L'ex deputato Luigi Olivieri (Pd), eletto due volte in Trentino quando c'erano i collegi uninominali per la Camera (fino al 2001), difende su tutta la linea l'operazione attuata dal segretario del partito, Matteo Renzi, per accordarsi con Berlusconi sulla legge elettorale.
Z. Sovilla, "L'Adige", 24 gennaio 2014
«Si tratta decisamente di una buona intesa, che per quanto ci riguarda conferma l'eccezione per le Province autonome assicurandoci i collegi uninominali».
Non è troppo sbilanciata sulle premesse di Forza Italia? «Non mi pare proprio. Il sistema vive una paralisi e non se ne esce senza un compromesso tra le forze maggiori disposte a dialogare. Per affrontare la crisi economica serve un Parlamento in grado di operare».
L'estate scorsa, il deputato renziano Roberto Giachetti presentò una mozione per il ritorno al Mattarellum e fu il Pd a rifiutare l'intesa con l'M5S (c'erano le larghe intese). Adesso si concorda con Fi una legge che assomiglia molto di più al Porcellum. «Ma non è vero, è diversissima dal Porcellum. I collegi elettorali ora sono quadruplicati, molto piccoli, un centinaio. La scheda riporterà i nomi dei candidati, da quattro a sei, pochi e riconoscibili dai cittadini. Se nessuna lista o coalizione supera il 35% si va al ballottaggio».
La stessa minoranza Pd reputa troppo bassa questa soglia per attribuire il premio di maggioranza (del 18%), torna l'odore di Porcellum e c'è già chi annuncia un ricorso alla Consulta. «Oggi nel Paese la priorità è garantire la stabilità. A me, poi, non spiace una semplificazione, con un Parlamento di massimo cinque gruppi politici: smettiamola con i partitini del 2% che ostacolano le riforme. Ora si va verso un bipolarismo o tripolarismo di stampo europeo. La Corte costituzionale, peraltro, ha precisato di essere intervenuta di fronte all'inerzia del legislatore e dalla sentenza emerge semplicemente che il premio non può essere elevatissimo. E quello previsto da Renzi e Berlusconi non lo è. Considero un capolavoro del segretario Pd aver convinto Forza Italia a sottoscrivere questo accordo, accettando l'eventualità di un secondo turno, da sempre invisa al centrodestra».
Il Pd ha rinunciato all'uninominale e alle preferenze e ora in molti lavoreranno in Parlamento per reinserirle, ipotesi che manderebbe tutto all'aria. Forse Renzi ha messo in conto una balcanizzazione fra deputati e senatori che lo porti rapidamente a candidarsi a palazzo Chigi? «Ma no. Chi non è d'accordo dovrà conformarsi alle decisioni prese nella direzione del partito; altrimenti dovrebbe essere coerente e andarsene. Peraltro, fino a ieri nessuno dei predicatori delle preferenze si stracciava le vesti... Berlusconi ovviamente ha piantato i suoi paletti e non c'erano altri margini: il testo non è blindato ma per modificarlo serve l'assenso di Forza Italia. In ogni caso, il Pd sceglierà i candidati con le primarie».
Dall'opposizione (Sel, M5S, Fratelli d'Italia) ma anche tra i democrat non renziani si reputano troppo alte e dunque poco democratiche le soglie di sbarramento (12% per le coalizioni con il 5% per le loro liste; l'8% per il singolo partito). «Non mi pare scandaloso che chi non ha almeno un milione di voti o giù di lì non entri in Parlamento. I prossimi eletti dovranno assumere decisioni fondamentali, avviare interventi chirurgici e dolorosi: ci vuole una maggioranza sicura che se ne faccia carico».
La proposta dei collegi non garantisce il parlamentare a circa un terzo (le meno popolate) delle province ordinarie, Renzi vuole cancellare gli enti intermedi d'area vasta e togliere competenze alle Regioni. Visto da Trento non è un impianto centralista? «Il Pd resta federalista ma oggi è corretto ricentralizzare una serie di funzioni legislative attribuite alle Regioni ordinarie, che non hanno saputo esercitarle. Noi, per esempio, sull'energia, abbiamo agito bene (le altre Regioni no) e difenderemo questa e tutte le nostre prerogative statutarie». Z. S.