Il Trentino si candida laboratorio di sperimentazione per la necessaria riforma del mercato del lavoro, ma attenzione a riporre eccessiva fiducia nel “contratto unico” per i giovani: non basterebbe per far ripartire le assunzioni, servono ben altri interventi per mettere le aziende nella condizione di avere bisogno di manodopera. Lo dice l’assessore all’industria Alessandro Olivi, che annuncia per le prossime settimane un pacchetto di nuove norme che leghino in un patto di responsabilità tutte le parti sociali. G. Lott, "Trentino", 13 gennaio 2014
Assessore, cosa pensa del Job Act proposto da Renzi? Per ora si conoscono più i titoli che i contenuti, ma mi pare un fatto importante che il segretario del Pd abbia posto il tema del lavoro al centro dei progetti di riforma fondamentali per questo Paese. Oltretutto sapendo quanto è difficile fare riforme in Italia. Il Trentino in realtà ha già dato corso da tempo ad alcuni aspetti evidenziati nella proposta di Renzi. Scorrendo i punti del Job Act, cogliamo come il Trentino, anche attraverso le lezioni imposte dalla crisi, come la qualità del lavoro in caduta libera e la disoccupazione femminile in crescita, abbia anticipato e applicato diversi aspetti della riforma Fornero, a partire dal ruolo dell’Agenzia del lavoro, che va qualificata e irrobustita per essere luogo sia di attuazione di politiche del lavoro, grazie all’alleanza tra le parti sociali e con soggetti accreditati - sindacati, patronati, agenzie interinali e altri -, sia di applicazione di politiche attive. Serve meno burocrazia e maggior ramificazione di soggetti e corpi intermedi. Anche la Provincia deve però fare i conti con un mercato del lavoro vincolato a dinamiche nazionali. Se facciamo un “contratto unico” come propone Renzi vanno eliminate tutte quelle formule contrattuali atipiche, dai co.co.co al lavoro a chiamata, che non sono contratti flessibili ma rendono anzi patologica la precarietà dei lavoratori. Vanno invece aumentate le forme di tutela passiva per quando il lavoratore vede interrotto il proprio rapporto di lavoro. A questo proposito, le tutele devono essere universalistiche. Devono cioè tutelare tutti i disoccupati, a prescindere dalla forma contrattuale. Le tutele per chi perde il lavoro non bastano, servono anche politiche attive. A questo proposito mi chiedo: che facciamo dell’apprendistato? É un tipo di contratto che non decolla, e nei prossimi mesi intendo rivedere la questione, aggiornando e rivedendo l’apprendistato. Dobbiamo favorire la transizione scuola-lavoro attraverso un percorso misto e graduale e ci dovremo investire molto facendo capire alle aziende l’importanza di avere un dipendente giovane che mentre lavora prosegue il proprio percorso formativo. Per chi perde il lavoro, in Trentino il sostegno al reddito è già vincolato alla formazione. Sì, sulle politiche attive siamo un’avanguardia a livello nazionale e possiamo essere la punta avanzata di una riforma che leghi gli aiuti alla responsabilità. La riforma delle regole va però coniugata a strumenti a favore della crescita. Se qualcuno si illude di aumentare l’offerta di lavoro solo con interventi sul contratto commette un gravissimo errore. Il lavoro si crea solo se l’economia “tira”. Compito dell’esecutivo provinciale sarebbe proprio quello di creare un contesto favorevole allo sviluppo. In tema di politiche industriali, abbiamo proposto un patto per lo sviluppo. Non si può agire a comparti stagni. Vogliamo che le parti sociali, assieme alla Provincia, sottoscrivano un accordo quadro per lo sviluppo e la crescita che gradui le agevolazioni, come la riduzione dell’Irap, in base all’impegno delle aziende a sostenere l’occupazione. Dobbiamo agire su tre leve: accesso al credito, burocrazia più veloce e fisco. Le misure per la crescita devono però andare di pari passo con le misure di equità.
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Partito Democratico del Trentino