La democrazia e i suoi limiti

In Egitto sta andando in scena l'ennesima, tragica manifestazione di un conflitto permanente, quello tra la democrazia formale e i suoi limiti. Il punto di fondo è sempre lo stesso: quando il potere conquistato legittimamente diventa illegittimo, come si accerta questa degenerazione e chi ha il potere di farlo? Se il governo democraticamente eletto abusa del potere conferitogli ed instaura un regime non democratico è possibile o persino doveroso contrastarlo? E con quali mezzi?
Francesco Palermo, "Trentino", 27 agosto 2013

Quale legittimazione ha un potere non direttamente elettivo (nel caso egiziano l’esercito) di opporsi alla volontà della maggioranza, posto che questa sia stata espressa con elezioni libere e regolari, e non viziate da una legge elettorale distorsiva? Non avendo sempre risposte univoche, il mondo occidentale non riesce a reagire in modo adeguato alla crisi egiziana, e a molte altre prima di questa, dall’Algeria alla Thailandia, fino oggi (a parti invetrite) alla Siria.
La democrazia, si ricorda sempre, è il migliore dei sistemi possibili. Ma non ha, in sé, sufficienti anticorpi. Specie nei contesti in cui, per ragioni storiche, culturali, religiose o politiche, manchi una diffusa e radicata cultura della sua importanza.
In altre parole, la democrazia elettiva funziona in tanto in quanto esista un consenso implicito nella società che ammette alla competizione per il potere solo forze che ne accettano i limiti strutturali, tra cui, in primis quello di non abusarne. Quindi, ad esempio, di non modificare con la sola forza dei numeri la legislazione elettorale per danneggiare gli avversari, di non sottoporre la giustizia al controllo della politica, e di non piegare le regole democratiche al primato di una ideologia o di una religione.
La democrazia, insomma, è necessaria ma non sufficiente. È necessaria, perché è la base su cui edificare un complesso sistema di regolazione e limitazione del potere, creando le condizioni per la legittima competizione tra le idee. È insufficiente perché, se non assistita da altri strumenti, porta inevitabilmente all’abuso del potere legittimamente conquistato, all’insofferenza nei confronti dei controlli, alla distorsione e in ultimo allo svilimento del ruolo della politica. Il problema esiste da secoli. Da quando, con grande fatica, la democrazia fondata su elezioni libere e segrete si è affermata come colonna portante dello stato liberale di diritto. In questo lungo tempo sono stati sviluppati molti strumenti di supporto alla democrazia, per impedire il suo cortocircuito.
Tra questi in primo luogo la rigidità e la lunghezza delle costituzioni: costituzioni più lunghe e dettagliate e più difficili da modificare sottraggono alle maggioranze occasionali il potere di decidere da sole su temi che possono portare all’abuso del potere, come le leggi elettorali, l’organizzazione giudiziaria, i rapporti tra parlamento e governo, i principi del diritto penale e tributario, e molti altri ambiti. In secondo luogo la giustizia costituzionale: i conflitti sull’interpretazione delle norme e dei rapporti tra organi vengono affidati ad un tribunale scelto con il concorso di maggioranze e opposizioni, e dotato di ampie garanzie di indipendenza.
Terzo, la previsione di limiti alla revisione costituzionale: certe cose non si possono cambiare a meno di una eversione costituzionale (in Italia la forma repubblicana).
Quarto, l’introduzione della possibilità di rivedere la costituzione per intero (quindi anche i suoi principi fondanti) ma solo attraverso procedure particolarmente aggravate (più deliberazioni, scioglimento del Parlamento, referendum, ecc.). Quinto, la previsione del divieto di modificare la costituzione in determinate circostanze (ad es. in stato di guerra), o prima che sia passato del tempo dall’ultima revisione, o stabilendo che le deroghe siano possibili solo per limitati periodi di tempo. Sesto, la divisione del potere tra livelli di governo: una struttura decentrata dello Stato limita, di regola, le concentrazioni e dunque gli abusi del potere. E gli esempi potrebbero continuare.
Il punto è, in definitiva, che la democrazia da sola non basta. E se non esistono contrappesi adeguati, il rischio è che questa si trasformi in abuso e che per contrastare tale abuso se ne commettano altri. Come sta avvenendo in Egitto, al prezzo di scontri sanguinosi.
Chi come noi ha la fortuna di vivere in contesti democratici e costituzionali più solidi ha il dovere di non dimenticare mai la ricchezza della democrazia ma anche i suoi rischi, e di vigilare sempre contro gli abusi.
Il penoso livello del dibattito su rapporto tra “politica” e “giustizia” in Italia dimostra che non siamo ancora al sicuro. E la nostra costituzione, non disciplinando molti dei contrappesi alla democrazia elettiva, presuppone un livello di maturità democratica che il nostro Paese forse non ha ancora davvero raggiunto.