Civico in pista «per un Pd dei cittadini»

«Questo congresso provinciale deve essere l'occasione per fare un passo in avanti nel consolidamento dell'identità e della personalità del Pd, che sta nell'essere un partito strumento dei cittadini, luogo di elaborazione e che ha la capacità di guidare i processi. In questi anni, invece, il Partito democratico, nel nome della logica di coalizione, ha rinunciato troppo spesso alle sue battaglie per non mettere in fibrillazione gli alleati».
"L'Adige", 23 gennaio 2014

Mattia Civico, capogruppo provinciale del Pd, esce allo scoperto, in vista della corsa del 16 marzo per la segreteria provinciale, presentando i cardini della sua mozione congressuale che ha riassunto in una decina di punti. E precisa: «Io fino ad ora non ho sentito nessuno dei potenziali candidati sostenere queste idee che ho espresso nella mozione. Per questo sono anche pronto a portarle avanti in prima persona, se non si arriverà a una sintesi, che mi auguro, con gli altri candidati; non potrei però mai sostenere un'idea di partito, che non è quello che vorrei». 

Consigliere Civico, quale è il senso della sua candidatura, se alla fine resterà in campo? Il senso è che per me il Pd, se vuole essere spazio della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini, non può limitarsi a raccogliere la fiducia degli elettori, garantendo alla coalizione forza e consenso, ma poi è timido e non armonico nel determinare, governare e incidere nelle scelte che riguardano il futuro della comunità. Dobbiamo essere più esigenti e chiari nelle nostre posizioni.  
Non lo siete stati in questi anni? Nel percorso del Pd dal 2008 è successo più o meno. Non è una critica a chi ha ricoperto ruoli specifici, ma è un fatto che il Pd ha accettato una logica di coalizione che lo ha portato a essere meno esigente sui suoi principi e valori. Io credo molto nella coalizione e so che non possiamo governare da soli, ma dobbiamo anche essere chiari. Nelle scelte che si assumono il cittadino deve poter riconoscere la coerenza e la trasparenza del processo decisionale e la sintesi di un dibattito aperto. E propongo anche che gli eletti rendano conto pubblicamente alla fine di ogni anno del lavoro fatto. 
Propone nella mozione dei «forum tematici», cosa sono? Sono il luogo del collegamento tra il partito e la comunità, aperti anche ai non iscritti. Chi vi partecipa deve sapere che il lavoro fatto diventa patrimonio programmatico e politico del partito. Lei si era candidato alla segreteria nel 2008 in rappresentanza della corrente dei «kessleriani».

Cosa è cambiato da allora? Tantissime cose. Sono stati superati alcuni confini e la persona che ha dato il nome a quell'area ha altri impegni. In questi 5 anni il dialogo tra le diverse sensibilità è molto cresciuto, senza trincee. Io ho collaborato con tutto il gruppo del Pd in consiglio provinciale e i risultati ci sono stati. 

Pinter ha detto che la segreteria collegiale guidata da Nicoletti ha fallito perché ha mancato l'obiettivo del presidente della Provincia. Condivide? No. La segreteria collegiale di Nicoletti è stata importante e i risultati si sono visti a tutte le elezioni. Do una lettura opposta di Pinter sul perché a luglio abbiamo perso le primarie: è successo proprio perché c'è stata la rottura della gestione collegiale e non si è stati capaci di ricomporre la situazione dopo che c'erano state una o due fughe in avanti. Non ho timore delle gestioni collegiali. 

Quando parla di parità di genere nella segreteria cosa vuol dire? Che se ci fosse un segretario uomo vorrei ci fosse un vicesegretario o il presidente donna. E viceversa.



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Quasi sei anni dopo la sfida con Alberto Pacher, Mattia Civico è pronto a candidarsi di nuovo alla segreteria del Pd. «Prima di chiedere un passo indietro a me, gli altri facciano un passo avanti».

Civico, perché si candida? C’è bisogno che il Pd faccia un passo in avanti nell’esplicitare la coerenza rispetto ai propri valori. Vorrei un Pd impegnato a rendere più concreto l’impegno alla partecipazione, al coinvolgimento dei cittadini e al ruolo dei circoli. Il rischio a volte è che ragioniamo troppo di assetti e strumenti ma poi non sempre li applichiamo.

Concretamente? Si dice che i circoli devono avere più voce in capitolo. Ora, il tempo e le energie che le persone mettono nei circoli portano veramente a condividere le decisioni di partito? Dobbiamo rendere i luoghi in cui si decide più aperti e trasparenti.

Il tema partito degli iscritti-partito degli elettori è tornato più volte nel dibattito di questi giorni. Qual è la sua posizione? Io penso che il tesseramento è importante. Ma sono per un partito aperto in cui ognuno possa dare un contributo al di là della tessera. Tra l’altro penso che un partito attento ai contributi di tutti, è un partito che aumenta anche le proprie tessere.

Elisa Filippi è stata accusata di essere troppo appiattita sul Pd nazionale. Manica ha proposto un partito confederato e totalmente autonomo. Secondo lei quanto il Pd Trentino deve essere autonomo dal nazionale? Sono per un Pd che non rinuncia alla propria autonomia di visione, ma se rinunciamo al legame con un partito nazionale, che è l’unico tra l’altro del centrosinistra autonomista, rinunciamo a uno strumento che ci rende più forti, penso all’accordo alle politiche e al dibattito sugli attacchi alle autonomie.

Lei alle primarie nazionali per il congresso non si è schierato. Cosa pensa del Pd a guida Renzi? Non sono stato renziano, né alle primarie per la premiership né al congresso, perché per sensibilità e storia ho maturato altre riflessioni e urgenze. Riconosco però che nel suo modo a volte anche schietto e sbrigativo, c’è un’impressione di forza che sta oggettivamendo imprimendo la possibilità di un cambiamento. Io sento l’esigenza di un’apertura del Pd e di una maggiore coerenza interna, per queste ragioni mi ero tra l’altro candidato a segretario nel 2008. Ma al di là degli schemi nazionali, vorrei capire se a livello locale c’è la volontà di uno scatto in avanti.

Oltre al modello di partito, questo cosa significa? A me pare che in Trentino oggi permangono ancora disparità e iniquità, una ripartizione delle risorse che non sempre afferma il principio di uguaglianza. A me piacerebbe un Pd in prima fila sull’affermazione di questi valori, più incisivo rispetto anche a iniziative assunte nella scorsa legislatura come il reddito di garanzia. Possiamo essere più coraggiosi, anche quando ci troviamo di fronte a sensibilità diverse dentro la coalizione.

Vanni Scalfi ha chiesto a chi ha già un ruolo nel partito di pensare a quello. Lei è capogruppo provinciale, cosa risponde? Sia io che Filippi che Scalfi possiamo dedicarsi a tempo pieno. In questa obiezione c’è un difetto, pensare che la semplificazione del quadro si ottiene facendo fare passi indietro a qualcuno. La mia priorità non è la segreteria, ma l’identità del partito e i temi della mia mozione. Se riscontro che tra gli altri candidati la sensibilità e le urgenze che pongo sono raccolte, non ho alcuna difficoltà a condividerle. Ma prima di chiedere un passo indietro a me, qualcun altro faccia un passo avanti.

Cosa si aspetta? Finora il dibattito è stato più concentrato sulla forma partito e il rapporto con il nazionale, non sulla direzione da imprimere al Pd. Su questo non ho riscontrato una sensibilità comune se non sul piano personale.

Non c’è nessuno degli altri quattro candidato a cui si sente più vicino? No, ho rapporti di stima e collaborazione con tutti. Da qui all’8 febbraio continuerò a confrontarmi con tutti.