Nei giorni di stallo subito dopo le elezioni politiche, con presidente della Repubblica ancora da (ri)eleggere e maggioranza di governo ancora da formare, nella “madre” di tutte le riforme suggerita dal senatore del Pd Giorgio Tonini c’erano anche il Senato delle Regioni e la fine del bicameralismo perfetto. Passato quasi un anno, Napolitano è ancora al Quirinale e Letta occupa Palazzo Chiigi. Ma soprattutto c’è Matteo Renzi a guidare il Pd: «Con lui nel motore - afferma Tonini - le possibilità di portare finalmente in porto la riforma sono qualcosa più del 50%».
P. Morando, "Trentino", 14 dicembre 2013
Senatore Tonini, l’accordo tra Pd, M5S e Sel prevede che sia la Camera ad occuparsi di legge elettorale e il Senato di riforme costituzionali. Come si muoverà ora il Pd? Il Senato proporrà una riforma articolata in più punti, non in un unico disegno di legge: una serie invece di “trenini” successivi che dovranno seguire la procedura prevista dalla Costituzione, cioè la doppia lettura di Camera e Senato.
Partendo da che cosa? Sicuramente dalla riforma del bicameralismo perfetto e dalla riduzione del numero dei parlamentari.
Sul Senato delle Regioni tutte le forze politiche sembrano d’accordo. O no? Anch’io, come Renzi, penso che quella più netta sia la soluzione migliore: un Senato delle autonomie sul modello del Bundesrat tedesco, composto dai presidenti delle Regioni, nel nostro caso delle Province, e loro rappresentanti. Ma vista la peculiarità del sistema italiano, centrato sui Comuni più che sulle Regioni, credo che i presidenti vadano affiancati almeno dai sindaci dei capoluoghi.
Identico numero di rappresentanti per ogni Regione o diverso a seconda delle rispettive popolazioni? La composizione del nuovo Senato è un punto ancora da approfondire. Certo, nel primo caso si andrebbe verso un modello fortemente federale. Il punto più delicato è però quello delle competenze: si è detto che questo nuovo Senato dovrebbe poter dire la sua solo su questioni di interesse delle Regioni, ma potenzialmente ogni provvedimento lo è. Non c’è dubbio: tirare una linea non sarà semplice. E poi c’è il nodo del procedimento legislativo bicamerale: in quali casi e con quali procedure cioè il Senato delle autonomie potrà concorrervi. Di certo però il Senato non dovrà più dare la fiducia al governo, lo farà solo la Camera: su questo siamo tutti d’accordo. Molte modifiche costituzionali poi avverranno a cascata, visto che il Senato partecipa alla nomina del capo dello Stato, di cinque giudici costituzionali e di un terzo del Csm.
E poi: il futuro presidente del Senato dovrà ancora essere la seconda carica dello Stato? E i senatori a vita? Rischia qualcosa l’autonomia del Trentino in questo processo di riforma? La proposta sul nuovo Senato si intreccerà con quella più complessa circa la riforma del Titolo V della Costituzionale: la ripartizione cioè delle competenze tra Stato e Regioni. Sarà un passaggio estremamente delicato, visto che sia in Parlamento che nel Paese stiamo assistendo di fatto a una fase di neocentralismo. E se per le Regioni ordinarie non avere competenza primaria su turismo ed energia non farebbe poi grande differenza, per noi ovviamente non è così. Come si dice a Trento, dovremo stare “su co’ le recie”.