Olivi richiama il Pd: «Troppi candidati servono idee chiare»

"Rischio personalismi, decidiamo quale partito vogliamo". "Dovremmo arrivare al Congresso con due, al massimo tre proposte".
R. Tosin, "Trentino", 20 gennaio 2014

Le candidature si sprecano e si moltiplicano, nomi nuovi spuntano di giorno in giorno, tutti buoni, a seconda dei punti di vista. Come al solito il Pd rischia di impantanarsi sui nomi, anziché sulla linea del partito, sulle prospettive del Trentino futuro che il partito intende guidare sulla strada dello sviluppo, assumendosi le responsabilità del principale partito di governo.
È un rischio che Alessandro Olivi vede (anche perché lo ha sperimentato sulla propria pelle quando si trattava di scegliere il candidato per la Provincia) e vuole in tutti i modi scongiurare. Anche un richiamo esplicito, fatto in una serie di incontri, può servire per dare al prossimo congresso la dimensione necessaria in un momento comunque molto difficile per i partiti.

Alessandro Olivi, il suo partito si prepara al congresso partendo dai nomi. Bisogna assolutamente evitare di puntare sui profili soggettivi anziché sulle idee. È necessario fare molta sintesi.

Ma intanto i nomi per la segreteria si moltiplicano. Direi che i candidati sono un po’ troppi. Siamo già a cinque o sei: è una follia. Dovremo arrivare al congresso con due o al massimo tre proposte.

Si rischia di creare confusione anche tra i vostri elettori in questo modo. Non c’è dubbio. Nel nostro partito c’è un popolo variegato, questo è vero, ma che alla fine chiede coesione. Come se ne esce? Andando oltre la dimensione della persona. Noi dobbiamo raccogliere la sfida che ci viene assegnata per la nostra dimensione di partito che vive una condizione anomala nel Trentino, in un bipolarismo di coalizione. Nella condizione di partito che federa il centro sinistra dobbiamo individuare la strada che ci permetta di interpretare una stagione di cambiamento. Il Pd è chiamato a fare delle riforme.

Assieme agli altri o il Pd è convinto di poter fare da solo? Non da solo, però è evidente che il Pd può essere un baricentro importante.

Fra cosa? Il Pd vive all’interno di un contesto molto particolare, quello dell’autonomia dove può sperimentare soluzioni di governo innovative. E lo stiamo già facendo. Però ormai la politica non è solo chiusa all’interno di un territorio, ma è fatta di relazioni, di reti, di confronti con la realtà nazionale ma anche con quella dell’arco alpino, per esempio. E il Pd può essere il punto di riferimento di tutto questo.

Non è di questo che dovreste parlare per scegliere il candidato “naturale” alla presidenza. In effetti prima dobbiamo rispondere alla domanda: quale ruolo vogliamo affidare al Pd all’interno di questo contesto? Una volta risposto a questo quesito, il candidato si “svelerà” automaticamente. Ma ho paura che non ci sia questa idea, o che almeno sia ancora vaga e c’è la tendenza a vedere il partito come uno spazio di autopromozione. Il Pd trentino deve avere delle idee chiare e distintive (come per esempio sui temi del modello dello sviluppo e dell’equità sociale), da presentare con messaggi semplici e concreti. Basta slogan, dobbiamo fare. Intransigenti sui valori e capacità di decidere.

Ci sono le condizioni? Direi di sì. Le cose sono cambiate. È finita l’epoca delle barricate. È passata forse sotto traccia la presa di posizione di industriali e sindacati che hanno focalizzato nei giorni scorsi temi come la produttività, la selettività, la competitività. Dobbiamo essere lì anche noi ad accettare questa sfida, questa proposta di collaborazione con le forze produttive e quelle sociali. È questo lo spirito.

Dellai è preoccupato che il suo Upt venga fagocitato e che venga cancellato il suo lavoro alla presidenza della Provincia. Timori fondati, visto che lei assegna al Pd tutta la responsabilità del futuro governo del Trentino. Dellai può stare tranquillo. L’Upt è una risorsa nella coalizione. Ma non c’è dubbio che il Pd oltre ai voti può contare su una sinergia nazionale che all’Upt, ma anche al Patt, manca. Lo vediamo anche oggi, con i continui confronti con il governo nazionale.

Allora sarebbe meglio fagocitare l’Upt? Credo che la strada da seguire sarebbe quella di creare un partito popolare da federare con il Pd. Ma questo non vuol dire certo far sparire l’Upt o il Patt. E poi l’Upt è ben presente in giunta con due assessori, nel segno della continuità.

Nessuna intenzione di smontare le politiche del passato quinquennio? Non vogliamo destrutturare il progetto. Pensiamo ad esempio ai temi della ricerca, del welfare e dello sviluppo in qualità che continueremo a perseguire. Ma è certo che viviamo una condizione diversa. Siamo di fronte a una finanza pubblica che decresce e alcuni cambi di rotta saranno inevitabili. Di sicuro dovremo essere molto più selettivi sui progetti, tenendo conto che ci sono nuove sfide da affrontare.