. Intanto, però, lievita una spesa che per la collettività si dimostra inutile e non necessaria. Ecco che allora Provincia e Azienda sanitaria saranno chiamate ad asciugare alcuni costi e la razionalizzazione, diciamo pure il taglio, riguarderà in particolare proprio farmaci ed esami diagnostici. La maggior parte delle Regioni italiane lo ha già fatto.

Il Trentino, invece, attuerà questa riforma della spesa pubblica sanitaria in modo autonomo, ma dovendo rispettare alcuni parametri nazionali e internazionali. Uno dei nodi riguarda i punti nascita. Se per l’Oms il numero di parti che dovrebbe effettuare una struttura in un anno per risultare sostenibile è di 1.000, il Ministero della Salute italiano si accontenta del 50%: almeno 500 parti l’anno. Secondo questi standard gli unici due ospedali trentini «non a rischio» sono il Santa Chiara di Trento e il Santa Maria del Carmine di Rovereto. Si salvano, in corner, i punti nascita di Cles e Arco (poco meno di 500 parti in un anno). Chiuso Borgo, restano Cavalese (280 circa) e Tione (190 parti l’anno), con numeri che più che da panchina, fanno pensare alla tribuna.

Assessore Borgonovo Re, da una parte c’è la sicurezza, dall’altra soprattutto l’efficienza economica. I punti nascita periferici verranno chiusi? «Guardi, dobbiamo certamente strutturare al meglio tutto il percorso nascita. Prima di prendere una decisione definitiva apriremo uno spazio di discussione e confronto con i territori. E qualsiasi decisone sarà accompagnata da una serie di accorgimenti. Possiamo decidere di chiudere un punto nascita, se però continueremo a garantire un percorso nascita strutturato. E cioè visite ginecologiche e pediatriche sul territorio e un adeguato accompagnamento delle ostetriche lungo il percorso».

Borgo ha chiuso, Cles e Arco non rischiano, salteranno Tione e Cavalese? «I numeri ci dicono questo. Devo dire che a Tione è stato già intrapreso un discorso sul territorio, che ha condotto a una certa accettazione. Il discorso di Cavalese è un po’ differente. Per esempio mi ha colpito sapere che, se pur pochi, anche alcuni cittadini di Ora usufruiscono del punto nascita e partoriscono a Cavalese. I numeri, però, sono quelli e gli standard vanno rispettati».

Perché non pensare allora a un accordo con l’Alto Adige per Cavalese? «Mi sembra improbabile. Inoltre l’Alto Adige ha alzato di molto i parametri dei rimborsi sanitari fuori Provincia e per noi si tratta di un’operazione al momento non sostenibile».

Nel 2013 in spesa sanitaria per investimenti la Provincia di Trento è stata seconda solo all’Emilia Romagna. Possiamo continuare a spendere tranquilli? «Per fortuna riusciamo a dare ai nostri cittadini servizi di assistenza socio-sanitaria di base e di qualità. E continueremo perché ritengo che non siano certo dei privilegi ma piuttosto dei diritti. Questo, però, non ci mette al riparo da una rivisitazione della spesa che riguarderà parametri certi e misurabili come farmaci ed esami diagnostici. Ci stiamo lavorando e l’Azienda Sanitaria attuerà il proprio piano di miglioramento, con i primi risultati che dovrebbero arrivare il prossimo autunno».

Una domanda sul Not è immancabile. Ammettiamo che, comunque vada, è stato un pasticcio? «Io ho letto ogni pagina della sentenza e l’operazione fatta dalla Provincia è, quanto meno, interpretabile. Vedremo. Una cosa è certa: al momento non sappiamo né come né quando avremo il nuovo ospedale».

In ogni caso sempre con il «magico» project financing? «È l’unico sistema che ci garantisce la consegna nei tempi attesi». Una Provincia così «ricca» a cui nessuna banca avrebbe concesso mutui… «Guardi, non siamo così ricchi».