Coalizioni e leggi elettorali

Due mesi e mezzo in Germania e in Austria, tre mesi in Finlandia, due mesi nei Paesi Bassi, un mese e mezzo in Norvegia, fino al record di un anno e mezzo in Belgio. È il tempo intercorso tra le ultime elezioni e la formazione del governo nei Paesi in cui vige un sistema elettorale proporzionale. Molti altri se ne potrebbero aggiungere.
Francesco Palermo, "Trentino", 4 gennaio 2014

In Europa questi sono i tempi richiesti, con la sola eccezione della Spagna, dove un solo partito ha ottenuto la maggioranza assoluta e la formazione del governo è stata più rapida. E con l’opposta eccezione della Svizzera dove proporzionale non è solo il sistema elettorale ma anche il governo, cui partecipano quindi tutte le maggiori forze politiche e dove le elezioni servono solo a stabilire i rapporti di forza tra queste.

In questo quadro, pertanto, il fatto che dalle elezioni provinciali all’insediamento della nuova Giunta altoatesina saranno passati circa due mesi e mezzo non è affatto sconvolgente, ma è anzi in linea con quanto accade nelle democrazie proporzionali europee. La perdita della maggioranza assoluta da parte della SVP ha infatti portato anche l’Alto Adige nel novero di questi sistemi, visto che prima le trattative per la formazione della giunta erano poco più che formali.

 

Nelle democrazie mature, prendersi tempo per la stesura dell’accordo di coalizione e per la composizione dell’esecutivo non è affatto un segnale di debolezza, ed anzi è la conseguenza di un necessario approfondimento delle tematiche da affrontare. Soprattutto, in contesti stabili, la continuità amministrativa supplisce bene alle difficoltà politiche, talvolta persino diventando un vantaggio, come nel caso belga in cui durante la lunghissima assenza di un governo federale (non va dimenticato però che i governi substatali lavoravano a pieno regime, e in un sistema federale questi sono non meno importanti del governo centrale) gli indicatori economici sono migliorati.

Diverso è stato evidentemente il caso italiano. Dalle ultime elezioni all’insediamento del governo Letta è passato meno tempo di quanto ne sia servito in Germania o Austria, ma l’incertezza politica era tale per cui si è trattato di due mesi persi con gravi conseguenze economiche e di immagine.

Una delle priorità dell’anno che inizia è l’approvazione della legge elettorale. L’ostacolo non saranno solo i calcoli di convenienza dei vari partiti, ma anche il deficit di approfondimento rispetto al sistema di governo che si vuole (e si può) avere. Da vent’anni l’Italia vive infatti una doppia pericolosa illusione: che un sistema maggioritario o a tendenza maggioritaria risolva i problemi di governabilità e che la legge elettorale possa colmare le lacune del sistema politico. Queste due illusioni hanno fatto danni gravi, peggiorando i problemi che si volevano risolvere.

Ogni sistema elettorale ha pregi e difetti. Ma di certo sistemi misti, quali gli ultimi due approvati in Italia (i cd. Mattarellum e Porcellum: ma dove altro i giornali chiamano così le leggi elettorali, e dove altro le leggi elettorali sono così cervellotiche?) rischiano di cumulare i difetti di ognuno senza prenderne i pregi. Vogliamo che la sera delle elezioni si sappia chi governa – come molti dicono con uno slogan piuttosto superficiale? Allora serve un maggioritario secco (non farlocco, come finora sperimentato in Italia), con tutti i problemi di democraticità che comporta.

Vogliamo un sistema che rappresenti la composita realtà politica del Paese? Allora serve un proporzionale, con opportune soglie di sbarramento, anche se poi occorre mettere in conto complessi negoziati per la formazione dei governi. Vogliamo maggioranze certe? Allora occorre superare il bicameralismo perfetto – perché non esiste alcuna formula elettorale in grado di garantire con certezza maggioranze uguali nei due rami del Parlamento. Soprattutto: può la legge elettorale creare partiti responsabili? Purtroppo no. Il problema è etico e sociale (una società egoistica, frammentata e incattivita esprime partiti egoistici, frammentati e incattiviti), e pensare di risolverlo con una o un’altra formula elettorale è illusorio e ulteriormente irresponsabile. Il poco che si può fare con uno strumento giuridico è una seria disciplina dei partiti (la legge di attuazione dell’art. 49 cost., che mai si è fatta), ma anche per questa occorrerebbero prima dei partiti seri.

Purtroppo però si è ormai diffusa e radicata la convinzione di dover sempre lavorare in urgenza e in emergenza, e così la qualità del lavoro scade sempre più. Fermarsi un attimo a riflettere su cosa si vuole e su cosa è possibile è indispensabile, altrimenti si continuerà con i pasticci. Forse non è poi un male se passa un po’ di tempo tra le elezioni e la formazione dei governi. Purché sia un tempo ben speso.