Sul femminicidio non si scherza e bisogna fare di più!

Antonella e Lucia, 48 anni la prima, 31 la seconda. Due donne normali. Antonella lavorava come addetta alle pulizie in una clinica privata e viveva ad Avola, in provincia di Siracusa, mentre Lucia, originaria di Pergola in provincia di Pesaro Urbino, era un'estetista e da pochissimo aveva trovato occupazione presso un centro benessere di Pinzolo, località turistica del Trentino.
Queste due donne tra il 9 e il 12 agosto sono state uccise dai loro rispettivi ex compagni, un gommista nel caso di Antonella rimasta freddata da una fucilata a bruciapelo, mentre Lucia è stata accoltellata due volte al cuore da un avvocato penalista di Verona.
Lucia Maestri, 17 agosto 2013 

Ovviamente, due casi di cronaca del genere sono stati attenzionati dai mass media; giornali, TV, internet hanno puntato i loro riflettori su queste due tragedie, sul dolore dei familiari, dei figli (Antonella è morta davanti al figlio di soli quattro anni che ha visto tutto).

Oggi è il 17 agosto e quelle due notizie sono già state dimenticate. Avanti con la vita! Non è successo nulla. Sono anni che non succede nulla in questo paese. Non succede nulla quando un operaio, senza lavoro a causa della crisi, si da fuoco per disperazione davanti Montecitorio; non succede nulla quando ci sono anziani i quali non riescono a vivere con la loro pensione che vengono trovati a rubare una bistecca al supermercato perchè hanno fame!; non succede nulla quando un ragazzo di 14 anni si getta dal tetto di casa sua perchè gay.

No, però, aspettate. Qualcosa succede. La Cassazione conferma la condanna a quattro anni di reclusione per frode fiscale a Silvio Berlusconi e giù lacrime, manifestazioni, video appelli in mondovisione, striscioni in cielo, addirittura, minacce di guerra civile. Caspita, non ho mai capito nulla proprio. Questo paese rotola nell'odio, nell'ignoranza, nella prevaricazione, nel pregiudizio e nella violenza e il problema è la cosiddetta agibilità politica di Berlusconi. Che sciocca che sono a pormi altri problemi.

No davvero, perdonate il mio sarcasmo, ma a volte mi chiedo davvero, senza retorica, dove vivo, che paese lascio a mia figlia e alle giovani generazioni. Ma è possibile che non riusciamo ancora a capire che dalla crisi non si esce solo con provvedimenti di tipo economico, che servono per carità, ma anche mettendo in campo delle politiche di prevenzione dei reati, di educazione al rispetto della parità di diritti tra uomini e donne, di tutela verso i soggetti più deboli della società? Vogliamo cominciare ad educare non solo i giovani, ma anche gli adulti al rispetto della vita, delle persone e, magari, in particolare delle donne, dei bambini, degli anziani, cioè quelle categorie di persone verso le quali dovremmo rivolgerci con amore, con sensibilità, invece che considerarle proprietà personali o scarti della società?

L'Italia purtroppo è un paese estremamente arretrato dal punto di vista dei diritti civili e dei diritti umani. L'attenzione verso i soggetti più deboli è scarsa e inappropriata.

Prendiamo il fenomeno del femminicidio. Ottime le misure per la prevenzione e il contrasto alla violenza di genere contenute nel decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri riguardanti, nello specifico, la violenza sulle donne, lo stalking e i maltrattamenti in famiglia, però non basta, soprattutto perchè sono misure rivolte in particolar modo a punire atti di violenza che hanno già avuto luogo. Bisogna senz'altro punire gli assassini e i violenti, ma prima ancora bisogna proteggere le donne! Mi sono stancata di sentire di uomini arrestati per aver ucciso mogli, compagne, figlie. Vorrei che un giorno, un giornalista raccontasse la storia di una donna che è tornata a vivere, che è serena, che lavora e ha una sua vita, magari un nuovo compagno più amorevole, più sensibile, con il quale ha costruito una famiglia. Sogno una notizia del genere.

Perchè questo sogno si realizzi, ritengo sia necessario che al decreto legge approvato l'8 agosto 2013 ne segua un altro che miri a rendere più efficaci le finalità perseguite dalle norme contenute nel primo. In particolar modo, credo siano tre i punti su cui impostare un serio programma per la prevenzione e il controllo della violenza verso soggetti sensibili come le donne, senza dimenticare i minori e gli anziani:


  • Questione dei diritti civili. Innanzitutto, bisogna ricordare che il reato di femminicidio è la conseguenza di un frame culturale dove la donna è subalterna all'uomo in termini di diritti civili. Fondamentalmente il problema si risolve se ci poniamo come macro obiettivo il ripristino di una condizione di parità di diritti e doveri tra uomo e donna. Va garantito e applicato il principio di uguaglianza tra gli individui, considerando al contempo che il reato di femminicidio va contestualizzato in un dibattito che miri a rendere la nostra società meno violenta, più civile e comprensiva.
    Per questo motivo, credo che bisogna pensare ad un pacchetto di misure legislative miranti alla definizione di una nuova cornice culturale della nostra società dove il paradigma della virilità maschile, che sfocia poi nella possessività e quindi nella violenza, venga sostituito dal paradigma del prendersi cura delle persone e dei loro sentimenti.

     
  • Attendibilità dei dati. Riguardo il reato di femminicidio devo, purtroppo, rilevare che non esistono statistiche con dati assolutamente attendibili. Sia Fabrizio Tonello, docente di Scienza politica presso l’università di Padova, sul Fatto Quotidiano che Davide De Luca su Il Post denunciano in modo diverso lo stesso problema. La mancanza di numeri certi genera un grave problema di informazione e di rappresentazione del fenomeno di cui ci si vuole occupare perchè si finisce per avere più tabelle a disposizione che permettono a chiunque di leggere gli avvenimenti come desidera, a prescindere dalla loro reale gravità. Va, inoltre, ricordato che il legislatore farà grande fatica a stabilire norme efficaci se lui stesso non conosce l'entità del problema che è chiamato ad affrontare.
    A fronte di ciò, il governo potrebbe creare una banca dati per quel genere di reati imputabili alla violenza verso le donne, ma anche all'omofobia, al bullismo e all'odio verso gli immigrati. Una grande banca dati alla quale si potrebbero rifare tutti i soggetti istituzionali, ma anche quelle associazioni che combattono questo tipo di crimini e le dinamiche che li determinano, per rendere più efficaci le politiche pubbliche elaborate relativamente alla risoluzione di queste problematiche.

     
  • Strumenti e risorse. Come ho già affermato, il decreto legge del governo Letta che va ad inasprire le sanzioni sullo stalking e la violenza sessuale è senz'altro un buon inizio; un cambio di rotta che dimostra come si stia tentando di cambiare il nostro modo di pensare. Tuttavia, ci vuole qualcos'altro oltre alla buona volontà. Ci vogliono strumenti e risorse. Ad esempio, le strutture di accoglienza per le donne vittime di violenza sono decisamente poche se pensiamo che rispetto ai 5700 posti letto previsti dalle direttive europee, sono appena 500 in Italia i posti disponibili. Metterci alla pari con queste direttive sarebbe già un buon inizio, ma poi magari occorrerebbe anche potenziare i centri anti-violenza e, ancora, far sì che in ogni città vi sia un certo numero di agenti di polizia specializzato nell'affrontare problematiche del genere sia in termini di prevenzione che di repressione del reato. A riguardo, le parole di Pierfrancesco Majorino, non uno qualsiasi ma l'assessore alle Politiche sociali e alla Cultura della salute del comune di Milano, che stamattina sul suo profilo facebook denunciava come il governo stia pensando di limitare i fondi per i centri antiviolenza non mi tranquillizza neanche un po'. Spero che sia solo una voce, perchè sarebbe assurdo e, a fronte dei recenti avvenimenti, una decisa presa per i fondelli nei confronti delle donne e della cittadinanza intera.

Ecco, spero che dopo il buon avvio segnato dal DDL dell'8agosto, il parlamento e il governo, non si rilassino, e decidano di mettere in campo questo tipo di provvedimenti per rendere l'Italia un paese civile. Ne abbiamo un disperato bisogno. Abbiamo bisogno di rassicurare i nostri giovani, almeno su questo aspetto, consegnando loro un luogo di pace e dialogo e non di violenza e odio. Già vivono una condizione di precarietà socio-economica che non permette loro di programmare la vita, facciamo almeno in modo che non vivano in un paese che si abitui al sangue e alla disperazione delle innocenti, salvo indignarsi giusto per 48 ore ovviamente. No, un paese così non lo voglio e non lo sopporto e mi indigno fin d'ora e non starò mai in silenzio fino a quando le cose non cambieranno. Sul femminicidio non si scherza e bisogna fare di più!




Nota sulle immagini usate per questo post: si tratta di foto scattate da Katia Ostanel, blogger di Asti, e caricate sul suo blog kappao.wordpress.com per raccontare un progetto d’arte pubblica di Elina Chauvet che ha avuto luogo a Torino nel marzo 2013 e curato per l'occasione da Francesca Guerisoli, realizzato per la prima volta nel 2009 a Ciudad Juárez, raccogliendo 33 paia di scarpe rosse in memoria delle centinaia di donne uccise nella città messicana e per le quali fu coniato il termine “femminicidio”.
L'installazione denominata “Zapatos rojos - Scarpe rosse”, in collaborazione con il Tavolo torinese per le Madri di Ciudad Juárez e Amnesty International, è stata realizzata sabato 2 marzo dalle ore 11.00 alle ore 18.00 in piazza Castello a Torino. Le scarpe rosse rappresentano una marcia di solidarietà verso queste donne sparite. “Scarpe vuote, che simboleggiano il vuoto lasciato da ogni singola donna scomparsa sia nei propri cari sia nella società. Sono qui contro la violenza sulle donne a qualunque latitudine. Contro l’assuefazione, contro l’impunità, per la giustizia.”