M. Agostini, 13 giugno 2009 Nonostante risultati europei così sconfortanti e un quadro nazionale problematico, segnato da un arretramento maggiore del previsto nelle realtà amministrative locali, il voto per il PD nel Trentino è stato nel complesso largamente positivo.
Abbiamo registrato un avanzamento rispetto alle recenti elezioni provinciali e comunali che ci conferma nel pensare che l’area di consenso disponibile a darci fiducia è molto ampia. Il risultato è sicuramente frutto del crescente radicamento territoriale che stiamo realizzando, ma è anche legato alla possibilità di raccogliere un voto d’opinione che ci premia semplicemente perché avvertiti come punto di riferimento nel quadro generale. Questo significa che accanto a un consenso più consapevole, motivato e alimentato da un senso di appartenenza ce n’è anche uno più volatile, favorevole ma pronto a cambiare o a seguire altre logiche alla prima occasione, o alla presenza sulla scheda di altre liste percepite come più vicine. Un consenso così ampio richiede da parte nostra uno sforzo costante per aumentare il numero e la capillarità dei circoli presenti sul territorio e una crescente capacità di precisare il nostro progetto, facendoci percepire come una forza plurale al suo interno ma sufficientemente coesa da non rischiare momenti critici ad ogni passaggio.
La prima cosa che ho raccomandato a tutti è stata quella di non trasformare la nostra forza in atteggiamenti di rivalsa ma di dimostrare invece serenità, calma, signorilità nei confronti di chi non ci ha aiutato in questa occasione, ma rimane comunque interlocutore fondamentale per il futuro della nostra coalizione e apertura alla ricerca di un cammino comune anche con le forze socialiste ed ecologiste sicuramente interessate alla costruzione di un centrosinistra più forte. Certo non potremo non rivendicare con fermezza il nostro ruolo, che dovremo interpretare dimostrando di assumerci la responsabilità di fare, presto, il primo passo, dovunque possibile, per iniziare un confronto in vista delle amministrative della prossima primavera, senza imposizioni premature di condizioni, ma indicando invece un metodo di confronto e di lavoro che eviti per quanto possibile equivoci e incomprensioni e garantisca la necessaria flessibilità nelle singole specifiche situazioni. Nessuna spocchia e nessuna presunzione di autosufficienza quindi ma, nello stesso tempo, la rivendicazione del carattere generale della nostra proposta e la non accettazione di essere chiusi in recinti stretti e parziali, perché i numeri e la crescente mobilità del consenso ci dicono che la vecchia logica dell’”ognuno organizzi i suoi che poi ci mettiamo insieme” non è attuale e il confronto si gioca in campo aperto. La stessa crisi, le contraddizioni o i netti insuccessi delle vecchie “case” europee alle recenti elezioni ci confermano, su un piano del tutto diverso, che forse davvero l’esperienza del PD dell’incontro e della sintesi dei molti percorsi e delle tante esperienze riformiste, cattoliche, ecologiste che si muovono nel campo progressista, indica una strada proponibile e percorribile a tutti i livelli. A proposito del rafforzamento del radicamento territoriale devo annunciarvi che, dopo l’ultima Assemblea, altri circoli si sono costituiti: Altipiano di Pinè col segretario Massimo Moser, Pergine con Silvia Alba, Levico con Giovanni Moschen, Caldonazzo con Matteo Carlin, Valle dei Laghi con Marta Tasin, Bassa Valsugana con Marco Galvan. Anche il tesseramento è in costante ascesa e stiamo ormai arrivando al traguardo dei 1000 tesserati (erano 200 a gennaio). Devo dire che non sempre le assemblee costitutive dei circoli riescono ad essere occasioni di confronto e di dibattito, talvolta a causa delle stesse regole che ci siamo dati per il loro funzionamento. Dobbiamo constatare che la giusta ricerca della più larga partecipazione e l’apertura al voto degli elettori crea talvolta un clima nel quale l’affluenza di persone che “votano e basta” stoppa il confronto tra i candidati segretario e tra i militanti più convinti. E lascia il sospetto che ci possa essere, in pochi casi per la verità, un interesse a mobilitare partecipazione per limare o condizionare l’esito del voto piuttosto che per discutere del partito e dei temi politici generali o locali. Non si tratta ovviamente di tornare indietro ma di trovare i giusti correttivi per migliorare questi momenti. E togliere sempre più la preoccupazione (o il vizio), peraltro più forte in dirigenti provinciali che locali, di leggere ogni momento della vita del partito come un’occasione in cui contare i miei e i tuoi secondo l’ottica di appartenenze che sento per fortuna avere veramente sempre meno peso tra la gente. Sarebbe però anche peggio se le appartenenze riemergessero sotto forma di riferimento personale anziché di storia o cultura politica. So di toccare un tema su cui convivono nel partito sensibilità diverse, ma voglio dire che secondo me un partito aperto non deve voler dire un partito troppo leggero: se rispettiamo le nostre regole, se votiamo, se all’assemblea vengono molte persone questi sono certamente fatti positivi ma non sono “la nostra affermazione”, non coincidono con “la nostra vittoria”, sono solo la premessa per poter entrare nel merito delle questioni vere, elaborando proposte e determinando o condizionando con la nostra forza le decisioni politiche. Su questi temi, della costruzione del partito, devo dire che se per molti aspetti sono decisamente contento del cammino fatto, per altri sono ancora poco soddisfatto e raccolgo nel partito un clima di attese ancora spesso mortificate. Penso che non riusciremo a confermare e allargare il nostro consenso e l’attenzione della gente nei nostri confronti se non dimostreremo di corrispondere davvero alla promessa di essere una forza politica diversa, se non riusciremo a mantenere alta la tensione verso la realizzazione di un modello partecipativo nuovo. E su alcuni fatti io raccolgo nel partito, nei circoli una insoddisfazione cui voglio dare voce e che voglio portare esplicitamente alla vostra attenzione. Siamo un partito che fa della partecipazione democratica ampia il suo primo obiettivo e la sua prima caratteristica. Non possiamo permetterci di dare neppure l’impressione che, esaurita una prima fase di entusiasmo e di spinta in tal senso, ci si stia riavviando a un modo di fare politica che nelle nostre affermazioni critichiamo: non possiamo e non dobbiamo muoverci come se affidassimo alla base il compito di raccogliere il consenso per poi lasciare, sulla sola base del rapporto di fiducia o di una delega troppo in bianco, ad altri, siano essi gli eletti o il coordinamento provinciale, il problema delle scelte politiche e amministrative, magari accettando una sostanziale continuità con indirizzi già presi in passato, o accontentandosi di consultare qualche portatore di interessi specifici o accettando senza comprenderli veti o compatibilità che non abbiamo discusso. Va con forza mantenuto l’impegno a un confronto più costante e non formale. Cito, in disordine, alcuni esempi di temi su cui sento esprimersi perplessità non occasionali: la parte della manovra anti crisi sul sovvenzionamento delle ristrutturazioni edilizie senza una griglia che distingua per situazione economica del richiedente, la legge di riforma dei comuni e quella sulle comunità di valle, il problema dello smaltimento dei rifiuti con, recentemente, il problema dei biodigestori, le questioni della mobilità e delle infrastrutture in rapporto alle tutele ambientali (viabilità di Ledro, tragitto del collegamento S.Martino - Rolle, asse del Brennero e opere connesse …), la legge contro la violenza sulle donne, le modifiche della legge sul garante delle minoranze … Non dico queste cose per trovare o attribuire responsabilità, colpe o carenze, e in ogni caso mi prendo per primo le mie; so anche che per ogni questione citata ci sono argomenti e controdeduzioni spesso convincenti; voglio solo indicare un problema che spinge in modo crescente per essere affrontato e che richiama tutti noi a una maggiore disponibilità al confronto e alla ricerca nel partito di modalità per esprimere prese di posizione chiare e visibili. In questa direzione devono intensificarsi i momenti di discussione sui temi e deve migliorare la partecipazione e la visibilità dei forum (a questo proposito iniziano a lavorare il 17 un gruppo sulla sanità e il 25 quello su partecipazione – democrazia – istituzioni), ma dobbiamo anche arrivare al momento delle decisioni. Penso che dovremo fare in modo che le assemblee possano diventare anche il luogo dove, con la dovuta prudenza e selezione degli argomenti, si discutano mozioni e documenti e vi inviterei (meglio se come forum o gruppi di proponenti ma anche come singoli) a predisporle sui temi più significativi perché si possa discuterle e, se del caso, votarle dando così loro maggiore visibilità e forza presso l’opinione pubblica. Naturalmente questo aspetto della nostra azione politica chiama in causa la capacità delle strutture del partito, a tutti i livelli, di assumere in pieno la responsabilità di essere forza di governo. Ciò significa riconoscere ed accettare la giusta sfera di autonomia degli amministratori impegnati a tradurre in decisioni le indicazioni e le discussioni sui temi, essere capaci di non rimettere sempre tutto in discussione e di tener conto delle decisioni già prese, essere disponibili a un confronto che conduca a sintesi nuove, riuscendo a superare rigidità e pregiudizi, coniugando la capacità, che deve crescere, di protagonismo nella denuncia dei problemi e delle incongruenze, con la responsabilità di indicare in positivo una strada, di avviare un cammino che superi sempre le tentazioni della demagogia, del populismo o dei fondamentalismi. Un altro tema sul quale dobbiamo tenere alta l’attenzione è quello della coerenza tra affermazioni e comportamenti reali sul piano dell’etica e della trasparenza in politica. Per essere credibili nella nostra costruzione di un partito nuovo è necessario riuscire a testimoniare nuove e più convincenti modalità di rapporto tra questi due aspetti dell’agire umano. Ciò significa secondo me essere pronti a dimostrare che se viene messa in discussione la nostra correttezza e se siamo chiamati a risponderne, siamo capaci di fare i necessari passi indietro dai ruoli di maggiore esposizione e protagonismo. Questo era accaduto nella vicenda che tuttora coinvolge Margherita Cogo. A lei il partito aveva dimostrato apprezzamento accogliendo, si diceva nel comunicato del coordinamento, “come segno di generosità le sue dimissioni dalle cariche assunte dopo l’inizio della consigliatura, ritenendole atto coerente con la ricerca da parte del Partito Democratico di costruire un modo nuovo e rigoroso di interpretare l’agire in politica, corrispondendo così alle attese esigenti di chi guarda a noi con fiducia e speranza”. Avrebbe in questo modo potuto, tra l’altro, dedicarsi con maggiore libertà e serenità alle azioni di autotutela opportune. Si trattava di un pensiero chiaro al quale non ritenemmo di aggiungere altro, nell’attesa che il giudice, del quale come in ogni occasione il PD a differenza di altri rispetta il lavoro e l’autonomia, accogliendo la richiesta di archiviazione, ne chiudesse almeno gli aspetti giudiziari. Poi, nonostante che, invece di chiarirsi definitivamente, la vicenda si prolungasse e ingarbugliasse ulteriormente, si verificò il ripensamento che conosciamo e il ritiro delle dimissioni. Non chiedo all’Assemblea pronunciamenti di alcun tipo, ma poiché circoli, singoli militanti, l’opinione pubblica ancora mi richiamano a questa vicenda, io voglio dimostrare che sappiamo parlarne, non ci nascondiamo e non facciamo finta di nulla; personalmente voglio dirvi il mio disagio e la mia amarezza per come questa vicenda ancora si trascina e ci coinvolge. Più in generale a me sembra importante ribadire che gli incarichi politici e quelli istituzionali non devono essere vissuti come diritti acquisiti e il partito dovrà pensare e predisporre, cosa non semplice, modalità di valutazione del lavoro politico degli eletti per poter, in modo trasparente e partecipato, affrontare le scelte complesse delle candidature e delle ricandidature. Nel PD chiunque occupi un posto di responsabilità politica o istituzionale, a maggior ragione se questo comporta uno specifico compenso, deve vivere la sua posizione come quella di un servizio cui è chiamato provvisoriamente, non come l’inizio di una carriera e deve operare come se già domani esso potesse cessare. So che anche tra voi più d’uno riteneva che fosse inopportuno sollevare queste questioni, per il rischio che si traducano in una perdita di tempo su un tema che potrebbe solo riaprire querelle o in una deviazione dell’attenzione rispetto alle questioni politiche più urgenti e più specifiche. Ma io non credo che sia così: penso invece che la nostra azione politica e la forza che il nostro radicamento tra la gente e le nostre proposte avranno, sarà tanto maggiore quanto più sarà credibile il nostro messaggio, coerenti e trasparenti i nostri comportamenti. In una fase di perdurante allontanamento della gente dalla politica e di perdita grave di fiducia nelle persone che vi si dedicano, non possiamo permettere che la qualità della nostra proposta venga offuscata dalla sensazione che, al dunque, riproduciamo atteggiamenti e scelte che critichiamo negli altri. Si tratta di precondizioni sicuramente non sufficienti ma certamente necessarie per procedere nel nostro cammino. In conclusione devo accennare alla fase delicata che comincia ora per il nostro partito: la fase congressuale. Dobbiamo viverla non come una parentesi rispetto ai problemi cui ho accennato, come se si potesse permettersi di riprenderli in mano più avanti, ma come un’occasione per intensificare la nostra presenza, confrontare e approfondire le nostre convinzioni, precisare la nostra proposta politica. Dobbiamo evitare che essa diventi occasione di lacerazione e di contrapposizione troppo aspra o mal compresa da chi ci attende alla prova, e guardare alle diverse opzioni che si presenteranno come a ricchezze da sintetizzare: certo ci saranno idee e persone che raccoglieranno più consenso e altre meno, ma tutti staremo lavorando per il rafforzamento del Partito Democratico, che dovrà provare ad andare avanti e a crescere anche dopo il congresso, e, vorrei sottolineare, qualunque ne sia l’esito. Concretamente già la settimana prossima dovremmo avere a disposizione una prima bozza di regolamento nazionale della quale sarà opportuno tenere conto. Convocheremo quanto prima un’assemblea, mi auguro entro fine mese, per approvare formalmente quello provinciale o, almeno, per indicare e discutere le modalità di procedere e definire le scadenze temporali per gli adempimenti necessari. Nel frattempo ricordo a tutti l’impegno del tesseramento con la scadenza del 21 luglio e ai circoli ancora provvisori, ormai pochi oltre a quelli di Trento, di mettere in calendario le rispettive assemblee costitutive. Ringrazio infine quanti mi manifestano anche pubblicamente stima e apprezzamento, ma è giusto, a questo punto, che io ribadisca definitivamente la mia indisponibilità a ripropormi al congresso d’autunno per la segreteria. Oltre ai motivi oggettivi che tutti conoscete, ce ne sono altri, per così dire, soggettivi e personali (che non hanno a che fare con la politica) che sono per me decisivi. E, del resto, la temporaneità dell’incarico era fin dall’inizio una condizione chiara per la mia accettazione di gennaio.
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