«Non voglio giocare a questo gioco, perché non ne capisco il senso e ci leggo tanta strumentalizzazione». Luca Zeni, capogruppo del Pd in consiglio provinciale, è sconfortato di fronte alla presa di posizione del presidente della Provincia, Alberto Pacher, che ieri in un'intervista all' Adige ha invitato il Pd a dire se riconosce o meno i risultati della giunta e che giudizio dà del percorso politico degli ultimi 15 anni, ritenendo evidente una certa «ritrosia» - così l'ha definita Pacher - da parte del partito a farlo.
L. Patruno, "L'Adige", 17 maggio 2013
Ma Zeni è sconcertato anche dagli interventi del presidente del Pd trentino, Roberto Pinter, e di Dorigatti, Nardelli e Rudari prima di lui, che hanno toccato la stessa questione.
Consigliere Zeni, lei si sente tra coloro che secondo Pacher hanno una «ritrosia» a riconoscere il percorso fatto?
Io credo che oggi ci sia differenza tra le varie forze politiche perché ci sono visioni di fondo diverse: noi ci riconosciamo nella centralità della persona, la solidarietà, la giustizia sociale, che vengono portate avanti con la massimo partecipazione dei cittadini e la massima trasparenza. Se noi abbiamo una casa comune come coalizione in cui lavorare, vuol dire che possiamo costruire qualcosa anche per il futuro. Poi, ci sono le proposte programmatiche. Queste mutano nel tempo perché è la vita che è un continui cambiamento, le società mutano assetti, cambia l'economia e l'ambiente. È questo il punto ed è per questo che il gioco della valutazione degli ultimi 15 anni è un non senso. Io penso che la stragrande maggioranza dei cittadini trentini e l'unanimità degli esponenti politici del centrosinistra oggi rivendicano con orgoglio le cose positive fatte. Chi dice che non c'è stato un buon governo in Trentino e non riconosce le statistiche che ci dicono che stiamo molto meglio che nel resto d'Italia? Se serve facciamo una petizione in cui firmiamo tutti che si è ben governato, ma non costruiamo su questo finte contrapposizioni.
Quindi da parte sua non c'è alcuna critica su come si è esercitato il potere in questi anni?
Come è evidente, per motivi diversi che riconosce anche Pacher, tra cui il carisma di Dellai, c'è stato un deficit di condivisione.
Ma Dellai non c'è più. Qual è allora la differenza tra lei e Olivi, ad esempio, la maggiore condivisione delle decisioni?
Quello su cui sceglieranno i trentini è la visione dei prossimi 15 anni, non di quelli passati. Su questo dobbiamo confrontarci. Siamo d'accordo che le Comunità di valle vanno riviste? Che il sistema della ricerca vada razionalizzato? Che dobbiamo investire sulle lingue straniere?
Su queste cose mi pare che siete tutti d'accordo, o no?
Non so se siamo tutti d'accordo, se sì diciamo come fare. Le primarie servono per confrontarsi su questo. Io sono stanco di continuare a richiamare che questo è lo spirito originario del Pd. Il Pd è nato per essere un partito aperto e non chiuso, dove decidono i vertici come vorrebbero Nardelli e Dorigatti. Io penso che l'unità del partito si mina quando si rinnega il patto fondativo che è l'apertura. Si nega l'essenza stessa su cui siamo nati.
Chi legge la situazione nel Pd nel modo che lei definisce strumentale fa intendere che una candidatura come la sua non sarebbe accettata dagli alleati, perché considerata di rottura. Lei avverte questa ostilità?
Io dico che è strumentale perché mi fanno dire cose che non ho mai detto. Io mi sono riconosciuto in un partito che non vuole costruire barricate ma parlare con i cittadini. Il fatto ora di dire: per decidere facciamo sedere intorno al tavolo tre segretari di partito e ognuno pone veti sull'altro, sono cose che non capisco. Sulla base di cosa possiamo dire uno va bene e l'altro no, quando ci si riconosce su valori di fondo anche se c'è una sensibilità diversa sugli interventi da fare? Dobbiamo avere fiducia reciproca e anche nei cittadini.
Teme che alla fine quattro segretari si metteranno d'accordo senza fare le primarie?
Mi sembra che sia in atto un tentativo di far passare il tempo, anche se non c'è nessun mandato dell'assemblea al segretario o a Pinter di accordarsi con la coalizione su un nome. Due cose fanno male al Pd: rinnegare l'idea di partito aperto e non decidere. È questo fa perdere credibilità.
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