Caro direttore, il tuo editoriale di domenica, a sostegno delle Unioni dei Comuni e contro le Comunità di valle, stimola la discussione attorno al tema della riforma istituzionale, ma lo fa con delle affermazioni tra loro contraddittorie.Sostieni che le Comunità sono nate per indebolire i Comuni e che la Provincia ha fatto da tappo alle Unioni per favorire le Comunità ma al tempo stesso dici che meno comuni e comuni più forti permetterebbero un migliore funzionamento delle Comunità.R. Pinter, 25 novembre 2013
Sostieni che le Comunità non hanno radicamento ne' storia e poi dici che la storia del Trentino è fatta di magnifiche Comunità.
Esalti le identità comunali e poi dici che i sindaci mignon hanno impedito una vera riforma.
Io credo che in realtà ci sia un po' di verità in ognuna di queste affermazioni ma la conclusione cui arrivi, si alle Unioni e no alle Comunità, ignora le verità da te ricordate.
Una verità è che negli anni Regione e Provincia hanno “coperto d'oro” i progetti di Unione dei Comuni e che proprio l'assenza di risultati, dovuta all'abbondanza di risorse e alla difesa del municipio anche quando questa cozzava contro ogni buon senso, ha favorito l'idea delle Comunità.
Altrettanto vero è il fatto che il calo delle risorse, l'obbligo della gestione associata e la nascita delle Comunità hanno portato alla ripresa dei progetti di Unione, in parte come strada obbligata per sopravvivere e in parte proprio per ribadire una identità territoriale di ambito dentro le “grandi” Comunità.
Insomma i Comuni sono diventati virtuosi per necessità ma non è vero che siano state ostacolate le Unioni, semmai è stato chiesto di trasformare i progetti di unione in vere fusioni.
Vero è che alcune Comunità hanno dimensioni territoriali e quantità di Comuni difficilmente riconducibili ad un unica identità, come è vero che sono stati fatti errori nella gestione associata che hanno portato alcuni Comuni a vedere nelle Comunità degli avversari invece che il loro strumento di crescita.
Se però sgomberiamo il campo dai difetti che hanno reso le assemblee di Comunità pletoriche o dalla mancanza di volontà e determinazione nel trasferimento di competenze e personale che avrebbero permesso una partenza più convinta delle Comunità, sono convinto che possiamo arrivare ad altre conclusioni. Conclusione a cui io , già assessore alla riforma istituzionale, sono arrivato dopo aver proposto proprio la dimensione associativa come la prima tappa per una riforma condivisa.
Le Comunità non sono nate per indebolire i Comuni ma proprio per rafforzare il territorio e le valli nei confronti della Provincia, cosa impedita dai Comuni mignon che nulla contano, ad eccezione dei rapporti privilegiati con gli assessori provinciali. Le Comunità non nascono per togliere poteri ai Comuni ma per toglierli alla Provincia, che poi la Provincia non gli abbia o non gli voglia cedere è una questione politica che il PD vuole porre al centro del confronto.
Le Unioni sono positive, anche per rafforzare gli ambiti territoriali che sono già, sebbene con più municipi,uniti nella percezione comune; la riduzione dei Comuni alla metà o ancora meglio ad un terzo è un passaggio che diventa obbligato se si vuole una pubblica amministrazione sostenibile nei costi e nella efficienza, ma tutto questo non è abbastanza.
Grandi Comuni aumentano il loro peso ma se vogliamo spostare verso il basso il livello delle decisioni politiche allora solo le Comunità hanno la dimensione necessaria. Solo le Comunità possono permettere alle valli e ai territori di assumere la competenza delle scelte di sviluppo e la pianificazione urbanistica, solo le Comunità possono programmare l'uso delle risorse economiche di un territorio, decidere la mobilità e le opere infrastrutturali, costruire comunità coese socialmente e vivaci culturalmente. Un Comune può essere percepito come identità territoriale di riferimento ma sono di più le possibilità che la popolazione si riconosca nella dimensione di valle superando confini municipali che ormai sono in parte stati superati.
Su una cosa sono d'accordo : bisogna avere più coraggio, perchè le risorse calano e perchè lo spreco e l'inefficienza non è più tollerata, nemmeno dai cittadini che hanno a cuore il loro municipio.
Più coraggio per il Partito Democratico vuol dire rilanciare i progetti di Unione, come abbiamo fatto in Primiero o in Vallagarina o nell'Alto Garda, rompendo anche il tabù delle Unioni fra grandi Comuni. Ma più coraggio vuol dire soprattutto credere alla riforma che trasferisca poteri dalla Provincia ai territori, non solo quelli previsti e non ancora compiuti ma anche quelli relativi alla cultura, al turismo, alle opere pubbliche, allo sviluppo locale...Poi, ma solo poi, discutiamo come ridurre le Assemblee, come affrontare il tema delle valli nella stessa Comunità, come gestire gli ambiti e come governare la gestione associata dei servizi.
E' stato un errore far nascere le Comunità con un voto non coincidente con le elezioni Comunali, la prossima volta non sarà così e questo favorirà la percezione di un ente che non è un ente in più rispetto ai 217 comuni ma esattamente un ente che da senso alla autonomia degli enti locali prevista dallo Statuto di Autonomia e mai realizzatasi, se pensiamo che tutte le nuove competenze, e sono tante, sono state trasferite direttamente alla Provincia ignorando i Comuni . Il terzo Statuto deve riconoscere gli enti locali e la loro autonomia e le Comunità sono lo strumento più indicato affinchè ciò accada.
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