Il risultato del Pd alle elezioni del 27 ottobre è fondamentale per il successo della coalizione e del candidato presidente, ma anche perché si possa dire che c'è ancora una prospettiva per questo partito. Il rischio, infatti, se il Pd non dovesse confermarsi come la prima forza politica del Trentino, è che si vada verso uno scenario di dissoluzione dei vincoli delle diverse aree politiche che hanno dato origine al Pd».
L. Patruno, "L'Adige", 19 agosto 2013
L'assessore provinciale all'industria, artigianato e commercio, Alessandro Olivi, sembra aver superato lo sconforto seguito alla sconfitta alle primarie per il candidato presidente, nelle quali la latitanza del partito è stata clamorosa regalando la vittoria al Patt, e si mostra deciso a far sì che il Pd riesca a presentarsi con una lista competitiva alle elezioni provinciali di ottobre, consapevole che il clima è molto diverso da quello del 2008.
Olivi guiderà la lista del Partito democratico ed è stato recentemente incaricato dal partito di svolgere il compito di coordinatore per il programma e per la campagna elettorale, nonostante i mugugni dell'area che fa riferimento al capogruppo provinciale Luca Zeni, che invocava un deciso cambio di rotta dopo le primarie, ma che si è ritrovata in minoranza.
Assessore Olivi, il Pd ha perso un recordman di preferenze come Alberto Pacher e non avrà più in lista neppure Marta Dalmaso e Margherita Cogo, con il loro bel pacchetto di voti, che hanno raggiunto il limite di mandati. Come pensate di poter anche solo avvicinarvi al risultato elettorale del 2008? Avete nomi competitivi?
Non c'è dubbio che oggi la situazione è completamente differente rispetto al 2008. Allora il Pd era appena nato e si presentava ricco di speranze con il suo progetto aperto a diverse componenti culturali. Era la forza trainante più popolare e rappresentativa e Alberto Pacher era il fulcro di questa stagione di successi. Io già durante la campagna per le primarie avevo espresso l'esigenza di serrare le fila, abbandonare la tentazione all'inerzia per fare uno sforzo di reattività e ritrovare motivazione. Non è stato così, ma ora dobbiamo guardare avanti e non serve recriminare. Un grande partito deve dimostrare la capacità di rimettersi in cammino senza sprecare energie nei tatticismi interni e negli individualismi.
Ma lo ritiene possibile visto che non siete riusciti neppure a trovarvi d'accordo sul nome di un segretario per pochi mesi che prendesse il posto del dimissionario Nicoletti?
Mi auguro che l'assemblea del 26 agosto chiuda questo dibattito sugli assetti interni, affidandoci a una persona che sia capace di fare sintesi. Penso che l'assessore comunale Italo Gilmozzi sia la figura adatta. Lo vedo capace di ricostruire quei legami tra il partito e il mondo reale che si sono persi e mi auguro, se sarà lui, che sappia preservare il Pd dall'errore di definire pluralismo del partito l'accettare che tutti facciano quello che vogliono, compreso costruire percorsi paralleli di autopromozione.
Si riferisce a Luca Zeni e Donata Borgonovo Re?
Parlo di chi usa il partito come veicolo per la propria autoaffermazione con un'idea di Pd come somma stratificata di individualità litigiose. In questi giorni sto contattando molte persone come possibili candidati alle elezioni di ottobre e tanti mi dicono che sarebbero disponibili se il Pd non avesse questo livello così alto di litigiosità ma sapesse esprimere una sintesi condivisa.
Ma come sceglierete i candidati? Gli uscenti ci saranno tutti?
Penso che chi ha alle spalle una sola legislatura, assessore o consigliere, sia giusto che possa proseguire il suo impegno. Non penso invece che per presentare una lista competitiva oltre agli uscenti basti mettere in fila qualche amministratore locale, sindaci o assessori, proposti dai territori. L'ho detto alla commissione elettorale.
Ma come? Si stanno già facendo i nomi come quelli di Alessio Manica, Gigi Olivieri, persino Adalberto Mosaner. Non vanno bene?
Non dico no agli amministratori, dico che non possiamo pensare di completare la lista solo con personale del ceto politico del Pd, ma dobbiamo cercare di fare uno sforzo per andare oltre, con candidature espressione di mondi diversi dell'impresa, del lavoro, della sanità, della cultura, per dimostrare radicamento e acquisire nuove competenze. Il Pd deve superare gli stereotipi del partito del settore pubblico, lasciando all'Upt il ruolo di rappresentare i ceti produttivi e al Patt la cultura delle valli. Deve cercare di mescolare mondi, competenze e sensibilità diverse, facendole parlare tra loro, come una squadra. E questa è poi la sfida del progetto originario del Pd. Noi non vogliamo un Trentino localistico ma moderno, aperto e solidale. Solo così possiamo rimotivare gli elettori.
Pensa che il Pd potrebbe concedere una deroga ad Elisa Filippi consentendole di candidarsi alle elezioni provinciali nonostante si sia candidata alle primarie per le politiche?
Io sono scettico sulle regole che impediscono le candidature, ma quando un partito se le dà è serio che si rispettino per non essere contraddittori e ambivalenti. È vero, però, che la valutazione non può essere asettica. E se c'è una presenza giovane e di valore che potrebbe rafforzare la squadra non può essere un formalismo a decidere per noi.
Già questa settimana la commissione elettorale del Pd, presieduta da Piergiorgio Sester, tornerà a riunirsi per discutere dei 34 candidati da mettere in lista.Degli uscenti non ci saranno il presidente Alberto Pacher , dopo il suo noto «gran rifiuto» e Marta Dalmaso con Margherita Cogo per raggiunto limite di mandati e non avendo alcuna intenzione come hanno dichiarato fino ad ora di chiedere la deroga.
Si ripresenteranno, invece, l'assessore Alessandro Olivi , già indicato come capolista, e i consiglieri provinciali Luca Zeni, Bruno Dorigatti, Mattia Civico, Sara Ferrari, Michele Nardelli, Andrea Rudari , restano 27 caselle da riempire. Gli aspiranti non mancano all'interno del Pd, mentre - come racconta Olivi che sta contattando nomi nuovi - sembra più difficile del previsto per il Partito democratico riuscire a pescare nella cosiddetta «società civile».
I nomi che circolano sono soprattutto quelli di amministratori locali pronti a fare il salto dal comune o la Comunità di valle verso il consiglio provinciale, spesso perché al prossimo giro non potranno più ricandidarsi. E il caso delle due assessore comunali di Trento, Lucia Maestri e Violetta Plotegher (nella foto insieme ), ma si fanno anche i nomi del sindaco di Villalagarina Alessio Manica , l'assessore comunale di Riva, Maria Flavia Brunelli ma anche il sindaco in carica, Adalberto Mosaner non ha escluso che potrebbe pensarci anche se dovrebbe dimettersi da sindaco portando il comune a elezioni anticipate.
Poi ad Arco c'è l'ipotesi Tarcisio Michelotti e l'ex sindaco Renato Veronesi . Dalle Giudicarie viene il nome di Gigi Olivieri , ex deputato ora assessore alla Comunità di valle che non ha nascosto di voler tornare in auge sulla scena politica provinciale.
Dalla Bassa Valsugana arriva invece un nome pescato fuori dal circolo degli amministratori ed è Renzo Cescato , presidente di Ecoopera e di Cooperfidi. Nell'Alta Valsugana, invece, rispunta il nome di Carlo Stefenelli , che è stato sindaco di Levico, e poi Andrea Nardon , che è consigliere comunale a Baselga di Piné. In val di Non si vorrebbe puntare su Rolando Valentini , ex sindaco di Tassullo e ora assessore nella Comunità di valle. Si fa poi il nome di Beppe Ferrandi , direttore del Museo storico di Trento, la risposta del Pd allo storico del Patt, Lorenzo Baratter.
Margherita Cogo, dopo tre legislature in consiglio provinciale, ad ottobre non sarà più in lista perché il Pd mette un tetto ai mandati e non intende neppure chiedere deroghe per poter restare comunque in pista. «Non ho alcuna intenzione di chiedere la deroga - assicura Cogo - mentre penso che la commissione elettorale dovrebbe considerare la deroga per Elisa Filippi perché è una giovane donna con autonomia di giudizio e idee bel chiare». Filippi si era candidata alle primarie per le elezioni politiche di febbraio. Riuscì a battere la deputata uscente Laura Froner piazzandosi dietro il segretario Michele Nicoletti. Roma però impose come capolista Gianclaudio Bressa e al terzo posto la bolzanina Luisa Gnecchi così Filippi nonostante il successo alle primarie si ritrovò beffata al quarto posto in lista senza possibilità di entrare in Parlamento. La regola che il Pd si è data è che un candidato alle primarie non può candidarsi alle provinciali.Ora, però, sia dal circolo di Rovereto, dove Filippi risiede, sia da altre zone della Vallagarina e da Trento più voci si sono fatte sentire con la commissione elettorale presieduta da Piergiorgio Sester per chiedere di considerare l'ipotesi di una deroga per la giovane responsabile dei comitati per Renzi in Trentino.Elisa Filippi è lusingata ma non si fa illusioni e dice: «Sono molto felice perché ho ricevuto varie sollecitazioni da persone diverse. Io rispetto il regolamento sottoscritto 8 mesi fa perché penso che la coerenza sia importante. Detto ciò se la richiesta fosse particolarmente forte e la deroga condivisa all'unanimità sarebbe diverso. In ogni caso io farò la mia parte alle provinciali per fare vincere il Pd anche se non sarò candidata».