Il consigliere provinciale Alessio Manica non ha alcuna intenzione di farsi da parte, anche se sta dialogando con altri potenziali candidati alla segreteria del Pd trentino, convinto di avere un profilo capace di coprire aree e sensibilità, all'interno del partito, che nessun altro dei nomi in campo riesce a rappresentare e soprattutto è l'unico che parla apertamente dell'obiettivo di un «Pd del Trentino autonomo da Roma, confederato con il nazionale». L. Patruno, "L'Adige", 21 gennaio 2014
Consigliere Manica, è sempre determinato a portare avanti la sua candidatura o si sta accordando con altri? Siamo in una fase un po' confusa e non definitiva. Tutte le candidature emerse hanno di positivo che rappresentano un giro di boa generazionale e non mi preoccupo molto di quello che dicono i big. Se no tutto viene vanificato dal fatto che è più importante quello che dice, ad esempio, Roberto Pinter, di quello che dicono i candidati. Non citi Pinter, se no le danno del pinteriano. È pinteriano? Ormai questa definizione me la metto via felicemente, perché Roberto è una persona che stimo dal punto di vista intellettuale. Capisco che c'è bisogno delle etichette. Andiamo oltre. Perché è in pista? Io ci sono perché più persone cercavano un profilo che alla fine ricadeva sempre su di me. Sto cercando di parlare con Vanni Scalfi e Giulia Robol, con la quale ho un percorso formativo molto simile, per capire quale possibilità c'è per compattare alcune sensibilità e ridurre il parterre delle candidature. Mi auguro che siano massimo due o tre, se no torniamo a una gestione debole del partito. Con Elisa Filippi invece siete lontani? Sì, mi sento lontano da lei soprattutto sulla questione del Pd territoriale. Io ho detto che lei è nata con il momento renziano, non in senso dispregiativo. Ma è vero che si è trovata meno dentro la dinamica locale. Fino a che punto deve spingersi l'autonomia del Pd del Trentino rispetto a quello nazionale? Io quando ho visto sull' Adige l'intervento di Gigi Olivieri su questo l'ho condiviso profondamente. Da quando è nato il Pd del Trentino ne stiamo discutendo e io penso che dovrà essere l'argomento centrale del nostro congresso. Secondo me la prospettiva di un partito confederale ci sta benissimo. Cosa vuol dire confederale? Vuol dire potersi scegliere i candidati, senza che vengano imposti da Roma; non aver bisogno di chiedere la deroga sulla data del congresso, come accaduto in questi giorni, una cosa che mi sembra pazzesca; gestirsi le risorse del partito. In sostanza, costruire un partito più legato al territorio e capace di dare risposte efficaci qui, con un'agenda e programmi nostri. Le altre priorità quali sono? Un altro tema è la formazione dei dirigenti. Penso che abbiamo investito poco. E l'altra questione è rappresentare il mondo degli amministratori locali, che si sono sentiti troppo di lato rispetto al dibattito politico nel Pd, mentre loro sono la vera forza del Pd trentino, perché tramite loro veniamo visti come capaci di risolvere i problemi della gente. Lei al congresso nazionale non si è schierato. Può un segretario provinciale non dire come la pensa sulla linea politica nazionale? Io avevo votato Bersani, poi a queste primarie non mi sono riconosciuto in nessuno. Ero tra Cuperlo e Civati. Mentre di Renzi non condivido la rottamazione e quel suo metodo per strappi. E oggi sto vivendo male il conflitto velato fra Renzi e Letta. Si sente l'unico che può rappresentare anche la sinistra del Pd, un po' orfana? So che molti di quella parte del Pd guardano a me. Vengo dai Ds, ma penso che si debba andare oltre e trovare convergenze con più aree del partito. Lei ha sostenuto molto la candidatura di Alessandro Olivi. Lui però non si è ancora sbilanciato. Pensa che lo farà? Sì, l'ho sostenuto con convinzione, ma penso che ora lui stia aspettando di vedere se si arriva a una sintesi sul discorso della territorialità, poi si schiererà.
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Partito Democratico del Trentino