"Non smanio di fare il segretario del Pd, ma capisco che questa volta tocca alla mia generazione. E siccome negli ultimi giorni ho ricevuto diverse sollecitazioni, dico che se posso essere un nome in cui si riconoscono diverse anime del partito, io ci sono". Alessio Manica, 39 anni, uno in più di Matteo Renzi, si definisce con orgoglio un "antirottamatore". C. Bert, "Trentino", 11 gennaio 2013
Ha una compagna, un figlio, una laurea in economia e un gruppo country con cui da vent’anni suona in giro per il Triveneto. Sindaco di Villa Lagarina per 8 anni, da due mesi e mezzo è consigliere provinciale. E ora Manica, anche candidato segretario? La segreteria non è la prospettiva che sto cercando, il cambiamento di questi ultimi mesi è già sufficiente. Nel contempo capisco che la partita va giocata sulla mia generazione, è quasi una questione di marketing politico. E se esce il mio nome, è una questione di profilo. Qualcosa sta venendo avanti, non lo nego. Negli ultimi due giorni ho ricevuto molte pressioni. Il suo profilo è quello del politico quarantenne. Alla Renzi. Ma io sono un anti-rottamatore, chiariamolo. Mi dà fastidio che uno di 55 anni venga messo da parte, se capace, solo per una questione di età. Però sono un amministratore, sto nel Pd fin dall’inizio. Diciamo che rispetto determinati criteri. Ma io sarei disponibile solo a certe condizioni. Quali sono? Innanzitutto se la mia candidatura nasce svincolata dalle logiche delle primarie nazionali e relative correnti, renziani, cuperliani, civatiani. Io ho scelto di non schierarmi. Quello a cui lavoro da tempo, insieme ad altri nel partito, è un ragionamento profondamente territoriale, una mozione sul Pd del Trentino che indichi i nostri punti di forza e quello in cui dobbiamo distaccarci dal Pd nazionale. Per esempio? Uno dei limiti di questi anni, secondo me, è stato non aver valorizzato i rapporti con i nostri amministratori, che anzi sono stati spesso esclusi dalla vita del partito. E poi occorre accantonare le correnti. Non possiamo riproporre al congresso la situazione del 2009 con quattro candidati alla segreteria. Si è visto com’è andata, per quattro anni abbiamo avuto una sorta di «governissimo» che non ha funzionato. Se la mia diventasse una figura-ponte tra diverse anime, sarei felice di esserci. Alessandro Olivi ha detto che serve un candidato che interpreti il Pd di governo. Lei si sente di esserlo? Al di là delle etichette su «Pd di governo» e «Pd movimentista», io penso che il passaggio che il Pd ha davanti è tenere assieme la capacità di stare al governo con una sensibilità più sociale. E un segretario da solo non governa un partito, gli serve una squadra. Oggi serve creare questa fusione tra più anime, solo così si archivierebbero certe etichette del recente passato. Parla di unire le diverse anime. Punta ad essere candidato unico? No, per carità. Il monolitismo puro non serve a nessuno. Immagino che due o tre candidati alla segreteria ci saranno. Anche quando il candidato fu Alberto Pacher, Mattia Civico si candidò per rappresentare un’area seppur di minoranza. Diciamo che il Pd non corre il rischio di avere un solo candidato. Di lei molti nel partito dicono: è bravo ma è pinteriano. Cosa risponde? (ride) Con Roberto c’è un’affinità intellettiva. L’ho sostenuto quando si è candidato alla segreteria, con lui mi trovo. Ma non sono il ventriloquo di Pinter. E le racconto un aneddoto: quando 4 anni fa Pacher fu spinto a dimettersi e mi fu chiesto di fare il segretario, qualcuno pose il veto dicendo che ero troppo pacheriano. In Vallagarina c’è chi sostiene che sono il sodale di Olivi. So che devo sfuggire da questo adesivo di «pinteriano» che vogliono mettermi sulla schiena. Ho fatto l’amministratore per 15 anni, sono nel Pd da quando è nato, credo di aver dimostrato una mia identità. Ha parlato in queste settimane con gli altri papabili candidati alla segreteria? Mi sono confrontato con diverse persone su un’idea di mozione. Ma non ho parlato con potenziali candidati. So che c’è Vanni Scalfi, non conosco invece per nulla Lucia Fronza Crepaz. Italo Gilmozzi si era assunto il compito di traghettatore, non credo che voglia candidarsi oggi: qualcuno glielo farebbe pesare. Elisa Filippi la conosco poco, ha attraversato il Pd sull’onda delle primarie renziane e la sua candidatura avviene sulla scia degli eventi nazionali. La mia è un’idea diversa, che prova ad uscire dalla logica mediatica del momento. La fiammata renziana non coglierebbe la nostra specificità.
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Partito Democratico del Trentino