È il tempo della palingesi, per un partito aperto, in grado di assumersi responsabilità di governo perché non vede il cambiamento come un fine, ma come un processo per innescare un vero progetto di sviluppo. Un Partito che valorizza e sollecita l'impegno politico dei propri amministratori, che viaggia nei circoli e nei territori, perché è un partito fra la gente, per la gente e non relegato all'introspezione nelle sale del «potere».
Elisa Filippi, "L'Adige", 2 agosto 2013
Guardarsi dentro rende ciechi, sosteneva il filofoso Paul Watlawick, e sembra che da mesi il Partito Democratico Trentino si stia impegnando con determinazione in quest'opera, pena la cecità.
Poco è valsa la sconfitta del Pd nelle elezioni politiche nazionali, se la classe dirigente trentina non ha fatto altro da quel momento che accapigliarsi su regole e metodi discutere la distribuzione di cariche, il tutto senza mai sfiorare i temi caldi del dibattito politico. Eppure, il Trentino si trova oggi in una fase quanto mai importante per il proprio destino: al termine di un lungo ciclo di governo che ha sostanzialmente garantito un discreto livello di benessere e coesione sociale, al riparo tuttavia dall'ansia della crescita, e all'inizio di una nuova stagione che richiederà più coraggio e visione per rendere il territorio sano e competitivo, aperto all'Europa e con un tessuto imprenditoriale attrattivo su mercati mondiali. Il confronto sarebbe ricco e la sua complessità giustificherebbe le diversità di vedute anche in casa Pd, come in ogni Partito dove esiste una dialettica interna. Il problema è che i conflitti democratici sembrano essere scarsamente caratterizzati da una connotazione politica: tra accuse di boicottaggi o di personalismi, di arroganza o di scarsa apertura, di regole contestate e di resa dei conti, la vera assente è la sostanza politica.
I cittadini non assistono ad un confronto su visioni di sviluppo del Trentino, ma sulla collocazione in lista, sulla gestione del potere interna al Partito, in un Pd in cui gli elettori sono scarsamente consultati, mentre il potere è lasciato nelle mani delle correnti, datate e rappresentative di un Partito ormai radicalmente mutato nel tempo.Nonostante ciò sento il Partito Democratico come la mia casa politica, e molte cittadine e cittadini in questo momento, in particolare in Trentino, stanno implorando affinché gli attuali protagonisti del dibattito politico interno assumano un senso di responsabilità ed evitino di demolire definitivamente quella casa che è stata costruita non solo dall'attuale classe dirigente, ma anche e soprattutto dalla generosità, dall'impegno, dall'entusiasmo dei trentini che negli anni vi hanno aderito e l'hanno animata.
Basta guardarsi dentro, è giunto il tempo, inderogabile, per aprire lo sguardo all'orizzonte, perché rispetto ai trentini tutti avete, tutti abbiamo, un'importante responsabilità. In un momento in cui aumenta la gente, anche in Trentino, che fatica ad arrivare a fine mese, o ci pensa due volte prima di dare vita ad un figlio, non c'è spazio per liti intestine, per porre veti rispetto al proprio impegno politico; è il tempo della responsabilità e dell'apertura, dell'elaborazione di proposte efficaci per la risoluzione dei problemi più drammatici ed il raggiungimento di obiettivi di sviluppo.
È il tempo della palingesi, per un partito aperto, in grado di assumersi responsabilità di governo perché non vede il cambiamento come un fine, ma come un processo per innescare un vero progetto di sviluppo. Un Partito che valorizza e sollecita l'impegno politico dei propri amministratori, che viaggia nei circoli e nei territori, perché è un partito fra la gente, per la gente e non relegato all'introspezione nelle sale del «potere». La sfida di ottobre non è una gara tra individualismi, ma è la sfida per costruire un Trentino vivo, all'altezza dei sogni della gente che lo anima.