Il vicepresidente: "La logica delle componenti ha paralizzato la nostra azione". Fino ad ora il partito è stato più che altro un luogo di organizzazione degli eventi elettorali. Ora il Pd per vincere e governare deve darsi un'anima, ossia una base di convincimenti condivisi, che vuol dire dimostrare di credere in qualcosa insieme agli altri. Il contrario dell'autopromozione".T. Scarpetta, "Corriere del Trentino", 12 gennaio 2014
«Il Pd del Trentino è stato uno spazio politico. Mi auguro che il congresso sia l’occasione per diventare un progetto politico». Alessandro Olivi, al momento, preferisce stare alla finestra. «Il quadro —dice—è ancora incerto». Il vicepresidente, però, assicura di non guardare con distacco al congresso previsto per il 16 marzo. «Parteciperò, anche perché — spiega — se il partito è debole gli amministratori non sono più autonomi, come qualcuno pensa, sono solo più soli e deboli nel prendere le decisioni ».Il coordinamento ha finalmente indicato la data del congresso. Che dibattito si auspica in questi due mesi? «Veniamo da anni in cui il partito è stato più che altro un luogo di organizzazione degli appuntamenti elettorali. Poche sono state le proposte tese a orientare la nostra azione di governo e c’è un perché».Quale? «Il mito della collegialità si è spesso, troppo spesso, tradotto in paralisi, in incapacità di assumere e mantenere una linea. Questo perché l’attenzione è stata rivolta all’equilibrio tra le componenti, l’inno al pluralismo si è manifestato nella sindrome del non decidere. Un partito organizzato in questo modo non può che essere un luogo di rappresentanza delle singole leadership, con le conseguenze che, ahimè, conosciamo: la forte debolezza ci ha portato alla sciagurata esperienza delle primarie, che solo con un sussulto di orgoglio dei singoli si è riusciti a trasformare nel buon risultato elettorale di ottobre».Per la prima volta nella storia del Trentino, un partito che proviene anche dalla cultura politica della sinistra ha avuto la possibilità di esprimere la presidenza della Provincia. Lei era il candidato del Pd. Cos’è successo? «È successo che abbiamo dimostrato di non avere la coesione e la maturità necessarie per trasformare una leadership presente nell’elettorato, come le elezioni hanno poi dimostrato, in un primato all’interno della coalizione. Questo perché il partito è stato vissuto come uno spazio politico in cui ciascuno piantava la propria bandierina e non come un progetto politico collettivo. L’ingenerosità di molti dirigenti e e alcuni passaggi opachi ci hanno impedito di esprimere la presidenza della Provincia. Ora si tratta di non commettere più quegli errori».Lei cosa suggerisce? «Il Pd per vincere e governare con la sua proposta deve darsi un’anima ossia una base di convincimenti condivisi che vuol dire dimostrare di credere in qualcosa insieme agli altri. Il contrario dell’autopromozione. Deve costruire un infrastruttura cognitiva che va mobilitata e promossa attraverso un rapporto con i centri di competenza esterni al partito come le istituzioni locali, i corpi intermedi, l’associazionismo indipendente. Il partito aperto è quello che offre soluzioni alla comunità non che se le fa dettare. Per fare tutto questo serve un gruppo dirigente che sia non solo nuovo ma capace».Ci può tradurre in volgare il concetto di «infrastruttura cognitiva»? «Un partito popolare non può, terminato il congresso, smettere di dialogare con la società. Il partito, non solo l’assessore di turno, deve incontrare i lavoratori, i sindaci, gli imprenditori. Io, come assessore, sento il bisogno di confrontarmi con il mio partito sulle decisioni che sono chiamato a prendere ».Perché un partito abbia una linea, c’è bisogno di una maggioranza. Come ha già fatto notare il coordinatore reggente Italo Gilmozzi, difficilmente con molti candidati, in assenza di un secondo turno, si avrà un segretario di maggioranza. «Condivido. Il primo errore che dobbiamo evitare è giocare in Trentino il secondo tempo delle primarie nazionali. I motivi sono molti, cominciando dal principale: nel momento in cui Renzi è diventato il nostro segretario, il segretario di tutti, i renziani non esistono più, è lui stesso ad averlo fatto notare dichiarando chiusa la corrente. Il secondo errore da evitare è quello di tenere un congresso con quattro o cinque candidati. Se la società è polverizzata, un partito non è obbligato a esserne la fotografia. Per quello ci sono già i 5 Stelle, che per governare ritengono sufficiente portare nelle istituzioni le paure e le pulsioni dei singoli».Un tema di cui discutete da anni e che difficilmente in questo congresso si potrà eludere è quello del partito territoriale nelle sue diverse sfumature. «Io non credo che la differenza su questo piano la faccia una norma dello statuto. Si è territoriali nel momento in cui si vive l’autonomia senza avvertire l’esigenza di omologarsi alle scelte nazionali. Il job act presentato in questi giorni da Renzi contiene proposte che in Trentino abbiamo già realizzato, o stiamo realizzando. Dobbiamo avere il coraggio di non farci risucchiare nella standardizzazione nazionale».C’è però anche chi, come Ugo Rossi, continua a parlare di partito di raccolta. «Io non penso che noi si debba andare verso un contenitore unico. Essere territoriali non significa considerarsi una zona franca della politica nazionale. Il Pd è l’unica forza della coalizione che ha un saldo legame nazionale, che deve mantenere e rafforzare ».Roberto Pinter ha auspicato un ricambio generazionale. Condivide? «Il suo richiamo è giusto, ma non necessariamente le nuove idee sono legate a questioni anagrafiche».Venendo ai nomi, quello di Alessio Manica circola da tempo e sabato lui stesso sul Trentino si è detto disponibile. Ciò che lei ha detto a proposito di radicamento territoriale e di idea di partito fa pensare che lei sia pronto a sostenerlo. «Quella di Alessio è sicuramente un’ottima candidatura, si tratta solo di verificare se l’impegno in consiglio gli consentirà quella generosità di azione di cui il partito ha bisogno. Il quadro è ancora incerto e credo che, nei prossimi giorni, ci saranno delle novità».
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Partito Democratico del Trentino