L. Patruno, "L'Adige", 30 maggio 2009 Michele Nicoletti non è un politico di professione: è un professore che ama la politica. E si capisce che soffre a vederla così bistrattata dai suoi stessi protagonisti.
Lui insegna filosofia politica alla facoltà di Lettere dell'Università di Trento e per la prima volta ha scelto l'impegno diretto, come candidato trentino alle elezioni europee del Partito democratico, sollecitato - dice - dalla situazione di degrado della politica italiana. Nicoletti punta naturalmente a raccogliere preferenze in Trentino Alto Adige, la regione dove è nato, vive e lavora, ma in queste settimane di campagna elettorale si sta muovendo molto anche in Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, dove lo sostengono una rete di associazioni e di autorevoli esponenti del Pd, come Pierluigi Castagnetti, ex Margherita, e il costituzionalista Salvatore Vassallo. Professore, è stato fuori provincia per la campagna elettorale? Sì, sto rientrando dal Veneto dove ho trovato molte esperienze positive, dove il centrosinistra governa e ha governato bene, penso a Montebelluna, Portogruaro, Padova, e dove ho visto esperienze di solidarietà e accoglienza importanti. Non c'è solo un Veneto leghista, c'è anche un Veneto con un cuore grande. Lei è trentino e nella lista del Pd ci sono altri candidati dal nome ben più conosciuto, come Berlinguer e Vittorio Prodi o il coordinatore del Pd dell'Emilia Romagna, Caronna, pensa di riuscire a raccogliere voti anche fuori regione? Beh, ci sono mondi che mi sostengono, poi esponenti come l'onorevole Castagnetti, Vassallo e c'è un appello di emiliani a mio favore. Poi è chiaro che ci sono i candidati locali, ma ci può essere anche un voto di opinione e poi sono tre le preferenze che si possono esprimere. Il Pdl punta sul traino di Silvio Berlusconi, nonostante l'incompatibilità, e ha identificato il rinnovamento con i volti di alcune giovani belle donne sopravvissute alle polemiche sulle veline in lista. Il Pd, almeno nel Nord-Est, schiera invece una serie di professori, vecchi e nuovi. Le sembra possibile che i professori possano avere più appeal tra gli elettori? Direi che la composizione delle liste rappresenta due modi diversi di intendere la politica. La svolta che Berlusconi ha dato alla politica italiana è quella di sottolineare la spettacolarizzazione e personalizzazione, che però oggi gli sta sfuggendo di mano, come si è visto con i fatti delle ultime settimane, e rischia di ritorcersi contro di lui. Per Berlusconi tutto è marketing e il candidato è un prodotto commerciale da vendere. Il Pd ha invece un altro modo di intendere la politica, che è più faticoso, perché per noi la politica è più sostanza, è riflessione e ragionamento. Ma i cittadini chiedono risposte ai loro problemi. Non pensa che il vostro modo di intendere la politica sia più faticoso anche da comprendere, non è che rischiate di essere troppo elitari e difficili? Che sia una cosa faticosa e che richieda tempi lunghi ne siamo ben consapevoli ma non sono convinto che sia una cosa elitaria perché la discussione è l'essenza della politica democratica. Si deve ragionare, ad esempio sui respingimenti degli immigrati, prima di buttare a mare le donne incinte senza preoccuparci delle conseguenze. Io non credo che si possa costruire sulla politica spettacolo una politica democratica. Cosa pensa del «modello Trentino» con l'Upt che ha permesso al centrosinistra di continuare a vincere? È interessante perché allarga l'idea di un Pd che non basta a sè stesso, ma vuole ampliare i consensi del centrosinistra con due gambe fondamentali. L'importante è che si mantenga la scelta strategica chiara del centrosinistra. Rafforzare il centro va bene se non vuol dire mettere in discussione la democrazia dell'alternanza con un centro ondeggiante da una parte e dall'altra. A queste elezioni europee l'Upt del presidente Dellai invita a votare Svp e l'Udc, che non è nel centrosinistra a livello nazionale, e non il Pd. Le sembra incoerente? Nessuno mette in discussione l'importanza di tenere la formula del centrosinistra autonomista anche alle europee. Infatti, Svp, sostenuta dal Patt, ha fatto un accordo tecnico con il Pd che garantisce l'elezione di un rappresentante delle minoranze linguistiche a Bruxelles. La gamba autonomista della coalizione è già garantita dunque dalla Svp, ma abbiamo anche l'occasione di rafforzare l'altra gamba, visto che c'è un rappresentante trentino del Pd a disposizione. Invece, no. La strategia trentina va a casaccio, anche se devo dire che sto trovando molta attenzione da parte degli elettori dell'Upt a queste riflessioni. Una volta gli italiani erano euroentusiasti ora aumentano gli scettici. Come si può ritrovare fiducia nell'Unione europea? Ricordiamo lo scetticismo verso l'euro. C'era chi voleva tornare indietro, come Tremonti. Ora non lo dice più nessuno perché è evidente l'importanza, specie in questo periodo di crisi, dell'euro. Il problema dell'Europa è che va avanti come una «dieta imperiale» di capi di stato e di governo che decidono sopra le teste dei cittadini, ha una burocrazia complicata e subisce l'influenza dei poteri economici. Il Parlamento europeo conta poco o nulla? Non è vero. Il trattato di Lisbona dà all'Europarlamento un ruolo maggiore nel difendere i diritti dei cittadini d'Europa. Se il Pd e le forze di centrosinistra saranno maggioranza, ad esempio il lavoro, invece del mercato, tornerà al centro delle politiche europee. MICHELE NICOLETTI - La cattedra e l'impegno civile Michele Nicoletti non è un politico di professione: è un professore che ama la politica. E si capisce che soffre a vederla così bistrattata dai suoi stessi protagonisti. Lui insegna filosofia politica alla facoltà di Lettere dell'Università di Trento e per la prima volta ha scelto l'impegno diretto, come candidato trentino alle elezioni europee del Partito democratico, sollecitato - dice - dalla situazione di degrado della politica italiana. Nicoletti punta naturalmente a raccogliere preferenze in Trentino Alto Adige, la regione dove è nato, vive e lavora, ma in queste settimane di campagna elettorale si sta muovendo molto anche in Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna, dove lo sostengono una rete di associazioni e di autorevoli esponenti del Pd, come Pierluigi Castagnetti, ex Margherita, e il costituzionalista Salvatore Vassallo. Professore, è stato fuori provincia per la campagna elettorale? Sì, sto rientrando dal Veneto dove ho trovato molte esperienze positive, dove il centrosinistra governa e ha governato bene, penso a Montebelluna, Portogruaro, Padova, e dove ho visto esperienze di solidarietà e accoglienza importanti. Non c'è solo un Veneto leghista, c'è anche un Veneto con un cuore grande. Lei è trentino e nella lista del Pd ci sono altri candidati dal nome ben più conosciuto, come Berlinguer e Vittorio Prodi o il coordinatore del Pd dell'Emilia Romagna, Caronna, pensa di riuscire a raccogliere voti anche fuori regione? Beh, ci sono mondi che mi sostengono, poi esponenti come l'onorevole Castagnetti, Vassallo e c'è un appello di emiliani a mio favore. Poi è chiaro che ci sono i candidati locali, ma ci può essere anche un voto di opinione e poi sono tre le preferenze che si possono esprimere. Il Pdl punta sul traino di Silvio Berlusconi, nonostante l'incompatibilità, e ha identificato il rinnovamento con i volti di alcune giovani belle donne sopravvissute alle polemiche sulle veline in lista. Il Pd, almeno nel Nord-Est, schiera invece una serie di professori, vecchi e nuovi. Le sembra possibile che i professori possano avere più appeal tra gli elettori? Direi che la composizione delle liste rappresenta due modi diversi di intendere la politica. La svolta che Berlusconi ha dato alla politica italiana è quella di sottolineare la spettacolarizzazione e personalizzazione, che però oggi gli sta sfuggendo di mano, come si è visto con i fatti delle ultime settimane, e rischia di ritorcersi contro di lui. Per Berlusconi tutto è marketing e il candidato è un prodotto commerciale da vendere. Il Pd ha invece un altro modo di intendere la politica, che è più faticoso, perché per noi la politica è più sostanza, è riflessione e ragionamento. Ma i cittadini chiedono risposte ai loro problemi. Non pensa che il vostro modo di intendere la politica sia più faticoso anche da comprendere, non è che rischiate di essere troppo elitari e difficili? Che sia una cosa faticosa e che richieda tempi lunghi ne siamo ben consapevoli ma non sono convinto che sia una cosa elitaria perché la discussione è l'essenza della politica democratica. Si deve ragionare, ad esempio sui respingimenti degli immigrati, prima di buttare a mare le donne incinte senza preoccuparci delle conseguenze. Io non credo che si possa costruire sulla politica spettacolo una politica democratica. Cosa pensa del «modello Trentino» con l'Upt che ha permesso al centrosinistra di continuare a vincere? È interessante perché allarga l'idea di un Pd che non basta a sè stesso, ma vuole ampliare i consensi del centrosinistra con due gambe fondamentali. L'importante è che si mantenga la scelta strategica chiara del centrosinistra. Rafforzare il centro va bene se non vuol dire mettere in discussione la democrazia dell'alternanza con un centro ondeggiante da una parte e dall'altra. A queste elezioni europee l'Upt del presidente Dellai invita a votare Svp e l'Udc, che non è nel centrosinistra a livello nazionale, e non il Pd. Le sembra incoerente? Nessuno mette in discussione l'importanza di tenere la formula del centrosinistra autonomista anche alle europee. Infatti, Svp, sostenuta dal Patt, ha fatto un accordo tecnico con il Pd che garantisce l'elezione di un rappresentante delle minoranze linguistiche a Bruxelles. La gamba autonomista della coalizione è già garantita dunque dalla Svp, ma abbiamo anche l'occasione di rafforzare l'altra gamba, visto che c'è un rappresentante trentino del Pd a disposizione. Invece, no. La strategia trentina va a casaccio, anche se devo dire che sto trovando molta attenzione da parte degli elettori dell'Upt a queste riflessioni. Una volta gli italiani erano euroentusiasti ora aumentano gli scettici. Come si può ritrovare fiducia nell'Unione europea? Ricordiamo lo scetticismo verso l'euro. C'era chi voleva tornare indietro, come Tremonti. Ora non lo dice più nessuno perché è evidente l'importanza, specie in questo periodo di crisi, dell'euro. Il problema dell'Europa è che va avanti come una «dieta imperiale» di capi di stato e di governo che decidono sopra le teste dei cittadini, ha una burocrazia complicata e subisce l'influenza dei poteri economici. Il Parlamento europeo conta poco o nulla? Non è vero. Il trattato di Lisbona dà all'Europarlamento un ruolo maggiore nel difendere i diritti dei cittadini d'Europa. Se il Pd e le forze di centrosinistra saranno maggioranza, ad esempio il lavoro, invece del mercato, tornerà al centro delle politiche europee.
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