«La sovranità economica senza confini deve trovare il suo limite nei diritti fondamentali della persona, dalla salute all'istruzione. L'Europa è diventata sinonimo di sacrifici e, mentre si dice che serve più integrazione, ha messo da parte la carta dei diritti, la sua costituzione. L'unione politica dell'Europa però passa attraverso il pieno riconoscimento dei diritti delle persone».
A. Grosselli, "L'Adige", 2 giugno 2013
Stefano Rodotà, ex garante della privacy e candidato alla presidenza della Repubblica per il M5S, a Trento ha indossato i panni del professore disegnando la storia del rapporto tra sovranità e proprietà, dall'alba del diritto ai nostri giorni. Ma le sue conclusioni sono frutto dell'incontro tra la passione del politico e la profonda consapevolezza dei problemi del mondo globalizzato dello studioso di diritto. Un mix che il popolo dello scoiattolo, raccolto ieri sera al teatro Sociale, ha riconosciuto prima ascoltando in religioso silenzio, poi liberandosi in uno scrosciante appalto.
Il potere crescente su dati e brevetti delle grandi multinazionali di internet e della farmaceutica, i diritti alla salute e alla conoscenza delle singole persone in ogni parte del globo e il declinare della sovranità nazionale che mette in dubbio la funzione sociale dell'economia. Sono le questioni centrali che la politica deve affrontare risolvendo il conflitto latente tra questi fenomeni, come accadde nel passato quando, nell'Ottocento, l'emersione della borghesia limitò il potere dei sovrani assoluti a tutela del diritto di proprietà o quando, nel Novecento, l'affermazione della classe operaia promosse il superamento del legame tra diritti politici e reddito, introducendo l'epoca del welfare e dei diritti sociali. A testimoniare l'urgenza di sciogliere questi nodi Rodotà ha citato una sentenza della corte suprema indiana quando decretò che il diritto alla salute dei cittadini andava tutelato prima di quello economico legato alla proprietà intellettuale su un medicinale. La produzione di farmaci brevettati da un colosso come Novartis passò alle aziende indiane che con costi molto più bassi garantivano l'accesso alle cure a tutta la popolazione. «Ma lo stesso accadde a Napoli - ha ricordato - quando la Corte dei Conti assolse il Comune che aveva assunto insegnanti elementari violando il patto di stabilità».
Per Rodotà con queste sentenze «la narrazione dei diritti si affianca a quella del mercato che sembrava l'unica possibile». La sovranità economica non può cancellare i diritti fondamentali della persona. «Ci sono beni comuni - ha detto - che non sono disponibili alle logiche del mercato: l'acqua, ma appunto anche la salute e la conoscenza. Altrimenti il rischio è di tornare ad una sovranità del censo per la quale salute o grado di istruzione sono in funzione solo del proprio reddito».
Qualcosa di simile accade per internet. «Google e Facebook, che con un miliardo di utenti rappresenta il terzo paese al mondo per popolazione dopo Cina e India, si arrogano una sovranità assoluta sui dati in loro possesso». Oggi le informazioni sono la materia prima della nuova economia. Con queste si orientano il marketing e la produzione. Allo stesso tempo gli Stati mettono a rischio alcuni diritti fondamentali violando il diritto alla privacy in nome della sicurezza e dell'antiterrorismo.
Ma la rete non va demonizzata, neppure quando diventa strumento di razzismo, bullismo o diffamazione. «Il web porta alla luce la realtà: è il termometro che misura la febbre. Per farla scendere non serve a nulla romperlo». Non servono leggi speciali. «Per sanzionare l'ingiuria ci sono già le norme. Serve invece una battaglia culturale a partire dalle scuole».