I l tempo lenisce il dolore ma rende più acuta l'assenza, soprattutto delle persone che hanno lasciato nelle nostre vite un segno e che, per usare un termine purtroppo in disuso, sono stati «maestri». E l'assenza di Walter Micheli, a cinque anni dalla morte, si fa sentire. Eccome, se si fa sentire. Ci manca l'uomo di cultura; ci manca il sindacalista della Cgil che metteva al centro la dignità dei lavoratori; ci manca l'amore che esprimeva per questo pezzo di Alpi dalla storia tormentata ma unica; ci manca soprattutto l'uomo politico.
Bruno Dorigatti, "L'Adige", 31 maggio 2013
Il tempo che è passato permette di apprezzarne ancora di più le qualità, soprattutto in un momento politicamente grigio, dominato dall'io e sempre meno dal noi, dimensione nella quale sta la vera ragione per la quale si fa politica. Il Micheli che, affrontando impopolarità, attacchi pretestuosi, interessi consolidati, arretratezze culturali, seppe trovare la forza di guardare comunque avanti. Molto avanti, come sanno guardare le persone che conoscono la storia e quanto di buono e di cattivo sta alle nostre spalle.
La salvaguardia dell'ambiente in Trentino porta in gran parte il suo nome. Una battaglia che Walter Micheli condusse con pazienza, con la pazienza della politica che passava per il confronto, anche questo pazientemente ostinato. Valle dopo valle, paese dopo paese, sindaco dopo sindaco, per spiegare le sue ragioni. Per spiegare che la difesa del territorio significava, oltre che un valore di civiltà, soprattutto futuro e sviluppo. Assemblee infuocate che affrontava con il suo linguaggio quieto, argomentato, limpido e che si chiudevano con il rispetto per questo socialista colto e popolare. Popolare perché sapeva dire anche di no al popolo; perché aveva piena coscienza del fatto che le risposte ai bisogni possono venire solo dal riformismo che si nutre di fatica, studio, conoscenza dei problemi, umiltà. Un'umiltà della quale Walter Micheli è stato maestro. Dote che si è vista anche nel suo lavoro di storico, che è stato il suo modo per continuare a fare politica: nell'ultima parte della sua vita si dedicò allo studio perché, da socialista e da uomo di sinistra, aveva piena coscienza che la sua vicenda personale e la sua storia politica facevano parte del grande flusso delle vicende di questa terra, quindi della collettività. Anche per questo non c'entrava nulla (e forse non la capiva) con troppa politica dei nostri giorni: era un leader perché combatteva per delle idee, per quanto concrete, solide, realizzabili, e non si serviva opportunisticamente di qualche idea per dimostrare di essere un leader. Per questo, in nome di una falsa modernità politica, venne considerato presto «vecchio», anche se sempre rispettato come uomo.
Il drammatico declino del socialismo trentino e italiano lo segnò profondamente. Lo tormentò il timore di veder distrutto il lavoro di anni. Lo addolorava la scena politica nazionale, le troppe follie che abbiamo visto e vissuto tutti quanti. Ma anche a questo logoramento Walter ha risposto comunque con la sua dignità di trentino, di uomo di montagna.
Come dicevo, ci manca particolarmente oggi, nonostante sia ancora vivo il suo insegnamento: contro la politica dell'individualismo e del leaderismo esasperato, per Walter Micheli fare politica significava sottoporsi ad un esercizio di umiltà personale, perché bisogna studiare, conoscere, avere chiari gli obiettivi collettivi, non arroccarsi dietro presunte e autoproclamate superiorità morali. Non scordando il Micheli credente, che riteneva la politica una forma concreta di carità.