TRENTO. Ha iniziato ascoltando la dirigente generale Livia Ferrario, per una prima occhiata ai temi generali delle proprie competenze, cioè sanità, politiche sociali e quanto attiene all’Agenzia provinciale per l’assistenza e la previdenza integrativa. Individuando subito un focus: la costruzione del piano sociosanitario provinciale, che una volta messo a punto dovrà armonizzare quelli già predisposti dalle Comunità di valle. P. Morando, "Trentino", 17 novembre 2013
È il primo che si realizza e Donata Borgonovo Re, neoassessore alla sanità (anzi: “assessora”, come desidera essere chiamata), sembra già intenzionata a imprimere su di esso la propria personalissima cifra politica: «Il mio desiderio sarebbe fornire una programmazione dell’attività calibrata non tanto sui servizi, bensì sulla dimensione primaria della persone». Ma questa indispensabile “operazione ascolto”, spiega, è destinata a proseguire sul territorio: «Vorrei incontrare i professionisti, le loro categorie, le strutture, a partire dagli ospedali periferici e dalle Rsa ma anche il mondo, ricchissimo e impegnato, delle associazioni del privato sociale».
Assessora, dunque. Nei giorni scorsi i sindacati della sanità hanno fatto sapere di aspettarsi moltissimo a lei. Come vive questa responsabilità?
Mi dà ovviamente gioia ma al tempo stesso non mi fa dormire: più alta è un’aspettativa, più forte deve essere di conseguenza la responsabilità. D’altra parte ne sono diventata consapevole fin dal momento in cui le lancette del voto si sono fermate sulla cifra che conosciamo.
Cioè le 10.543 preferenze.
Quelle: costituiscono un investimento in fiducia che richiede particolare prudenza e attenzione. Per questo, prima di partire con il lavoro, vorrei avere la certezza assoluta di conoscere, se non tutti gli aspetti, almeno gli elementi fondamentali di ciò di cui dovrò iniziare a occuparmi.
Torniamo a prima dell’elezione. Che percezione aveva della sanità trentina?
Durante la campagna elettorale ho avuto segnali dai cittadini circa elementi di difficoltà e fragilità legati al problema di conoscere chiaramente e diffusamente tutti gli strumenti e i servizi sul territorio a disposizione dei cittadini. Poi, un eccesso di burocrazia in relazione a patologie croniche: ed è una questione particolarmente frustrante e irridente della sofferenza. Non sarà stato lo scopo del legislatore, ma l’effetto è quello. Inoltre, tutti i disagi delle categorie fragili, dall’handicap alle persone con scarsi margini di autonomia, anziani o colpiti da patologie severe. In tutti questi casi vorrei parlare di accompagnamento, non di assistenza.
Come giudica invece la sanità trentina basandosi solo sulla proprie esperienza?
Ne ho avuto recentemente due, una personale e una in famiglia, entrambe impegnative. E devo dire che è stato tutto positivo; mi sono sentita accompagnata, affiancata e sostenuta in ogni passaggio.
I cittadini si lamentano spesso dei tempi di attesa per le visite.
È un problema reale: chiami il Cup per un esame di urgenza intermedia e devi attendere a lungo, invece se ti sposti altrove... Io credo che vadano compresi bene i meccanismi che portano a questa situazione. Le irritazioni nascono proprio dalla mancata conoscenza di ciò che sta dietro. E ciò che è opaco e nebbioso crea di per sé diffidenza e sfiducia. Qui la trasparenza serve come il pane: metodi comunicativi chiari e lineari aiutano a costruire un clima di reciproca fiducia tra cittadini e istituzioni, per assumersi le rispettive responsabilità. Anche nella sanità.
Il Not: se n’è parlato anche in campagna elettorale. Non tutti sono d’accordo sulla sua opportunità, altri ne hanno discusso la dislocazione. Lei che ne pensa?
Investimenti e decisioni di questa portata suscitano inevitabilmente interrogativi sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale del progetto, se cioè sia stato realizzato uno studio serio e approfondito alla luce delle caratteristiche del nostro territorio e dei bisogni sanitari della popolazione. Da cittadina non ho molte informazioni in più rispetto al dibattito sulle dimensioni dell’investimento e ai problemi legati alle procedure degli appalti. Forse anche per mia distrazione, ma non ho visto finora nessuna comunicazione dettagliata sulle ragioni profonde del Not. Detto questo, la decisione è stata presa e d essendo le ricadute non indifferenti, mi impegnerò per riempire di contenuti e di organizzazione questo progetto. È come per un carcere: non basta erigere le mura, la struttura va creata ragionando in termini di attese e necessità.
Le risorse dell’autonomia calano. E la sanità ne brucia la maggior parte. La preoccupa doverla gestire in una fase come questa?
L’importante è non fare errori. E in attesa di capire quali equilibri si troveranno con lo Stato, il nostro primo problema è effettuare una verifica seria all’interno delle strutture, la Provincia e tutti gli enti collegati, sull’oso corretto delle risorse. Questa è spending review, che non significa automaticamente tagli. Se guardo i conti, già quest’anno nella sanità c’è una contrazione di risorse, benché lievissima: meno 15 milioni di euro rispetto ai 1.116 del 2012. I contraccolpi ci sono stati e li abbiamo assorbiti. Ma pesano: basta pensare al mancato turn over, ogni 10 lavoratori che escono ne entrano solo 4. Certo, non si può pensare di andare avanti sempre così. Per ora abbiamo comunque dimostrato che esistono margini di miglioramento nell’uso delle risorse. Prima di discutere di altri tagli, dobbiamo essere certi che l’esistente ci soddisfa pienamente in termini di efficacia e oculatezza.
Lo ha detto nel primo incontro con la stampa: intende occuparsi di trasparenza non solo nella sanità. In quale direzione getterà più volentieri lo sguardo?
Non desideroo apparire barricadera a tutti i costi. Voglio però condividere con i colleghi scelte e decisioni: vedremo passo a passo quali, lavorando collegialmente. La trasparenza ce la chiedono comunque i cittadini: la scommessa di questi cinque anni è non tradire la loro fiducia.
Seguici su YouTube
Partito Democratico del Trentino