Ecco perché io voto Cuperlo

Con l'approssimarsi delle primarie per la scelta del futuro segretario del Pd penso sia utile fare un po' di chiarezza tra le proposte politiche in campo, e in particolare per quanto riguarda il progetto di governo, il profilo politico ed il modello organizzativo del Partito. Oltre il risultato delle primarie, è il confronto su questi temi che dovrebbe aiutare a scegliere tra le opzioni in campo. E a questo proposito, secondo me, la proposta politica che si distingue per chiarezza è quella di Cuperlo. 
Laura Froner, "L'Adige", 30 novembre 2013


Le ragioni che mi porteranno a votare, domenica 8 dicembre, per Cuperlo segretario - sottolineo il termine perché è proprio il segretario che stiamo scegliendo e non il candidato leader alle elezioni - sono numerose ma mi limiterò ad evidenziarne almeno tre.Innanzitutto perché al Pd serve un segretario nazionale che svolga questo incarico a tempo pieno.
Certo, il tema del «doppio incarico» ritorna frequentemente nell'ambito della politica italiana. Ma al di là delle motivazioni moralistiche, ritengo che la pianificazione delle singole carriere personali non possa venire prima di tutto. Distinguere i ruoli non è solo un fatto etico e di buon senso, è anche un elemento politico su cui non possiamo sorvolare, a meno che non si pensi che anche nel Pd, come già avviene in altri partiti della destra o dell'antipolitica moderna, siano sempre più necessari ed indispensabili gli «uomini della provvidenza» o «gli uomini soli al comando».
Ricordo che su questo tema Cuperlo ha dato garanzie precise, dichiarando la sua indisponibilità a usare la segreteria del Pd come trampolino di lancio per la propria carriera personale. In secondo luogo mi ritrovo nella sua idea «inclusiva» del partito. Questo è un aspetto centrale e decisivo per il futuro e la prospettiva dello stesso Pd. Un partito, del resto, che difficilmente potrebbe restare unito e coeso, se dovesse prevalere un istinto finalizzato all'eliminazione politica di tutti coloro che sono «sgraditi» al capo di turno o di coloro che devono scomparire dallo scenario pubblico, a partire dall'indomani delle primarie. Il Pd è nato come partito plurale, all'interno del quale le varie sensibilità devono avere una forte e visibile cittadinanza politica e culturale.
E sicuramente il partito «personale» non si concilia con il rispetto del pluralismo interno e con la valorizzazione delle varie sensibilità culturali. Il Pd rappresenta un modello di partito che, pur non esente da rischi, si pone in modo alternativo rispetto ai partiti e ai movimenti a vocazione plebiscitaria, dove il leader sostituisce tutto e decide su tutto. Il nostro partito deve essere ripensato in chiave riformatrice, come ponte tra società ed istituzioni.
I partiti, oggi, sono sentiti lontani, anche perché sono spesso ridotti a macchine amministrative o a comitati elettorali permanenti. E chi propone di abolire le differenze tra iscritti e elettori vuole fare del Pd qualcosa di completamente diverso da quello che dovrebbe essere perché se i meccanismi di partecipazione si riducono a meri schemi per incoronare il leader, la discussione finirà inevitabilmente per ridursi alla domanda «con chi stai», piuttosto che a quella «che cosa pensi».
Anche da questo punto di vista la proposta di Cuperlo offre garanzie politiche e culturali non indifferenti, auspicando la prosecuzione di un partito plurale, aperto, democratico e partecipativo dove non viene appaltato tutto all'uomo solo al comando, amato dalle folle ed esaltato - almeno temporaneamente - dai poteri forti e dai media. 
E infine, il profilo politico del Pd e la sua strategia di governo. Questo è un aspetto decisivo e cruciale per il futuro del nostro stesso Partito. Vogliamo un partito che punti a costruire una forte, credibile e solida prospettiva riformista o preferiamo avere un partito che viaggia a seconda di come vengono interpretati i sondaggi di opinione?
Non possiamo più limitarci a difendere il bipolarismo, abbiamo bisogno di costruire una coalizione che sappia interpretare la domanda di cambiamento che viene richiesto a gran voce dalla società, e di  garantire, allo stesso tempo, una cultura di governo che in questi ultimi anni è stata particolarmente carente proprio nel nostro campo politico. Il centrosinistra deve trovare la strada per coniugare cultura di governo e prospettiva riformista.
E anche su questo versante il progetto illustrato da Gianni è immediatamente percepibile e soprattutto percorribile. E, come ha sostenuto Cuperlo alla Convenzione domenica scorsa, «è il tempo di dire al governo di trovare il coraggio di fare quello che il Paese si attende da noi. Buttando via, una volta per tutte, le ricette che ci hanno portato dove siamo. Il congresso del nostro Partito, la forza più grande del centrosinistra, serve anche a capire le differenze che ci separano. Per discutere, scegliere, decidere».