I territori e la gestione della sanità

Non conosco il dott. Arne Luehwink, primario dell'Unita Operativa di ginecologia ed ostetricia dell'ospedale di Arco. Ciò nonostante voglio ringraziarlo come cittadino trentino che vive nelle valli e come assessore alle politiche sociali e alla sanità della Comunità delle Giudicarie.
Luigi Olivieri, "L'Adige", 2 gennaio 2014

Come cittadino perché ha avuto il coraggio di «parlar chiaro» e di evidenziare l'assurdità del dibattito che riguarda la gestione della sanità ospedaliera. Altri conoscevano il Documento di Miglioramento Apss 2013-2015 dell'agosto 2013 che, con riferimento al «Materno-Infantile», precisava che in futuro si doveva praticare nei reparti degli ospedali di Arco, Tione, Cles e Cavalese i soli parti fisiologici in esito di gravidanze fisiologiche. Tutto ciò significava che dal 1° gennaio 2014 i parti cesarei dovessero essere praticati presso gli ospedali di Trento e Rovereto.
Vi è stata una alzata di scudi contro una interpretazione della direttiva dell'Azienda ritenuta restrittiva. Noi conosciamo bene il pensiero autentico perché espresso a suo tempo dal responsabile del dipartimento di ginecologia ed ostetricia dell'Azienda, con riferimento ai punti nascita degli ospedali di valle: vanno chiusi in considerazione del limitato numero di nati (meno di 500 all'anno). Se così stanno le cose lo si dica chiaramente!I cittadini trentini non sono così sprovveduti da non capire che anche nella sanità si dovrà dar corso a razionalizzazioni di spesa. Semmai è opportuno coinvolgere i territori in merito a un chiaro progetto di Piano sanitario affinché si capisca quale sarà il futuro della sanità in Trentino con riferimento anche al futuro dei presidi ospedalieri di valle e al rapporto tra la sanità ospedaliera e quella territoriale. È una esigenza e una necessità ormai ineludibile a cui tra l'altro la nuova giunta provinciale e l'Azienda sanitaria non possono più sottrarsi.
Risale al 1993 l'istituzione dell'Azienda provinciale alla sanità del Trentino. La scelta fu quella di centralizzare la programmazione e la gestione della sanità in un unico organismo (l'Azienda sanitaria) sotto la direzione politica della giunta provinciale. Ai territori è stato tolto ogni potere di intervento in merito all'organizzazione e gestione della sanità. Si è ritenuto che la dimensione minima fosse quella provinciale per una corretta organizzazione sanitaria. Il Piano provinciale sanitario è stato delegificato ed è di competenza della giunta. Mi consta che ad oggi solo un piano sanitario sia stato approvato (parecchi decenni fa) e che nessuna giunta provinciale ne abbia adottato uno.
Come amministratore di Comunità di Valle. Agli assessori alle politiche sociali delle Comunità di Valle è stata aggiunta anche la dizione «e alla Sanità». Questa ulteriore attribuzione fa nascere nel cittadino la sensazione che la Comunità sia parte attiva nell'organizzazione e gestione della sanità medesima sia ospedaliera che territoriale. È una attribuzione assolutamente evanescente perché priva di ogni potere amministrativo di qualsivoglia natura. In buona sostanza gli assessori e le Comunità di Valle nulla possono in merito a un determinante servizio che riguarda i propri amministrati e concittadini come quello sanitario. Infatti indipendentemente dai rapporti personali che riusciamo a costruire con questo o quel primario o con l'assessore provinciale competente la Comunità di Valle non ha alcun potere neppure consultivo nel campo dell'organizzazione e gestione della sanità. La legge di riforma sanitaria provinciale (la n. 16 del 2010) ha previsto l'esistenza dei Consigli della Salute come strumenti di compartecipazione territoriale a evidenziare le problematiche concernenti la sanità alla politica provinciale e all'Azienda. Mi dispiace dirlo ma dopo tre anni di sperimentazione con parecchie riunioni la sensazione è di una loro inutilità. È davvero frustrante per tutti fare audizioni, confronti, approvare mozioni od ordini del giorno e poi apprendere dal giornale i vari interventi che vengono operati sull'ospedale o in merito ad altre questioni che riguardano la sanità sul territorio della Comunità nel suo complesso.
È un esercizio vano di democrazia dato che un organismo che non ha poteri (neppure consultivi obbligatori) ma dipende dalla buona creanza della politica è prima ancora che inutile assolutamente ridicolo.
Se si vuole quindi veramente fare i conti con i territori per una riorganizzazione sanitaria del Trentino il legislatore provinciale ridia centralità alle Comunità di Valle anche in questo delicato e determinante servizio. La risposta alla domanda di sanità non può essere considerata solo dal punto di vista quantitativo bensì dovrà rispondere anche all'orografia del Trentino e alla necessità che più della metà dei trentini vivono e intraprendono nelle Valli e hanno diritto ad avere servizi eguali a quei trentini che vivono in contesti cittadini.