Se ne è andato Enrico Bolognani

Le prime esperienze come sindacalista nella Cisl, fu anche arrestato per aver difeso i braccianti. Autonomista, ebbe la tessera Asar nel ’45, poi nello Scudo crociato. Assessore regionale alla sanità. Poi con Dellai sindaco, divenne presidente del consiglio comunale di Trento Grande in lui l’attenzione ai diritti dei più deboli.
"L'Adige", 7 luglio 2013

«Sono un cattolico adulto, di quelli che non ascoltano il sottosegretario, ma semmai don Cristelli».
Così, intervistato dall'Adige in occasione dei suoi 85 anni, nel 2011, si definiva Enrico Bolognani. Il 15 ottobre prossimo sarebbero stati 87, per l'ex sindacalista, assessore regionale, primo difensore civico e molto altro, ma soprattutto per uno a cui il Trentino deve molto: «Uno dei padri morali dell'Autonomia», lo definisce Lorenzo Dellai.
Enrico Bolognani se n'è andato nel tardo pomeriggio di ieri, nella sua casa di San Rocco di Villazzano. A piegarlo, sempre di più, giorno dopo giorno, l'ictus che lo aveva colpito qualche settimana fa. Fino a spegnerlo. E con lui quel suo acume, quella sua onestà e ironia che erano solo alcune delle doti che tutti gli riconoscevano. E che si manifestavano con guizzi brillanti, come quello con cui spiegava come era finito, dopo che la Balena bianca si era andata a spiaggiare, con il Pd: «Gli ex comunisti? Io non mi ero spostato, erano stati loro a fare un passo nella mia direzione».
Nato a Vigo Cavedine, classe 1926, era cresciuto tra preti e suore: tra zii e prozii ne contava almeno sei. Il padre Valerio, era contadino: famiglia semplice, lavoratrice e cattolica. Ma riuscì a finire il classico («solo la quarta e quinta ginnasio le ho fatte frequentando. Ghèra apetito e no ghèra schèi», ricordava nel 2011 confidandosi con Renzo Maria Grosselli) e poi a iscriversi a Giurisprudenza, a Padova, dove incontrò compagni di studio di assoluto livello: «Mi aiutò molto Nino Andreatta. Che mi presentò Bruno Kessler».
Incontri che segnarono la sua vita, la loro e, in un certo senso, quella del Trentino. Ma la prima tessera, non fu della Dc: «Nel 1945, fu quella dell'Asar. Mio nonno era stato un popolare austriacante, venne convertito all'Italia da Degasperi. Il merito della tessera fu suo». Ma durò poco: nel 1946 arrivò quella della Dc, e il movimento operaio, con la Cisl: «Davo una mano a Giuseppe Mattei, in occasione degli scioperi. Mi direzionò verso Firenze, dove partiva la prima scuola di sindacalismo».
Il sindacato lo mandò anche a Matera (dove passò una notte in carcere in seguito a manifestazioni operaie), Foggia. E negli Usa, nel 1956: «Cinque mesi tra frequenza alla Columbia University, lavoro in fabbrica e apprendistato di sindacalismo con le Union». Poi, di ritorno in Italia, a Bolzano, tra i metalmeccanici: «Fu lì che Kessler, assessore provinciale, mi ritrovò».
Fu l'inizio della sua carriera politico-amministrativa. Bolognani si occupò nella riorganizzazione delle scuole professionali. Venne eletto in consiglio regionale nel 1964, fino al 1968. «Mi ci mandarono il movimento sindacale e la mia valle dei Laghi» ricordava con orgoglio due anni fa. Fu assessore all'agricoltura e commercio. Poi non lo ricandidarono: «Ero un po' cattocomunista».
Si dimise dalle cariche di partito e tornò alla Formazione professionale. Il ritorno in consiglio regionale dal 1973 al 1978: assessore alla Santità. Intanto, dal 1968 al 1978, lavorò all'Istituto Agrario di S. Michele. Dal 1980, per cinque anni Bolognani fu direttore delle Terme di Levico, poi fu il primo difensore civico del Trentino: «Nella mia vita pubblica ho sempre lavorato per la gente, non per il partito o per me stesso».
Ancora politica nel 1995, quando fu eletto in Consiglio comunale (lo presiederà), in lista con Lorenzo Dellai: «Allora, noi cristiano sociali, confluimmo nei Ds».
Ora, l'addio. Ad un «cattolico laburista», ma sempre fiero della Dc: «Pur con i difetti, usciti tutti dopo il 1975-1980, l'Italia l'avevamo trasformata da paese di emigranti a paese di immigranti». L'Italia, e anche il Trentino. 
Profondo il cordoglio da parte del presidente della Provincia Alberto Pacher per la morte di Enrico Bolognani: «Il Trentino perde molto con la sua scomparsa - dice il presidente - Credo che per lungo tempo abbia rappresentato la parte più bella e nobile della politica trentina. Il suo esempio dovrebbe essere tramandato a tutti i giovani che intendano avvicinarsi al servizio alla comunità, perché lui lo ha fatto per anni sempre prima di tutto per passione. La sua è stata una figura cristallina, caratterizzata da impegno civile, politico e sociale portato avanti sempre in maniera disinteressata».
Ma oltre al ricordo del presidente, Pacher vuole portare anche il suo personale: «Ero legato a lui da un rapporto profondo. Fin da quando era presidente del Consiglio comunale a Trento ho avuto da lui tantissimi insegnamenti. Anche quando ero diventato assessore e negli ultimi mesi, in Provincia, non mancava mai, di tanto in tanto, di venirmi a trovare.
Come credo andasse a trovare anche altri: lo faceva per passione, per dare consigli, per dare le sue opinioni, le sue indicazioni, che personalmente erano sempre apprezzatissime». Una presenza imprevista ma che ora mancherà a Pacher che continua a ricordare: «Arrivava ma non prendeva appuntamento: se serviva, si sedeva in un angolo e aspettava. Come due mesi fa, in occasione del nostro ultimo incontro. Era affaticato, ma non aveva rinunciato alla sua visita, regalando sempre parole di grande lucidità. Aveva una grande umiltà e fino all'ultimo ha sempre saputo mostrare, con i fatti, tutta la sincerità e la disponibilità che lo aveva sempre animato nel dedicarsi alla politica. Mi mancherà molto».