Leggo le affermazioni di Luca Zeni sulla scelta di Olivi come capolista e, benchè personalmente abbia sempre cercato di tenere il dibattito nelle sedi opportune, non posso più tacere. Chi è capogruppo più di altri dovrebbe rispettare il partito, il suo bene, ed i suoi organi. Quindi anche le scelte della commissione elettorale che avrà occasione di discutere quando la proposta approderà in assemblea.
Alessio Manica, "Trentino", 4 agosto 2013
Ma la costruzione di un’immagine probabilmente sta prevalendo su un po’ di banale disciplina. Purtroppo anche il nostro Capogruppo ha metodicamente usato la stampa per rafforzare la propria immagine indebolendo conseguentemente quella della squadra, l'intervento di oggi è emblematico: criticare una scelta della commissione e un'altra figura del partito per etichettarli come l'altro "la nomenclatura" sorda alla voce degli elettori e se stessi come la vera voce dell'elettorato.
La conferma di Olivi come scelta di punta del Pd è una scelta logica per un partito che riconosce il valore e l'impegno delle persone, ma forse a qualcuno piace di più il partito tritacarne quello che è riuscito a spingere al passo indietro anche Pacher. Si spera di fare lo stesso con Olivi?
La generosità di Zeni, per ora autoriconosciuta, è pari a quella di molti altri nel partito e comunque il passo indietro che ha permesso l'individuazione di Olivi all'unanimità, chi c'era alle votazioni di quei giorni lo sa, è stata motivata dalla constatazione che i numeri davano ormai la maggioranza dell'assemblea concorde sulla figura di Alessandro. Smettiamola con questa costruzione di una falsa immagine dei puri e corretti da una parte e la nomenclatura falsa e manovratrice dall'altra: è un insulto costante a buona parte della partito.
Incentrare l'attenzione su Pinter e sulla sola dirigenza provinciale è una modo ipocrita e strumentale per addebitare mediaticamente le colpe a poche figure magari scomode, nascondendo la responsabilità ben più diffusa che ha radici in molti comportamenti e gesti degli ultimi anni.
Il PD ha perso, e l'ho già detto più volte, per l'immagine che ha dato in questi anni non nelle settimane delle primarie. Se avessimo fatto le primarie interne avremmo solo accertato prima questa crisi.
Abbiamo perso per la grande capacità (per alcuni e pochi volontà) di mettere in difficoltà i nostri leader, pensiamo ad Ale Pacher, per la chiara percezione che trasmettiamo ormai ininterrottamente di una sommatoria di correnti distanti, per l'incapacità di sintesi interna che dovrebbe sempre far prevalere l'interesse del partito sui singoli, per l'assenza di una disciplina vera di chi lo rappresenta.
Non abbiamo perso perché abbiamo sbagliato candidato alle primarie, ed il fatto che lo dica chi voleva essere candidato e che aveva iniziato la propria promozione prima che il partito decidesse di farle è emblematico. Solo un non partito mette in discussione che il proprio candidato presidente non lo rappresenti a sufficienza per fare capolista, sono gomitate che di certo non servono al partito ma a far spazio a chi le dà.