L’assessore: «La sconfitta non è mia, ma di una parte del partito» «Miorandi? Mai visto né sentito». «Leale a Rossi, ora squadra e programma».C. Bert, "Trentino", 16 luglio 2013
«Non è stata una mia sconfitta. È stata la sconfitta di quella parte del Pd che pensa che si possano vincere le elezioni senza umiltà, senza faticare, senza impegno». È un Alessandro Olivi d’attacco quello che ieri mattina si è presentato nella sede del Pd trentino, 36 ore dopo lo choc della sconfitta (per 139 voti) alle primarie che hanno incoronato Ugo Rossi candidato presidente del centrosinistra autonomista. Un Olivi diverso da quello visto in campagna elettorale, caricato dalla debacle del suo partito. E se qualcuno pensava che la delusione potesse spingerlo a un passo indietro, l’assessore all’industria avverte: «Non mi faccio da parte, io». In sala scatta un applauso, ad ascoltarlo ci sono il segretario del partito Michele Nicoletti pronto a presentarsi dimissionario in assemblea (seduto in prima fila, e non al fianco del candidato come una settimana fa, ndr), il presidente del consiglio provinciale Bruno Dorigatti, i consiglieri Mattia Civico e Andrea Rudari, molti militanti, giovani soprattutto. L’assessore chiarisce il concetto e rilancia: «Se mi candido? Certo che sì, non farlo sarebbe un atto di irresponsabilità. Non chiudo certo qui il mio impegno politico, anzi, è giusto che io mi proponga per guidare la lista del Partito Democratico alle elezioni di ottobre». Si toglie qualche sassolino dalla scarpa: «Sapevo che la battaglia era rischiosa, io ci ho messo la faccia che ha fatto comodo a tanti perché il mio era un nome spendibile davanti alla coalizione». A chi gli chiede di chi siano le colpe della sconfitta, Olivi replica a muso duro: «Non è stata una mia sconfitta, è stata una sconfitta di quella parte del Pd che pensa che si possano vincere le elezioni senza faticare. Non puoi affrontare le primarie come qualcuno ha fatto, incontrare gli elettori e chiedere loro il voto non è sporcarsi le mani. C’era bisogno di metodo e umiltà, di una mobilitazione generosa. È mancata la voglia di vincere e questo in politica è devastante». Poi traccia un’analisi del voto di sabato: «Sono soddisfatto degli 8 mila voti ricevuti e spero di non essere presuntuoso se dico che una quota non insignificante sono voti personali. Il Pd deve riflettere. Abbiamo perso in città. Nelle valli, salvo la val di Sole che sapevamo roccaforte del Patt, abbiamo dimostrato di esserci, pur con due candidati che proprio in val di Sole (Ugo Rossi) e val di Fiemme (Mauro Gilmozzi) hanno fondato la loro biografia politica. La prova che il Pd è anche un partito territoriale. Dove siamo mancati - continua Olivi - è nelle città». «Non mi si venga a dire che a Trento e Rovereto abbiamo perso perché la gente era al mare - incalza prevenendo una delle spiegazioni portate in queste ore - abbiamo perso perché Trento e Rovereto hanno votato meno». E qui l’accusa a una parte dei dirigenti del partito è secca: «Io mi sono impegnato con generosità nel poco tempo che ho avuto a disposizione. Uscivo di casa alle 7 di mattina e tornavo la notte alle 2. Non sono andato alle feste campestri, ma ho incontrato tanta gente e ho parlato per ore con loro. Questo non era solo compito mio, doveva esserlo di una rete di persone che arrivavano dove io non potevo arrivare. Probabilmente hanno pensato che avevamo già vinto e che bastava aspettare il risultato. Un voto così basso in città mi fa pensare per chi ha ruoli di responsabilità e di governo che qualcosa è accaduto». Olivi prova a non fare nomi, che però inevitabilmente escono. Brucia soprattutto la sconfitta in casa: «Per tanti ero il candidato “roveretano”, ma in campagna elettorale io non ho voluto puntare su quello altrimenti 200 voti in più a Rovereto li prendevo tranquillamente». In sala c’è il segretario cittadino Fabiano Lorandi. Olivi lo «scagiona», «lui ha fatto un ottimo lavoro». Non vale altrettanto per il sindaco di Rovereto Andrea Miorandi: «Nulla da dire sul sindaco di Trento Alessandro Andreatta, lui in questa campagna c’è stato. Miorandi non l’ho visto e non l’ho sentito». Infine lo sguardo va al futuro. Del Partito Democratico, in primis: «Deve decidere se vuole essere un soggetto politico o solo uno spazio politico dove ognuno coltiva il suo protagonismo personale. Da oggi qualcosa deve cambiare». Sulle dimissioni dei dirigenti da molti invocate in queste ore si limita a dire: «Sono decisioni che competono agli organi del partito. Certo se arriviamo alle provinciali con questo ritmo, arrivederci». Ma c’è soprattutto da pensare al futuro della coalizione. A Olivi e Gilmozzi il candidato presidente Ugo Rossi ha già chiesto un incontro per impostare «un lavoro di squadra». Olivi risponde così: «Rossi ha vinto, anche se non trionfato. Punto e a capo, io lo sosterrò con lealtà, ora dovremo incalzarlo per costruire un programma della coalizione e una squadra. Il centrosinistra esce dalle primarie legittimato e spero rafforzato, ma dipenderà da tutti. Spero - conclude - che il Pd vinca non perché sceglie un avversario da cui distinguersi per superiorità, ma perché ha la proposta migliore per il Trentino».
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