«Il primo atto importante della giunta sarà convocare le parti sociali per l’applicazione della delega sugli ammortizzatori sociali». Il vicepresidente della Provincia Alessandro Olivi, forte della competenza aggiuntiva relativa appunto al lavoro, parte da qui per spiegare come si muoverà su un terreno che rimane fortemente sdrucciolevole.
P. Morando, "Trentino", 15 novembre 2013
Con sfide complicatissime «su cui ci si dovrà muovere - spiega - con originalità». Elementi che sembrano costituire gli ingredienti dell’idea che Olivi butta lì a proposito dell’emergenza disoccupazione giovanile: una sorta di “Progettone” per le nuove generazioni.
Assessore Olivi, ha perso la cooperazione ma ha ottenuto il lavoro. Il saldo è positivo o negativo? Diciamo che sono passato da un assessorato difficile a uno molto difficile, con davvero poco spazio per coltivare immagine e consenso. Quello dell’occupazione è il campo di battaglia più severo oggi per la politica, anche in Trentino: ho molto insistito per potermi assumere questa responsabilità, cioè operare su entrambi i campi, economia e lavoro. E devo dire che fin dall’inizio il presidente Rossi si è mostrato convinto della necessità di unire le due aree.
Dove sta la necessità? In passato le competenze non erano accorpate, benché la crisi fosse già avanzata. Oggi siamo di fronte alla devastazione creata da un modello che ha messo al centro la rendita, se non la speculazione, creando una frattura proprio tra le politiche economiche e quelle del lavoro. Nel nostro piccolo le abbiamo ricongiunte: significa occuparsi delle persone sempre, non solo quando è troppo tardi.
Ammortizzatori: convocherete le parti sociali. Per poi fare che cosa? Non abbiamo chiesto e ottenuto la delega semplicemente per adeguarci localmente alla batteria degli ammortizzatori sociali che già esiste. Si tratta di definire strumenti ulteriori, di implementare le tutele tradizionali. Con un focus fondamentale sui giovani.
In che termini? Penso a quanto sperimentato negli anni ’80, periodo di una crisi industriale meno strutturale ma comunque acuta, e si inventò il “Progettone”. Oggi, con un’erosione occupazionale vasta ma che colpisce in particolare i giovani, credo che si debba avere un approccio opposto rispetto a quello di allora: non l’accompagnamento del lavoratore espulso verso la tutela previdenziale, ma meccanismi di spinta verso le porte d’ingresso al mercato del lavoro.
Un “Progettone” per i giovani. Chiamiamolo così. Compatibilmente con le risorse, penso a progetti per i giovani usciti dalla scuola e dall’università, meccanismi di transizione tra l’acquisizione di titoli formativi e il lavoro. Una fase di innesto dedicata, utilizzando luoghi come la ex Manifattura: creare campus in cui accompagnare le nuove generazioni nel proseguire e finalizzare le conoscenze irrobustendo il curriculum.
E per i lavoratori avanti con gli anni ed espulsi dai processi produttivi? Anche qui si tratta di accompagnarli nella transizione, ma con politiche di certificazione delle nuove competenze acquisite e interventi di sostegno al reddito condizionati a processi formativi continui: fortunatamente non partiamo da zero. Capitolo aziende. Conferma l’abbassamento dell’Irap pure legato a parametri occupazionali e produttivi? Le procedure negoziali stanno dando buoni risultati. E sono un’invenzione del Trentino. Per quanto riguarda l’Irap, già nella prima giunta (oggi, ndr) o nella seconda presenteremo una proposta di riduzione per le imprese che accetteranno di affrontare un percorso di obiettivi condivisi su occupazione e investimenti.
Poi c’è il nodo del credito. Occorre lavorare di più con fondi strutturali. Quello di rotazione è pronto per partire, così come quello strategico regionale, con la previsione di minibond alle imprese che presenteranno progetti di investimento innovativi.
Meno controlli in cambio di una maggior responsabilizzazione, no? È così. In un’economia con margini sempre più stretti il fattore tempo è fondamentale. Un’altra area in cui si deve intervenire è quella del rapporto tra saperi e sviluppo economico, abbattendo qualche pregiudizio.
A che cosa si riferisce? Ad esempio al modello Meccatronica e alla ricerca applicata. Non dico che il dovere della ricerca sia di mettersi al servizio dell’economia, ma il tema del trasferimento tecnologico non può essere appannaggio solo di università e fondazioni.
In questi anni ha goduto di un buon rapporto con le parti sociali. Ovviamente intenderà mantenerlo. O c’è da attendersi qualcosa di diverso? Il Trentino ha il privilegio di poter contare su parti sociali mature e responsabili. Proprio per questo però, per via della natura di questa crisi, si deve cercare di superare la rappresentanza così come la abbiamo conosciuta. Interpretarla non come la capacità di portare a casa il proprio pezzettino di interesse, quanto piuttosto di farsi carico anche delle posizioni altrui.
Mi piacerebbe sperimentare luoghi in cui la concertazione possa essere più fluida e meno rituale. Perché la difesa dello status quo porta sempre con sè il rischio di intrappolare il dibattito in contrapposizioni ideologiche. E poi: si chiede sempre alla politica di cambiare e di evolvere, possiamo pensare che lo faccia anche la società?