Civati: il Pd non rinunci al bipolarismo

L’aspirante segretario questa sera a Trento: «Commessi tanti errori, ma solo noi siamo forza di governo per il cambiamento»
"Trentino", 6 ottobre 2013

TRENTO. Non se n’è accorto quasi nessuno, ma mercoledì scorso è stato l’unico parlamentare del Pd a non votare la fiducia a Letta. Lo ha fatto scegliendo di non partecipare al voto alla Camera, dove peraltro il risultato non era in discussione. Pippo Civati, candidato alla segreteria del partito alle primarie dell’8 dicembre (gli altri sono Matteo Renzi, Gianni Cuperlo e Gianni Pittella), lo ha spiegato così: «Non vedo il cambiamento di cui si parla. Vedo invece un governo che va avanti sine die, sento Cicchitto il governista che però subito lancia accuse sulla giustizia. Non vedo un grande salto sul piano politico, solo questo insistere sulla stabilità, per altro neppure così tanto certificata».
C’entrano però anche dinamiche interne al partito, e trattandosi del Pd non potrebbe essere altrimenti.
E infatti, a chi lo accusa di scarsa lealtà di aspirante segretario verso un presidente del Consiglio espressione del proprio partito, Civati risponde così: «Ma avete visto le “convocazioni” di Letta a Palazzo Chigi? Ha chiamato Renzi, ha chiamato Cuperlo. Loro sono candidati segretario, ma anche io: però nessuno mi ha filato». Civati gode della stima incondizionata di un bel pezzo di Pd trentino, a partire dal coordinatore cittadino Vanni Scalfi. E domani sera sarà a Trento, alle 20.30 sotto al tendone del parco Santa Chiara, in un incontro moderato dal direttore del Trentino Alberto Faustini. Una tappa in chiave primarie, ma che non può prescindere dalle elezioni provinciali del 27 ottobre.

Onorevole Civati, la figuraccia del Pd con Prodi, i famigerati 101 voti mancanti, nessuno l’ha dimenticata. Perché un elettore dovrebbe ancora votarvi?

Il motivo fondamentale è che, al di là delle nostre mortificazioni, continuiamo ad esprimere un forte desiderio di cambiamento e, allo stesso tempo, di governo del Paese. E questo ci differenzia da altri movimenti che potrebbero guadagnare consensi dal nostro impasse. Questi due elementi, cambiamento e governo, il Pd li può assicurare attraverso ilcongresso.

Anche in Trentino il Pd è reduce da mesi particolarmente confusi, culminati nella sconfitta alle primarie per l’indicazione del candidato presidente. Non teme che alle provinciali questo fattore possa pesare? E quanto inciderà il Pd in una coalizione guidata da un autonomista?

Esattamente come a livello nazionale, il Pd incide a patto che non continui a mediare al ribasso. Dobbiamo essere orgogliosi delle nostre convinzioni, dobbiamo credere nel nostro programma e nel nostro progetto, senza timidezze o retropensieri.

In questi giorni è stato scritto che con una sola pallottola Letta ha fatto fuori sia Berlusconi sia Renzi. È d’accordo?

Intanto non sono certo che siamo realmente di fronte al passo finale di Berlusconi. La botta per loro è stata pesante, ma siamo ancora in una fase di incertezza. Circa la pallottola, è una battuta che non mi trova d’accordo. Rispondo con un’altra battuta: non si può rifare la Dc con i voti degli altri, la politica passa per congressi ed elezioni.

Non crede alla svolta impressa da Alfano al Pdl?

La sua effettiva egemonia nel centrodestra va ancora valutata, e per farlo servirà un momento elettorale. Anche da qui viene il mio dissenso circa quanto avvenuto negli ultimi giorni, che pure non intacca le cose positive a cui abbiamo assistito. Ma politicamente rimango preoccupato.

Primarie e congresso si avvicinano. Che cosa ci si deve aspettare dal Pd? Ulteriori personalismi e spaccature?

Il congresso è un momento di unità. Prima ci si divide, poi ci si conta, infine ci si ricompatta sulle cose da fare. In questo momento siamo a metà del guado, per tanti motivi: primo fra tutti, il gruppo dirigente non ancora rinnovato. Aspettiamo e vediamo prima di dare giudizi.

L’errore peggiore commesso dal Pd in questi mesi?

La confusione. Qualcuno di noi l’ha subìta, perché credevamo in certe cose, altri l’hanno invece agitata in maniera strumentale e se ne sono avvantaggiati. L’effetto finale è stato comunque una lesione della nostra credibilità. E della fiducia al nostro interno.

Lei ha capito alla fine chi sono quei 101 di voi che non hanno votato Prodi per il Quirinale?

È proprio quella la confusone a cui mi riferivo: non un episodio casuale, ma una precisa scelta politica. E una scelta indicibile: quella della fine di un Pd dell’alternanza e della contrapposizione bipolare. Per questo dico che il nostro congresso, in chiave di riaffermazione del bipolarismo, potrà essere una cura straordinaria.