Olivi: ora basta, il Pd scelga tra me e Zeni

Olivi: «Quello di Zeni è cannibalismo politico. È ora che gli organismi dirigenti del Pd dicano stop a questo scempio, chiedo rispetto per la mia storia». Zeni: "C’è chi è preoccupato delle proprie garanzie personali, io non ne ho mai chieste".
C. Bert, "Trentino", 1 agosto 2013


«Non accetto lezioncine di moralità politica da Luca Zeni». Basterebbero queste parole di Alessandro Olivi per raccontare fino a dove è arrivato il grado dello scontro dentro il Pd trentino.
A sferrare l’attacco ( Trentino di ieri, ndr) è stato il capogruppo in consiglio provinciale, che ha accusato Olivi di pensare alle poltrone e si è detto esterrefatto della sua indicazione come capolista da parte della commissione elettorale.
La risposta a distanza dell’assessore all’industria, e candidato del Pd alle primarie, non si è fatta attendere: «Quello di Zeni è cannibalismo politico. È ora che gli organismi dirigenti del Pd dicano stop a questo scempio, chiedo rispetto per la mia storia».
Assessore Olivi, Luca Zeni ha detto che lei è in cerca di garanzie personali, mentre lui non ne ha mai chieste. Ho trovato le sue parole e le sue mezze allusioni altamente sgradevoli, anche se non mi hanno più di tanto sorpreso. Avevo già notato una certa veemenza nel cercare di capitalizzare il risultato negativo delle primarie.
Non trova che lo scontro totale in atto tra correnti e tra dirigenti rischia di far implodere il Pd? Infatti io non mi preoccupo affatto del giudizio che Zeni ha di me e che è noto da tempo, il problema è che questo sistematico screditamento dei percorsi decisionali collettivi del partito e il tentativo di indebolire alcune sue figure produrranno danni non solo al Pd ma a tutta la coalizione. Quelle di ottobre saranno elezioni complicate e senza un Pd forte, che vuol dire compatto, rischiamo di mettere a rischio il risultato. Come si fa a stare nello stesso partito dandosi reciprocamente giudizi così pesanti tra dirigenti? Le parole di Zeni mi confermano che questo partito deve ancora fare molta strada per essere una comunità politica. Qui manca la solidarietà. Perché o tra di noi ci si fida e c’è un sentimento di appartenenza ad una storia politica, e non ci si considera avversari, o questo non è un partito. Questo è cannibalismo politico, è rincorsa al successo personale.
È questo che pensa di Zeni? Di certo non accetto lezioncine di morale politica da chi ha cercato di costruire spazi politici molto caricati sulla propria figura. Io non ho mai chiesto nulla né prima né dopo le primarie. Non ho costruito miei comitati o cordate finalizzati a un percorso parallelo al mio impegno amministrativo. Sono sempre stato libero e ne ho pagato le conseguenze anche alle primarie, dove questo ha significato anche essere solo. È stato il Pd a chiedermi di candidarmi e io ho accettato assumendomene i rischi e dando tutto quello che potevo.
Le primarie le avete perse ma lei si è comunque proposto come capolista. Perché, da sconfitto? Ero a un bivio, potevo disimpegnarmi oppure non tirarmi indietro e non deresponsabilizzarmi. Da quel giorno non ho coltivato aspettative e una commissione elettorale libera ha fatto le sue valutazioni. Se la si delegittima e dal primo giorno si mette in discussione la persona individuata, non ci siamo proprio.
Si dice che lei avrebbe minacciato, se non fosse stato capolista, di lasciare il Pd e candidarsi altrove. È vero? Assolutamente no, io non ho mai forzato. Ho solo detto, in privato, che volevo capire se la richiesta che il Pd mi aveva fatto di essere il candidato presidente era un’esercitazione o aveva un significato politico. Nel primo caso avrei tratto le mie conseguenze.
Ora è stato indicato capolista, la ritiene una conferma sufficiente? È un incarico che deve avere alla base la fiducia del partito. Io rifletterò qualche giorno su questa inaccettabile speculazione che è stata fatta. So di avere con me la grande maggioranza delle persone che vogliono un certo Pd, però credo che sia giusto che gli organismi di questo partito prendano in mano la situazione e dicano stop a questo scempio. Io sono veramente stufo.
Sta chiedendo una presa di posizione dei dirigenti mentre il segretario è dimissionario? L’ho chiesta al segretario, pur dimissionario, e al presidente. Se tutti possono dire tutto, compreso delegittimare la commissione elettorale, questi personalismi danneggeranno il Pd e la coalizione.
Ritiene che nel Pd non ci sia posto per Zeni? Io non ho diritto di dire per chi c’è posto. Ma prima o poi si dovrà arrivare a sciogliere questa ambiguità. A tre mesi dalle elezioni c’è bisogno di tutti, ma chiedo rispetto per me e per la mia storia.




L'intervento di ieri di LUCA ZENI ("Trentino", 31 luglio 2013)

«Olivi? Pensa ai ruoli Io non ne ho chiesti»

«Dobbiamo prendere atto che il Pd ha perso la partita più importante, una partita che doveva stravincere, e oggi per recuperare credibilità dobbiamo dare un segnale chiaro di cambiamento. Prima dentro di noi per poterlo fare poi per il Trentino». Luca Zeni, capogruppo provinciale, domenica in assemblea aveva detto no ad Alessandro Olivi coordinatore del partito e no a Olivi capolista, chiedendo di cambiare subito la linea politica. Ventiquattr’ore dopo la commissione elettorale ha deciso per Olivi capolista e Zeni non risparmia un affondo nei confronti del candidato alle primarie: «C’è chi cerca garanzie personali, io non ne ho mai chieste». Zeni, quindi il capolista è deciso.
Che dice? Non dobbiamo enfatizzare troppo questo ruolo, tante volte si va in ordine alfabetico. Non è quello che cambia. Ma politicamente? Certo, è un segnale politico. Ho detto e ripeto che certe forzature lasciano increduli. Da che mondo è mondo il capolista si decide dopo che si ha una lista e non prima, dopodiché facciano quello che vogliono. C’è chi è più interessato a ruoli personali che possono garantire posizioni e chi cerca di lavorare per il Trentino.
Quando parla di chi cerca posizioni personali si riferisce a Olivi? Beh, è lui che si è autocandidato per fare il capolista. Io quel ruolo non lo rivendico, lo ho già rifiutato quando me l’hanno proposto nel pieno delle trattative sul candidato unico.
Non crede che per gli elettori Pd sia un problema avvertire questa sfiducia tra dirigenti dello stesso partito? C’è chi è preoccupato delle proprie garanzie personali, io non ne ho mai chieste. La storia degli ultimi mesi dimostra che il sottoscritto può parlare dalla posizione di chi, per il bene del partito, ha fatto tutti i passi indietro possibili, per senso di responsabilità e per non penalizzare il candidato indicato dal partito. Oggi viene giustificata la sconfitta dicendo che è colpa di tutti. Io credo che il senso di responsabilità oggi non è non litigare per dimostrare un finto unanimismo, ma affrontare i nodi politici sul futuro del Trentino.
Lei ha dato dei giudizi pesanti sui dirigenti Pd, incollati alle poltrone. Il segretario ha confermato le sue dimissioni irrevocabili. Si aspetta che lo stesso passo lo faccia il presidente Pinter? Qui non si tratta di singole persone, Nicoletti è una persona che stimo. Non è questione di chiedere la testa di Tizio o Caio. Qui abbiamo subito la più grave sconfitta del Pd e di fronte a questo risultato anche la base ci chiede dei segnali di cambiamento. A me pare che il vero responsabile della campagna elettorale è stato Pinter e quindi è chiaro che la valutazione sul gruppo dirigente va fatta insieme, parlare solo di Nicoletti non sarebbe corretto.
Non avete trovato un accordo in due settimane. Cosa dovrebbe cambiare nei prossimi giorni? La richiesta forte è di chiudere in fretta. La palla è ancora una volta in mano a Pinter che decide quando convocare l’assemblea. Mi preoccupa che si dica che verrà convocata solo dopo un’intesa, non funziona così. Se si convoca, l’accordo si trova. Il passaggio delle dimissioni di Nicoletti oggi ci costringe a farlo. L’importante è che non sia un compromesso al ribasso con una spartizione di ruoli per garantire tutti ma la volontà di dare il segnale che si cerca di recuperare la credibilità che in parte si è persa.
Nome secco o terna? Troviamo dei nomi validi. Uno farà il segretario, uno il presidente, uno che tiene i rapporti con i circoli, ma è più facile che si ragioni su una pluralità di ruoli. Lei ha detto che bisogna cambiare linea politica.
Chi la decide senza un congresso? La mia logica è che se ti schianti sugli scogli, cerchi di raddrizzare la rotta. Politicamente, prendi atto del messaggio che i cittadini ci hanno mandato alle primarie.
Nessuno ha la riprova che con Zeni il Pd avrebbe vinto, o no? Abbiamo perso, i cittadini hanno bocciato una strada e sono gli eventi a determinare l’evoluzione. Oggi Renzi corre, se lo lasciano, per la segreteria del Pd e Bersani no. Io non ho mai ambito a ruoli per il sottoscritto. Purtroppo l’immagine del Pd trentino è quella di un partito apparato come quello di Roma.
La sua proposta di un congresso adesso era una provocazione? Mezza provocazione. Di fronte a uno stallo meglio dare la parola ai cittadini. Ma io spero che un accordo si trovi.