Primo: sostegno leale a Ugo Rossi, che ha vinto le primarie. Secondo: azione incisiva sul programma, «perché molte delle nostre istanze vengano accolte dalla coalizione». Terzo, ma non ultimo: una lista di candidati capaci, generosi e soprattutto popolari. E, già che ci siamo, anche un nuovo segretario per guidare il partito da qui alle elezioni di ottobre. Ecco quello che - secondo il sindaco di Trento Alessandro Andreatta - serve al Partito democratico per essere credibile e confermarsi primo partito nelle urne. C. Bert, "Trentino", 18 luglio 2013
La batosta delle primarie è stata pesantissima e lo choc è tutt’altro che smaltito. Sindaco Andreatta, qual è la sua analisi del voto? Cosa è mancato al Pd? Abbiamo avuto la riprova che le primarie non sono uno strumento per tutte le stagioni, e intendo dire anche le stagioni politiche. Bisogna dare atto a Ugo Rossi e al Patt di averle usate al meglio. Il Pd aveva già subito delle sconfitte in altre occasioni, penso a Milano, Palermo, Genova, Parma, Napoli. Penso che da parte di alcuni siano state affrontate con scontatezza, della serie “tanto ce la facciamo”, e questo vale sia per i dirigenti che per gli elettori. Dunque è d’accordo con chi dice che le ragioni della sconfitta vanno cercate nella scarsa mobilitazione organizzativa? No, io dico che le ragioni sono politiche non solo organizzative. Sia il Pd nazionale che quello provinciale non hanno stimolato molto ad andare al voto, quando la gente vede prevalere la litigiosità e le logiche personalistiche non capisce e matura sfiducia anche negli strumenti di partecipazione come le primarie. In queste settimane di campagna elettorale ho sentito più d’uno dire “stavolta non sono convinto, stavolta non vado a votare”. Il Pd ha perso l’occasione di avere la leadership della coalizione. Ora da dove deve ripartire secondo lei per recuperare? Innanzitutto voglio dire che è una situazione recuperabile. Io penso che il nodo sia il tipo di partito che vogliamo essere. Per deciderlo serve un congresso, che naturalmente non potrà che svolgersi dopo le elezioni provinciali. È lì che il Pd dovrà decidere se vuole essere ancora il partito delle origini, a vocazione maggioritaria, un partito che vuole aprirsi e rivolgersi a tutti proponendo un programma riformista, oppure se vuole essere un partito di sinistra. Pensa che nel Pd trentino questa sia la linea maggioritaria? Ho l’impressione che ci sia qualche dubbio sulla vocazione maggioritaria, che è quella del Pd di Veltroni che io ho sempre sognato e per il quale mi sono impegnato. Un Pd con un approccio di governo anche quando è all’opposizione. Lei dice che serve il congresso ma fra tre mesi ci sono le elezioni e i vertici, a partire dal segretario, rimetteranno il proprio mandato. Pensa che l’assemblea debba accogliere le dimissioni? Lo deciderà l’assemblea di cui io non faccio parte. Discuteremo nel partito, nei prossimi giorni. Io dico che chiunque avrà la responsabilità di guidare il partito fino al 27 di ottobre deve essere un riferimento, una persona di cui la gente si fida, qualcuno che abbia molto tempo ed energie da dedicare al Pd, qualcuno che sappia trasmettere autorevolezza ed entusiasmo. Tra i vostri militanti c’è già chi avverte che non voterà un Pd che sostiene Rossi presidente. Io penso che bisogna assolutamente tenere unita la coalizione e che il Pd debba dare un sostegno leale a Ugo Rossi. Non si possono fissare insieme le regole del gioco e poi disconoscerle se si perde. So bene che qualche interrogativo tra gli elettori c’è, ma non credo ci sia questa tentazione in chi, nel mio partito, porta responsabilità di governo o politiche. Da parte sua, Rossi dovrà cercare di essere anche il candidato dei centri urbani, di Trento, Rovereto, Riva e Arco, che insieme valgono 200 mila abitanti. Quale spazio di azione potrà ricavarsi il Pd nelle prossime settimane? Ci giocheremo molto della nostra credibilità sul programma. Spetta al candidato presidente presentare la bozza, ma il Pd sarà credibile se dimostrerà di esserci e riuscirà a far sì che molte delle nostre istanze diventino programma della coalizione. Ma c’è un altro passaggio importante. Quale? La lista dei candidati. La gente dovrà dire: “La voto perché è una lista troppo bella”. Dovrà essere composta di persone serie, inattaccabili sul piano personale, capaci e competenti, generose verso il Trentino. E soprattutto sono convinto che dovranno essere persone popolari, con uno stile politico di dialogo con la gente, perché solo così si vince la disaffezione verso la politica. Alessandro Olivi si è proposto come capolista. Lei è favorevole a questa ipotesi? Ci sono delle ragioni perché possa essere così, Olivi rappresenta la continuità rispetto all’amministrazione uscente, che in queste elezioni non vedrà presenti Pacher e l’assessore Dalmaso, e la rappresenta con una carica innovativa. Ma sono scelte che farà il partito.
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Partito Democratico del Trentino