Sul Job Act proposto da Matteo Renzi si stanno ora confrontando partiti, parlamentari e sindacati (ieri le prime - assai caute - aperture di Raffaele Bonanni della Cisl e Susanna Camusso della Cgil), ma la bozza del documento che si propone di cambiare il mercato del lavoro vede già in Trentino alcune applicazioni concrete. G. Lott, "Trentino", 10 gennaio 2014
«Siamo all’avanguardia in questo campo» ammette Franco Ianeselli (Cgil), «alcuni aspetti sono già operativi come l’idea di un’agenzia unica che gestisca i Centri per l’impiego, coordini la formazione ed eroghi gli ammortizzatori sociali. Se ne occupa già l’Agenzia del lavoro, in collaborazione con il sindacato e soggetti privati. Su altri aspetti mi pare un documento un po’ confuso. Non capisco ad esempio cosa intenda Renzi quando parla di “assegno universale” per chi perde il posto di lavoro. É già previsto dalle norme esistenti, contenuto nella riforma Fornero». Anche il collegamento del sussidio di disoccupazione all’obbligo di frequenza di corsi di formazione e riqualificazione professionale. «Anche questo è un capitolo già previsto dalla legge, e da molti anni. Il punto vero è come organizzare questo meccanismo. In questi ultimi cinque anni in Trentino il sussidio è sempre stato comunque vincolato alla formazione. Certo, si può e si deve fare di meglio, ma siamo già all’avanguardia». Le consonanze tra il Job Act di Renzi e le politiche del lavoro in Trentino sono parecchie. «Diciamo innanzitutto che la riforma Fornero ha ripreso il concetto di formazione continua e di politiche del lavoro. Vengono chiamate, dal punto di vista tecnico Lep, Livelli essenziali di prestazioni, che devono essere erogate a chi percepisce sussidi o comunque beneficia di ammortizzatori sociali. In Trentino, nel silenzio generale, siamo già pronti ad ottemperare al rispetto dei Lep». In altre parole, quello che Renzi propone, qui è già realtà piuttosto consolidata. I Lep prevedono, nel dettaglio, per i disoccupati privi di ammortizzatori sociali un colloquio di orientamento entro 3 mesi e dai 4 ai 6 mesi di formazione o inserimento lavorativo. Per i disoccupati con Aspi pure un colloquio entro 3 mesi e un colloquio di gruppo sulle tecniche di ricerca lavoro (per un periodo che va dai 3 ai 6 mesi), nonché almeno due settimane di formazione (da 6 a 12 mesi) e l’accettazione della proposta di inserimento lavorativo. Per i “sospesi” invece, due settimane di formazione dopo 6 mesi. «Abbiamo perseguito un equilibrio tra politiche passive, non assistenzialistiche ma di tamponamento di emergenze, e attive, cioè collegate alla formazione e riqualificazione professionale per facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro. La formazione, in particolare, viene gestita da soggetti privati e c’è una valutazione della formazione continua da parte di Agenzia del lavoro e Irvap . In sostanza, la regìa rimane pubblica mentre i servizi vengono forniti da privati». Renzi parla anche di partecipazione dei lavoratori al cda aziendale, richiamando il cosiddetto modello tedesco. «In realtà in Germania funziona in modo differente, c’è una rappresentanza dei lavoratori nei Comitati di sorveglianza, che stanno addirittura sopra il consiglio d’amministrazione. Ma anche in questo campo vantiamo esperienze interessanti. É il caso di Aldebra, in cui un rappresentante dei lavoratori fa parte del Comitato di direzione. Non si tratta però di un accordo colettivo, ma di una richiesta del sindacato accolta dal cda di Aldebra». Nel complesso però il Job Act la convince? «É una proposta interessante, se è un documento di intenti enunciati un po’ per titoli, e a volte in maniera imprecisa. Si tratta di argomenti che vanno approfonditi. Altrimenti si rischia di fermarsi al titolo. “Semplificazione”, per dire: tutti possono trovarsi d’accordo sul principio generale. Ma servono leggi che disciplinino certi processi, e per arrivarci va affrontata una discussione seria».
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