E' con Civati la speranza di cambiare

Sinceramente non mi sorprendono gli entusiastici commenti che salutano la trionfale cavalcata di Matteo Renzi nei circoli PD come il segnale del vero cambiamento. Anzi mi paiono più complementi alla sagra dell’ovvio che seria analisi politica. Desiderio di perpetuare una competizione interna tra correnti che tanta parte ha avuto nei fallimenti del PD, ma che continua ad essere materia fondamentale per creare una notizia vendibile.
Andrea Pradi Coordinatore Mozione Civati per il Trentino, "Trentino", 21 novembre 2013

La competizione interessa molto più che la cooperazione, perché dà sempre un vincitore ed un vinto e mai una composizione di interessi. E tuttavia c’è qualcuno, come Pippo Civati, che sta tentando di farci uscire da questa logica competitiva, che dai D’alema e Veltroni è arrivata fino al binomio Cuperlo-Renzi, passando per il Bersani-Franceschini.
Che sta provando a ricostruire culturalmente, e non solo elettoralmente, il Partito Democratico e l’area del centro- sinistra italiano. Che vuole farlo aprendo alla partecipazione un Partito che fino ad ora si è sempre più rinchiuso a tutela degli interessi della sua classe dirigente, trascurando quella domanda di ascolto che comunque proveniva dal paese e che il PD non è riuscito a veicolare.
Un tentativo che viene fatto non per recuperare i voti del centro destra, ma per restituire alla politica tutti coloro che in questi anni essa non è riuscita, o non ha voluto, rappresentare. Quelli che hanno trovato ascolto in luoghi diversi dai canali istituzionali, che hanno trovato asilo nella protesta dell’antipolitica o che, delusi, si sono abbandonati all’astensionismo. 

Ed è un vero peccato che questo tentativo venga aggettivato come minoritario, residuale o movimentista. Perché denota una certa superficialità nell’affrontare un dibattito che dovrebbe essere serio ed importante e che invece viene ridotto ad un referendum pro o contro una persona, allo scontro tra l’apparato e l’anti-apparato. Perché in mezzo ci sono i democratici, quelli che in questi anni hanno affrontato campagne politiche anche non condivise dalla dirigenza del partito. E le hanno vinte perché erano giuste anche se non promosse dal partito. Ecco, Civati mette al centro della sua mozione la partecipazione e la condivisione delle scelte. Solo ricostruendo la quale il PD può legittimamente candidarsi ad affidabile guida politica del paese.
Diffondendo il potere nell’interesse dei molti e non concentrandolo per la convenienza dei pochi il PD potrà riacquistare quella capacità rappresentativa perduta. Partendo dal basso, dai circoli che devono essere i primi luoghi di discussione e elaborazione politica. Aperti alla partecipazione e all’ascolto di tutti i cittadini e non comitati elettorali a sostegno di alcuni. Un partito che dice e condivide quello che vuol fare per poi aver legittimazione a fare quello che ha detto e condiviso. 

Ci eravamo illusi che la grande crisi potesse cambiare le coordinate culturali in cui anche la sinistra si è mossa in questi anni. Ed invece essa ha rappresentato la giustificazione per fare tutto il contrario di ciò che si sarebbe dovuto fare e che era stato concordato con gli elettori. In nome della stabilità dei conti pubblici abbiamo sacrificato quel cambiamento che avevamo promesso. Al posto del governo del cambiamento abbiamo trovato quello delle larghe intese. E passi il fastidio estetico di governare con il centro destra di Alfano e Berlusconi. La rinuncia però a 4,5 miliardi di euro di tasse sul patrimonio immobiliare per lasciare abbandonati al loro destino 130 mila esodati, per ridurre le risorse da investire in scuola ed università o per abbassare in maniera stravagante la tassazione sui redditi da lavoro o impresa, non ha solo una valenza estetica, ma è questione di sostanza politica è questione che tocca tutti.
Le necessità di bilancio hanno costituito l’alibi per bloccare la politica in un perenne stato di necessità espropriando il circuito democratico della sua capacità decisionale. Forse sono servite a rassicurare i mercati e gli investitori, ma non sono certo servite a restituire ai cittadini una speranza per il loro futuro. Il compito che Civati vuole svolgere candidandosi alla segreteria del PD, non è combattere una battaglia di retroguardia, antagonista o di mera testimonianza, ma far vincere un partito che sia un progetto collettivo in grado rilegittimare la democrazia rappresentativa e restituire la speranza in una prospettiva di futuro migliore per tutti.