I metalmeccanici duri e puri sono da dimenticare, i modelli di fabbrica industriale non funzionano più, il ruolo dell'ente pubblico è profondamente cambiato: su questi tre presupposti si è sviluppato ieri un incontro tra i sindacalisti della Cisl e l'assessore provinciale Alessandro Olivi all'interno dell'ex Manifattura Tabacchi, con la presenza del presidente di Progetto Manifattura Gianluca Salvatori e Giuliano Muzio di Fbk. B. Goio, "L'Adige", 21 novembre 2013
L'appuntamento è stato inserito nella giornata dedicata al Consiglio generale della Fim Cisl del Trentino, allargato ad una settantina di delegati provenienti dalle diverse aziende diffuse in tutta la provincia.Diversi i piani di lettura di un evento che ha visto Olivi orgoglioso di «parlare per la prima volta come responsabile di due ambiti diversi ma così uniti, come lo sviluppo economico e il lavoro». Sullo sfondo di tutto, un mondo produttivo in profondo cambiamento che lascia alle spalle un sistema despecializzato per affrontare sfide, anche internazionali, decisamente difficili. «La produttività - ha spiegato Olivi - passa attraverso il protagonismo del capitale umano, e se nel passato l'intervento della Provincia si può assimilare ad un'azione di pronto soccorso, ora servono nuovi modelli di sviluppo. I progetti Manifattura e Meccatronica vanno in questa direzione, anzi sono i più grandi progetti industriali degli ultimi trent'anni». Quanto ai sindacati trentini, Olivi ha riconosciuto loro «una grande maturità, soprattutto a quelli che hanno capito quanto questa crisi sia pericolosa per la coesione sociale: stare in trincea non aiuta i lavoratori». È tempo dunque di lavorare insieme «secondo schemi innovativi»: per esempio la Provincia ha allo studio una riduzione dell'Irap, «che vada però collegata alla salvaguardia dell'occupazione e alla sostenibilità». Tra i modelli da considerare, una «città dei mestieri» che promuova formazione e orientamento.L'abbandono delle vecchie logiche di mercato obbliga i sindacati ad un brusco mutamento di rotta: ne ha parlato Anna Damiano, segretario generale della Fim Cisl. «Abbandonata la lotta dura senza paura - ha precisato - abbiamo bisogno di una politica che ci ascolti, perché se è vero che non esiste impresa senza lavoratori, è anche vero che non esistono lavoratori senza impresa». Tra gli strumenti utili per uscire dai guai, ci sono gli enti bilaterali e gli accordi di settore, nonché l'attenzione a problematiche nuove come la conciliazione famiglia-lavoro, o alla qualità di quest'ultimo: «Se non riusciamo a fare questo, il sindacato non riuscirà a rappresentare nessuno». Il lavoro più grosso, a questo punto, è però coinvolgere i lavoratori e gli associati, «renderli consapevoli dei cambiamenti senza però rinunciare alla tutela dei lavoro. Tenendo anzi sempre presente che i diritti fondamentali non vanno messi in discussione». Un compito tutt'altro che facile visto che proprio in tempi di crisi i primi a saltare sono i diritti fondamentali, e tra loro il primo a essere scavalcato è il diritto al lavoro.Temi caldi, che esigono un ribaltamento di prospettiva. Secondo Paolo Cagol, sempre della direzione generale Fim - Cisl, l'unica strada percorribile è quella che vede «soggetti contrapposti che devono fare rete, ed il sindacato che deve far parte di questo progetto» anche se i problemi più grossi sono quelli «dell'esercizio della rappresentanza visto che al posto di poche grosse fabbriche ce n'è una miriade di piccolissime e che, naturalmente, anche la forza contrattuale è minore». E poi restano le difficoltà «di natura culturale, perché il mondo è cambiato, il lavoro è cambiato: ora non resta che farlo capire ai lavoratori».
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