La nostra sfida per il futuro del Trentino: una nuova visione dell'Autonomia

Il tema dell'autonomia, intesa come modalità di disciplina dei rapporti tra istituzioni, è centrale per il futuro del Trentino, ma troppo spesso o se ne parla superficialmente o si riduce tutto a mero rapporto ragionieristico nei rapporti finanziari tra Provincia e Stato.
Luca Zeni, 10 gennaio 2014


L'attualità delle ultime settimane ha visto in primo luogo l'inserimento all'interno della legge di stabilità dello Stato le deleghe di funzioni statali (pare di sola spesa) sulla giustizia, e la delega vera e propria sulle Agenzie fiscali. Sarà molto interessante e importante il percorso di costruzione che dovrà seguire nei prossimi mesi, anche se non nascondo la preoccupazione per la tendenza a modificare lo Statuto di autonomia attraverso leggi ordinarie dello Stato previo scambio di lettere con la Provincia, mettendo in secondo piano le norme di attuazione, che dovrebbero essere lo strumento di maggior tutela per l’autonomia.

Si migliora invece in parte quella distorsione inserita nell’Accordo di Milano che prevedeva che di fatto fosse lo Stato a definire la destinazione di 40 milioni di euro all’anno del bilancio provinciale per i comuni di confine; un’anomalia – che creava un precedente pericoloso – che criticammo all’epoca, e che oggi viene in parte migliorata, con un maggior coinvolgimento della Regione, anche se rimango convinto che dovremmo essere in grado di definire da soli, con le Regioni di confine, dove destinare risorse del nostro bilancio, senza bisogno della tutela statale.

Sono temi centrali per il futuro del Trentino, e devono essere prioritari nel dibattito politico. La vera grande sfida deve essere quella di incominciare il percorso di modifica dello Statuto di autonomia: se ne parla da anni ma prevale il timore di aprire un percorso che potrebbe essere rischioso. Sono convinto al contrario che soltanto se riusciremo a definire davvero, con una modifica dello Statuto, una nuova visione dell’autonomia, sapremo impostare il futuro del Trentino senza il rischio della “politica del carciofo”, che un approccio solo ragionieristico comporta, e che ci vede continuamente esposti a nuove richieste finanziarie da parte di uno Stato di cui facciamo parte e con un debito pubblico elevatissimo di cui anche il Trentino ha giovato.

Il lavoro da fare è molto, ma è doveroso andare in questa direzione.

Nel dibattito politico è ritornato di attualità inoltre il tema della riforma del Titolo V parte seconda della Costituzione. Se ne parla da tempo - il governo Berlusconi depositò il 7 aprile 2011 un ddl, il governo Monti il 15 ottobre 2012 - sempre con una impostazione che tende a rivedere quel tentativo di matrice federalistica contenuto nell'attuale formulazione della Costituzione.

La costante è la previsione di riaffidare allo Stato la potestà legislativa esclusiva in una lunga serie di materie, tra le quali le grandi infrastrutture e le reti di comunicazione nonché energia compresa quella idroelettrica.
Nel ddl del Governo Monti, ad esempio, si attribuiscono allo Stato: porti marittimi e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale, grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione dell’energia, di interesse non esclusivamente regionale.».

Nell'ultimo periodo il dibattito è ripreso in particolare sul tema dell'energia. Qualche commentatore ha liquidato la questione rassicurando perché è materia compresa nello Statuto, e pertanto il Trentino non deve preoccuparsi.
Ma il diritto spesso è più complesso, e non basta una lettura superficiale.
Infatti, se andiamo a vedere, purtroppo, la materia energia non è prevista nello Statuto fra le materie per le quali è individuata la potestà legislativa esclusiva o concorrente della Provincia autonoma o della Regione, e cioè gli articoli 4 e 5, 8 e 9. Esso prevede invece agli articoli 12 e 13 alcune prerogative delle province autonome ed enti locali in materia di energia idroelettrica, ma francamente del tutto marginali, rispetto al tema delle concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche, per le quali lo Statuto prevede, purtroppo, all'articolo 9 - nr. 9) -  l'esclusione della competenza provinciale sulle predette concessioni e quindi la riserva allo Stato.

La questione è tanto importante quanto complessa, perché occorre distinguere l'energia elettrica dalle altre, inoltre la distribuzione dalla produzione, commercio, importazione ed esportazione nonché la produzione da fonte idraulica a mezzo concessioni di grandi derivazioni di acque pubbliche, da tutte le altre: per chi volesse approfondire la questione, segnalo i tre volumi pubblicati nel 2011 sui "40 anni diAutonomia".

Quel che conta è che nel 1999, solo dopo un impegno preso dal Governo in sede di chiusura della vertenza con l'Austria e la fine del monopolio statale dell'energia, è stato possibile ottenere con una norma di attuazione (d.legisl. 463/99) la delega delle funzioni statali in materia di concessioni idroelettriche (ed altro) e il trasferimento (pieno) al demanio idrico provinciale di tutte le acque ed opere idrauliche fin lì di competenza statale (Adige - Rienza - Drava - Lago Di Garda..).

E' poi per effetto della riforma del Titolo V - parte seconda - della Cost. e dell'articolo 10 della LC 3/2001 (clausola cd. di maggior favore, per non 'lasciare indietro' le Speciali rispetto alle Ordinarie) che abbiamo potuto pretendere ed ottenere con ulteriori nuove norme di attuazione la trasformazione della delega in trasferimento di funzioni statali e quindi con tutte le grandi modifiche alla legge provinciale n. 4/98 per disciplinare in modo autonomo le concessioni di grandi derivazioni. Ora, nel caso si arrivasse (probabile) alla predetta modifica ulteriore dell'articolo 117, l'effetto sarebbe per noi di avere un quadro costituzionale che tornerebbe ad essere grosso modo quello ante 2001 e quindi di solo possibile mantenimento della competenza come delega (seppur ampia come nel 1999), considerato che pare altamente improbabile una norma costituzionale transitoria che affermi che le regioni a statuto speciale si tengano le competenze che avevano acquisito di riflesso dalle ordinarie per effetto dell'articolo 10…

Questo almeno per noi che abbiamo l'esplicita riserva allo Stato della competenza, a meno che non si ritenga di poter modificare i primi titoli dello Statuto (con legge costituzionale, dato che in questo caso mi pare ardua la via dello scambio di note ex art. 104 St, interpretando anche queste materie come finanza regionale e provinciale….).
Questa questione, che è costata ai Trentini grandi sacrifici, deve destare in noi forte attenzione.

Il secondo Statuto non ha potuto tener conto delle aspettative ed anche degli impegni presi dallo Stato con il Pacchetto delle misure a favore della popolazione altoatesina negli anni '60, a causa della intervenuta nazionalizzazione dell'energia del 1962-63. Ci sono voluti oltre quindici anni di trattative serrate con il Governo per avere la 'proprietà provinciale' delle acque e quindi subentrare allo Stato sia  come 'proprietario'e  regolatore che come concedente e controllore ; questo è il vero elemento fondamentale, dato che per molti altri aspetti il quadro di rifermento è dato comunque dai Trattati UE e dalle norme comunitarie sia in materia di mercato dell'energia che di concessioni.

Il compito del Pd del Trentino all'interno del Pd nazionale, deve essere quello di "esportare" una cultura dell'autonomia, non intesa come chiusura localistica e autoreferenziale, ma come espressione autentica della capacità di autogoverno. Per farlo non dovremo temere il confronto sui numeri, nè di metterci in gioco in quei settori dove la comparazione ci dice che possiamo migliorare.