La lezione di Prodi «Trento, più ricerca»

Continuare a investire in ricerca, perché Trento è uno dei pochi «posti in Italia dove, grazie alle risorse che ci sono, i centri di questo tipo sono presenti. Altrove nel Paese la situazione è drammatica». Nella giornata di Romano Prodi a Trento, dalla mattina, quando ha visitato il Muse fino alla sera all'incontro al liceo Rosmini, c'è stato spazio per una lezione sull'Europa, la globalizzazione e il ruolo di Italia e Ue.
A. Conte, "L'Adige", 5 febbraio 2014

Ma, sollecitato dalle domande dei giornalisti e dal passato vissuto a Trento, l'ex docente dell'Università trentina, ex premier e ex presidente della Commissione europea ha parlato anche delle sfide che aspettano il Trentino, dei suoi punti di forza e dei rischi che corre l'autonomia nel riassetto della Costituzione che attende il Parlamento nelle prossime settimane.La mattina al Muse Prodi ha risposto alle domande sulla riforma costituzionale alle porte e a quelle che gli hanno posto i vertici del museo. Rispetto al riassetto del Paese e dei rapporti tra governo centrale e autonomie, l'ex premier ha chiarito che «il titolo V va rivisto in un senso o nell'altro, perché non ha dato buona prova di sè. Ci sono alcune voci in cui il Paese deve essere uno solo, come capita, ad esempio, alla promozione turistica in Asia».

Riguardo alle questioni future relative alla trattativa tra Stato e Provincia, Prodi suggerisce «la via del dialogo che è essenziale» per avere rapporti positivi come «era accaduto quando ero al governo e con Trento si dialogava e non c'erano stati problemi». Sullo sfondo, insomma, c'è una strada densa di cambiamenti da gestire con attenzione da parte dei trentini.Sulla possibilità di uno spazio per l'autonomia trentina in questi tempi di crisi, rispondendo ai responsabili del Muse, Prodi ha chiarito che «in questo spazio di crisi lo spazio si è allargato, nel senso che qui è uno dei pochi luoghi in cui si poteva realizzare un museo come questo. Potete essere d'accordo o no ma nessun'altra città italiana lo avrebbe potuto fare». 

La situazione anomala rispetto al resto d'Italia per Trento è sottolineata da Prodi anche per quanto riguarda la capacità di investire in ricerca, ambito che per l'ex premier è quello da sostenere, per evitare quanto accade a livello nazionale, dove «assistiamo all'emigrazione intellettuale: formiamo dottori per altri Paesi» ha detto Prodi. «Trento è uno dei pochi posti che ha qualche soldo per la ricerca, e quindi mi attendo da qui che si continui questo dinamismo che indubbiamente ha fatto delle strutture di ricerca trentine un qualcosa di diverso rispetto al resto d'Italia» ha detto invece Prodi a margine della conferenza su Italia e mondo globalizzato all'Università di Trento.

«Grazie all'autonomia il Trentino è ricco di centri di ricerca attivi e prestigiosi, una realtà che purtroppo non si incontra in altre zone d'Italia. Trento non può certamente cambiare il paese, ma può dare un contributo positivo», ha aggiunto Prodi ricordando «con nostalgia» il periodo negli anni Sessanta quando insegnava economia nei primi anni di vita della facoltà di Sociologia.

E stoppando con una battuta la rettrice Daria de Pretis che ricordava un suo documento firmato di pugno come docente dell'ateneo trentino e risalente a oltre 40 anni prima. «Non lo dica» le ha fatto eco Prodi coprendosi gli occhi come per non voler vedere il tempo che è passato.La giornata trentina è stata in parte all'insegna dell'amarcord per Prodi che ha voluto ricordare come la città «quando insegnavo era tutt'altra cosa rispetto a come è adesso», rimarcando i miglioramenti che sono stati compiuti nel corso degli anni. «Quando ci insegnavo oltre 40 anni fa, Trento era una città di povertà, oggi è diventata una città che è all'avanguardia nel Paese». ha concluso Prodi.


"Cambiare la politica Ue per spingere la ripresa"
«La ripresa in Italia? Non la vedo ancora. Se non si cambia politica economica a livello europeo non può essere forte». Romano Prodi, alla platea di oltre 500 studenti e cittadini trentini accorsi alla facoltà di giurisprudenza per ascoltarlo, ha spiegato perché è l'Europa la leva per uscire dalla crisi. Per farlo, occorre modificare le «rigide norme imposte dalla Germania perché impediscono di aumentare la domanda interna, che oggi manca».

E spiegando che i tempi della lira con le svalutazioni infinite della moneta non hanno più senso in un'economia aperta come quella attuale. Ecco una sintesi della sua lezione. 

Europa, nano politico. «L'Ue è prima a pari merito con gli Usa per ricchezza prodotta, è prima nell'export ma non ha un ruolo nel grande cambiamento mondiale cui stiamo assistendo. Perché? Perché siamo divisi, in politica estera ad esempio. Fino a che non ci sarà un governo unitario dell'Unione europea e un coordinamento fiscale, non conteremo sullo scenario internazionale. Io sono ottimista, ma serve una svolta nella politica europea». 

Il costo del lavoro. «Il costo del lavoro in Germania è più alto in media dell'Italia, non è quello il nodo dell'economia italiana, anche se è giusto provare a ridurre il cuneo fiscale. La questione preoccupante è che stiamo perdendo la manodopera specializzata. Occorre rivitalizzare le scuole tecniche. E che la rivoluzione tecnologica sta facendo scomparire quasi di nascosto molti posti». 

Paese bloccato. «In Italia si è arrivati a una paralisi completa dei processi decisionali. Basta pensare alla burocrazia per aprire un'impresa o a quella che serve per effettuare delle assunzioni. L'Italia ha un debito alto, che pure i miei governi avevano ridotto, ma ha ancora un apparato industriale importante. Ci sono 2.500 piccole e medie imprese che sono delle multinazionali tascabili. Ma affinché aggancino i mercati nuovi e lontani deve esserci una politica industriale che le spinga a raggiungere le dimensioni necessarie, che oggi spesso non ci sono». 

Governo stabile necessario. «L'Italia per risolvere i problemi che ho elencato deve avere un governo stabile. La legge elettorale deve servire a questo, non a fotografare l'esistente. Poi è fondamentale però andare in Europa e battere i pugni sul tavolo per modificare la linea economica attuale».  

Germania da cambiare. «Io non sono contro la Germania, spesso prendo a esempio il sistema scolastico e organizzativo, ma in questa fase nel Paese c'è la comunità economica che è a favore di un cambiamento della linea economica che è stata impostata, mentre la politica ha lanciato il messaggio che ogni cambiamento rappresenterebbe un cedimento alla dissipatezza dei paesi latini. Occorre che Italia, Francia e Spagna si alleino per chiedere una politica economica diversa nella Ue che ridia energia all'economia e alla domanda interna che oggi manca». 

Euro e svalutazione. «Il miracolo economico italiano si è basato su una continua svalutazione della lira, che nei 35 anni prima dell'euro è stata svalutata del 600% rispetto al marco tedesco. Ma svalutando si ha uno sviluppo con il respiro corto, e alla fine il Paese marcisce. Non potevamo avere un Paese che esporta milioni di pantofole, si deve puntare su prodotti di alto livello col costo del lavoro che abbiamo». 

Cina, Usa e Russia «Il mondo è cambiato con una velocità mai vista prima: nel dopoguerra gli Usa avevano metà del Pil mondiale, oggi ne hanno il 20% circa, e sulla scena ci sono Cina e Russia. Per quest'ultima le Olimpiadi di Sochi saranno la prova del ritorno sulla scena internazionale. Per questo c'è grande attenzione da parte dei russi». 

Bankitalia, operazione ok. «La rivalutazione delle quote delle banche in Banca d'Italia è un favore a loro ma anche allo stato. Perché alla fine sui nuovi valori si pagano più tasse. In questo momento si dà respiro alle banche che possono avere più spazio per fare credito alle imprese che oggi ne hanno molto bisogno».