Voglio dare il mio contributo al dibattito apertosi in questi giorni sulle cosiddette “Primarie della cultura”, affrontando il tema dal mio punto di vista e con un approccio un po’ diverso. Sono convinto che nei prossimi anni il binomio “cultura – turismo” sarà fondamentale per lo sviluppo della nostra terra e del nostro Paese.
Andrea Rudari, 28 giugno 2013
L’Italia è un Paese che vanta Roma, Firenze e Venezia, tre fra le dieci mete che i turisti di ogni continente vorrebbero visitare (secondo una recente indagine svolta da TripAdvisor); viviamo in un paese che possiede ricchezze, beni culturali e architettonici senza eguali. L’Italia ha dato i natali a maestri considerati universalmente tra i grandi della storia dell’arte oltre ad altre personalità che hanno brillato in ogni genere di disciplina. Un paese, insomma, che è sempre riuscito a imporre una propria visione culturale e la propria genialità.
Tutto questo ci può dare lo spunto per un ragionamento sulle nostre potenzialità in termini di visibilità e “visitabilità”, che ben pochi altri Stati a parità di superficie possono avere.
In questo connubio tra presente e futuro leggo positivamente la nuova sfida del Muse, il museo che avrà sede nella struttura progettata da Renzo Piano che si inaugurerà fra qualche settimana a Trento e che potrà/dovrà diventare un punto di richiamo anche turistico per la nostra regione, alla stregua – mutatis mutandis – della Città della scienza di Parigi o del Science Museum di Londra. Secondo me sarà importante creare una forte rete con le altre realtà museali quali il Buonconsiglio, il Mart, il museo degli usi e dei costumi della gente trentina di S. Michele, potrà veramente offrire un “pacchetto” a quel target di turisti (e non sono pochi) che cercano questo tipo di offerta. In questo modo il Trentino turistico che offre agli ospiti sport, benessere e cultura potrebbe sponsorizzarsi direttamente con la celebre frase “mens sana in corpore sano”.
Non dobbiamo dimenticare che i numerosi eventi nazionali ci ricordano che l’attrattiva culturale non nasce unicamente dalle strutture museali: festival di settore (dell’economia, della filosofia, della letteratura), eventi musicali internazionali (tournee europee dei big della canzone come quella recente di Springsteen), rassegne teatrali di qualità e anche la musica lirica (pensiamo al pubblico ormai europeo dell’Arena di Verona).
Certo, ci vuole un maggior impegno anche a livello nazionale per la conservazione, la messa in rete, la valorizzazione e il finanziamento alla cultura per esprimere al massimo questo valore, e su questo è chiaro che ci sia ancora molto da fare. Pensiamo ad esempio come in altre parti del mondo, città meno blasonate delle nostre riescono a costruire, attraverso studi di marketing e promozione, un imponente flusso di turisti lasciandoci invece qui in Italia con le nostre incalcolabili ricchezze chiuse da anni in bui archivi solo perché manca la solita scartoffia o per non meglio definite esigenze contrattuali.
Aver incaricato oggi nel nuovo Governo il Ministro Massimo Bray, forte delle sue competenze in materia di beni e attività culturali ma anche di turismo, fa ben sperare che si possa fare quel salto di qualità che ancora si stenta a cogliere e che maggiormente potrebbe fare della cultura italiana anche una fonte di ricchezza economica. Citando il Ministro: “la cultura può essere il modo migliore di ricostruire il nostro Paese”, anch’io sono convinto che in Italia la cultura possa creare posti di lavoro ed essere fonte di rilancio economico, partendo in realtà da quello che siamo e che spesso ci dimentichiamo di essere, una culla di civiltà.
Infine un pensiero (anche per esperienza diretta) sulle possibilità di suonare dal vivo in città e in provincia. Purtroppo è vero che oggi i locali dove poter esibirsi live, magari dopo aver passato settimane chiusi in una cantina o un garage a far prove, sono ormai pochissimi. Dalla mia esperienza, ricordo come solo quindici anni fa si potesse girare il Trentino tutta l’estate, suonando in numerosi pub o birrerie diffusi in tutte le valli. Oggi ne resistono forse una decina mentre gli altri sono rimasti “vittime” del karaoke, di costi di gestione di uno spettacolo o, purtroppo, dall’imponente burocrazia. Spesso ci si deve organizzare da soli un teatro, un service, la pubblicità, i permessi e sperare poi di riempire con amici e parenti per pagare le spese.
Su questo una riflessione va fatta e portata a compimento, perché in assenza di sedi dove potersi esprimere senza dover per forza essere accompagnati da un commercialista, senza un impianto normativo che agevoli le espressioni “live” non professionistiche, senza un’attenzione particolare a queste forme di cultura che è anche aggregativa, credo che il significato della cultura popolare vada irrimediabilmente a perdersi creando un enorme danno per la comunità trentina.