«Non posso più fare politica nel Pd»

Pacher: la coalizione troverà qualcun altro. Il presidente non si candiderà e di Olivi dice: "E' un'ottima soluzione".
L. Patruno, "L'Adige", 5 maggio 2013


È esausto Alberto Pacher, dopo una settimana di pressioni martellanti - incontri, telefonate, messaggi, lettere aperte - per tentare di convincerlo a tornare sui suoi passi, rivedendo la decisione di non candidarsi alla presidenza della Provincia, come leader del centrosinistra autonomista. A mettere una pietra sopra il tormentone, che si è intensificato negli ultimi giorni, è stato l'incontro che ha avuto ieri mattina con il segretario del Pd trentino, Michele Nicoletti, al quale Pacher ha confermato la sua indisponibilità, ottenendo un «mi dispiace», come risposta. Quindi Pacher lascerà la politica tra sei mesi e il Pd perde il suo recordman di preferenze (oltre 15 mila) e l'unico nome che gli avrebbe garantito la sicura conquista della presidenza della Provincia. Ora, la strada si fa in salita e la tenuta della coalizione di centrosinistra autonomista tutta da verificare.
 Presidente Pacher, perché nonostante gran parte del suo partito, molti amministratori, persino Dellai a nome dell'Upt le chiedessero di assumersi questa responsabilità, ha confermato la decisione di lasciare?
 Ma insomma, io nell'ottobre scorso ho detto con un anno di anticipo che non ero disponibile, in modo che la coalizione avesse il tempo di organizzarsi.
 Lei allora aveva detto di non essere disponibile per delle ragioni politiche, non personali. In questi giorni nel Pd non è emersa la volontà di affrontare quei nodi?
 Le questioni politiche che ho posto sono ancora lì tali e quali, non c'è stato alcun mutamento, anzi la situazione è peggiorata nel Pd, quindi penso che sia bene che io mi tiri in disparte. Ci sono altri nomi sul tappeto, la coalizione farà le sue scelte.
 Può spiegare qual è il motivo politico principale della sua decisione?
 Ci sono tutta una serie di situazioni sia nel Pd nazionale che locale di cui ho parlato con il segretario Nicoletti e con Tonini, che non mi consentono di fare politica come la intendo io, in particolare la difficoltà, direi l'impossibilità di discutere nel partito. Oggi fatico a sentirmi a casa nel Pd e dunque penso sia bene ritirarmi.
 Molti le riconoscono l'autorevolezza e la capacità di tenere insieme la coalizione. Non pensa di danneggiare la coalizione e il Pd?
 Ma la coalizione non può stare insieme solo perché ci sono io. La coalizione sta insieme perché sta insieme.
 Nel suo partito però c'è stata una mobilitazione di gran parte dei sindaci e degli amministratori, insomma la maggioranza del partito. Voleva l'unanimità per accettare? Non pensa di deludere tante persone?
 Io non voglio che il Pd mi dica per piacere candidati, io sento che per me è finita una fase. Io ringrazio molto le persone che hanno stima di me e che in questi giorni mi hanno manifestato esortazione e rincrescimento. So che mi stimano perché apprezzano il mio modo di vivere la politica. Sarebbe stato perciò un tradimento verso di loro e verso di me continuare a fare politica senza poterla fare come piace a me.
 Si è visto con Dellai? Cosa gli ha detto?
 Le stesse cose che ho detto a tutti: non c'è nessuno indispensabile. Io penso che per me sia arrivato il momento di tirarmi in disparte. Faccio i 5 mesi che mancano e poi vado a casa.
 Lei chi vorrebbe come candidato presidente?
 Non voglio entrare in questo dibattito.
 Ma Alessandro Olivi le piace? Si è mostrato pronto a raccogliere il suo testimone. Cosa ne pensa?
 Olivi è un ottimo candidato e una soluzione molto valida per la presidenza, se deciderà di scendere in pista lo sosterrò molto volentieri e penso che anche altre forze politiche potrebbero convergere, anche se non so alla fine chi e quanti saranno i nomi.
 Pensa che il Pd rischi di non avere il candidato presidente?
 Tutte le forze politiche della coalizione hanno diritto di proporre propri nomi, nessuno ha l'esclusiva. Si vedrà.


LEGGI ANCHE:

L'ultimo "no" di Pacher: "Non sarò io il leader". C. Bert, "Trentino", 5 maggio 2013
«Ho passato la mia vita a fare quello che teneva insieme le cose. Ora basta, le cose possono stare insieme da sè». Così Alberto Pacher nel giorno in cui ha ripetuto per due volte il suo no alla ricandidatura, prima al segretario del Pd Michele Nicoletti, poi all’ex governatore Lorenzo Dellai: «Non sarò io il leader del centrosinistra a ottobre».

Presidente, com’è andato l’incontro con Nicoletti? Ho ribadito le ragioni della mia scelta che sono contenute nella mia lettera di ottobre. Da allora non è cambiato nulla. Sia a livello nazionale che locale le criticità che avevo evidenziato sono rimaste. La mia intenzione è di farmi un po’ in disparte.
C’è qualcosa che avrebbe potuto farle cambiare idea? Qualcuno mi ha detto che ha colto le ragioni della mia scelta ma che le ragioni politiche si possono superare. Io non credo. In questo momento c’è un profondo deficit di discussione nel Pd. Io non pongo condizioni politiche per il rientro. Dico che di fronte a questa situazione, sento che farei una violenza a me stesso. Le tantissime persone che mi hanno espresso rammarico e mi hanno invitato a ripensarci, lo hanno fatto perché apprezzano il mio modo di vivere e interpretare la politica. Oggi io non sono certo che riuscirei a viverla e interpretarla nel modo in cui so farlo, e quindi non sarei onesto verso di loro oltre che verso me stesso.
La discussione di questi giorni dentro il Pd, e le contrapposizioni su candidature e primarie, hanno rafforzato la sua convinzione? No, non è cambiato niente. Io individuo come un deficit l’incapacità di questo partito di discutere seriamente di politica al proprio interno. Non è una questione di nomi e candidature, ci sono nomi e candidature buoni e adesso se la giocheranno.
Lei darà un’indicazione? Ha consigliato al suo partito la strada da intraprendere? Le sembro nella condizione di consigliare? No, io ho semplicemente detto che in questa partita non ci sono perché non mi sento a casa.
Pensa che la coalizione riuscirà a gestire il dopo-Pacher senza lacerazioni? Le coalizioni non dipendono mai da una persona, e se fosse così sarebbe preoccupante. Dipendono da un disegno politico. La coalizione avrà le forze e la capacità di trovare al proprio interno una sintesi su un altro nome.
Che cosa le ha detto Dellai? Ha molto insistito perché ritornassi sulle mie decisioni. E io gli ho risposto le stesse cose che ho detto agli altri. Dopodiché devo dire una cosa. Io ho scritto una lettera al mio partito sette mesi fa, dicendo: vi comunico adesso la mia decisione, un anno prima delle elezioni, perché non voglio che si creino troppe attese. Trovo singolare che di questo non si sia più parlato, come se quella lettera non ci fosse mai stata, si discuta come se la scelta fosse un mio sghiribizzo di oggi.
Sta dicendo che ci sarebbero stati gli spazi per farle cambiare idea? Non faccio la storia con i “se”. Le cose sono andate come sono andate. Ho passato tanti anni a fare la parte di quello che tiene insieme le cose, è stata la mia mission e la mia caratteristica. Ore le cose possono stare insieme da sè, senza di me. O almeno è quello che spero.