Matteo Renzi suscita una levata di scudi dal Trentino, spiazzando anche il Pd locale, con i contenuti della lettera che ha inviato ieri ai partiti nazionali per indicare le sue priorità e soluzioni per le riforme di cui ha bisogno il Paese. In particolare, i democratici trentini non hanno potuto condividere l'affermazione per cui secondo il segretario nazionale del Pd serve: «Una riforma del Titolo V della Costituzione che semplifichi il quadro costituzionale e istituzionale, che restituisca allao Stato alcune competenze oggi in mano alle Regioni (per esempio l'energia) e che riduca il numero e le indennità dei consiglieri regionali al livello di quello che guadagna il sindaco della città capoluogo»."L'Adige", 3 gennaio 2014
Viene respinta decisamente al mittente l'idea di restituire competenze dalle Regioni allo Stato, specie da quelle speciali e virtuose, ma persino la proposta del taglio delle indennità dei consiglieri regionali trova resistenze in Trentino. Il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti, che è del Pd, è quasi seccato: «Inviterei Renzi a venire in Trentino a vedere come abbiamo già tagliato i costi della politica e poi ne riparliamo. Noi abbiamo già fatto la nostra parte riducendo di molto sia le indennità che i fondi ai gruppi e prima di intervenire ancora attendiamo che anche le altre Regioni facciano altrettanto. Noi abbiamo le indennità più basse d'Italia».Sta di fatto che oggi i consiglieri regionali prendono un compenso mensile lordo di 9.800 euro mentre per il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, l'indennità è di 8.770 euro, quindi il costo sulle casse pubbliche di un consigliere regionale è di 1.000 euro al mese in più del sindaco del capoluogo. Per questo tra i sostenitori della proposta di Renzi c'è proprio il sindaco Alessandro Andreatta che dice: «È ragionevole una equiparazione fra i due impegni istituzionali del sindaco del capoluogo e del consigliere regionale». Ma al di là della proposta sulle indennità, che però il presidente della Provincia, Ugo Rossi, liquida come «scolastica», è l'idea che la competenza sull'energia, di cui la Provincia ha ottenuto la delega, possa tornare allo Stato che viene ritenuta indigeribile. «La questione energia - dichiara Rossi - è una frontiera invalicabile: non si torna indietro nel modo più assoluto. Sul tema delle autonomie locali e dei rapporti con lo Stato inviterei Renzi a distinguere tra chi è virtuoso e chi non lo è. Questo dovrebbe essere il punto di partenza. Ci sono autonomie come la nostra che hanno fatto tagli e accantonamenti di risorse che neppure i governi Monti e Letta sono riusciti a far fare allo Stato e alle sue strutture burocratiche».Anche per il deputato del Pd e membro della Commissione dei 12, Michele Nicoletti, la delega sull'energia non si discute e dice: «Noi chiederemo un chiarimento a Renzi e agli altri. Non ci trova d'accordo e mi auguro che ci sia un intervento del ministro Delrio che è un punto di riferimento di Renzi per le questioni che riguardano le autonomie. Ritengo che il modello della delega sull'energia alle autonomie speciali sia equilibrato tra l'interesse nazionale e il rispetto dei territori dove si trovano i bacini idroelettrici e dove più alto è l'impatto ambientale. Sappiamo che c'è una forte pressione per tornare indietro rispetto alla scelta regionalista, ma alla crisi non si risponde con il centralismo». «Non vedo, comunque, - aggiunge Nicoletti - da parte del governo questo orientamento, visto che la legge di stabilità appena approvata, al contrario, prevede ulteriori competenze per le due Province autonome di Trento e Bolzano». L'ex governatore oggi deputato dei popolari, Lorenzo Dellai, si limita ad annunciare: «Io sosterrò una riforma del Titolo V solo se contiene la seguente frase: "Fatte salve le misure dello statuto speciale del Trentino Alto Adige e delle norme di attuazione"».
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Partito Democratico del Trentino