Il Consiglio Regionale chiude la legislatura con una votazione decisamente insolita che accomuna la SVP alle destre südtirolesi e trentine su di un provvedimento che ripristina ciò che la Corte Costituzionale ha già bocciato e con una legge dello Stato che “equipara ai cittadini italiani gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno" .
Michele Nardelli, 11 settembre 2013
Si ripristinano i 5 anni di residenza in Regione per l’erogazione dell’assegno regionale per i cittadini extracomunitari.
Un doppio salto mortale all’indietro senza tener conto che i Consigli provinciali di Trento e Bolzano avevano ridotto questo limite a 2 anni.
Nei mesi scorsi la sentenza n.133 della Corte Costituzionale aveva ritenuto illegittima una norma della Regione Trentino Alto Adige - Tirol che introduceva la distinzione tra i cittadini italiani e gli stranieri extracomunitari ai fini dell'erogazione dell'assegno regionale al nucleo famigliare per figli ed equiparati. In altre parole mentre per i cittadini italiani veniva richiesta la semplice residenza, per i cittadini extracomunitari si era prevista "la residenza in Regione da almeno cinque anni".
La Corte ha giudicato tale norma lesiva dell'articolo 3 della Costituzione Italiana ma anche della legislazione nazionale vigente dove si stabilisce che "ai fini delle prestazioni e delle provvidenze, anche economiche, di assistenza sociale, equiparano ai cittadini italiani gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno"..... ma anche della legislazione nazionale vigente dove si stabilisce che "ai fini delle prestazioni e delle provvidenze, anche economiche, di assistenza sociale, equiparano ai cittadini italiani gli stranieri titolari di carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore a un anno".
Di fronte a questo pronunciamento il Consiglio regionale aveva trovato una mediazione che riduceva il limite a due anni. E a questa indicazione si erano uniformate anche le assemblee legislative delle Province Autonome di Trento e di Bolzano nei loro ordinamenti per forme di previdenza/assistenza aggiuntiva a quella di base.
Con il Disegno di legge n.65 approvato oggi in Consiglio Regionale si è voluto ritornare ai cinque anni, anche in sintonia con una mozione recentemente approvata dal Senato che va in questa direzione. Quasi che una mozione parlamentare avesse più valore di una sentenza della Corte Costituzionale.
Per questa ragione ho presentato un emendamento soppressivo dell'articolo 2 del DDL 65 sul quale si è determinata una maggioranza diversa da quella che in questi anni ha governato la Regione: con il centrosinistra autonomista trentino e il gruppo dei Grünen a favore del mantenimento dei due anni ed una maggioranza trasversale SVP/centrodestra per il ripristino dei cinque anni. L'esito del voto sull'emendamento ha visto 19 voti favorevoli, 35 contrari e 3 astensioni.
Un voto che ha ripristinato una norma giudicata anticostituzionale e che non potrà che essere confermata come tale. Una scelta sbagliata che ha prodotto un'inedita maggioranza con chi, in aula, ha usato toni inqualificabili di stampo razzista e xenofobo.
L'ultimo atto politico del Consiglio Regionale ha rappresentato davvero una brutta pagina. Esprimo il mio personale rammarico per una divisione della maggioranza avvenuta su un tema di alto valore sociale ed etico, che ben poco ha a che fare con una cultura autonomistica che si è sempre distinta per l'apertura e l'attenzione verso i più deboli, non certo per l'egoismo sociale.