Oggi assemblea del Pd con il rebus primarie: di coalizione o anche interne? Pinter: "Il partito scelga il suo candidato".
C. Bert, "Trentino", 6 maggio 2013
In campo ci sono già sei nomi: Luca Zeni, Donata Borgonovo Re, Alessandro Olivi per il Pd, Ugo Rossi del Patt, Mauro Gilmozzi e Tiziano Mellarini per l’Upt. Chi ufficialmente candidato, chi più prudentemente «a disposizione». La corsa per la leadership del centrosinistra è aperta, dopo che il presidente reggente della Provincia Alberto Pacher - nonostante il pressing delle ultime settimane - si è definitivamente chiamato fuori dai giochi.
Alle elezioni provinciali mancano meno di sei mesi e la coalizione si è data tempo fino a metà giugno per individuare il proprio candidato presidente. E visto che - escluso Pacher - non sembrano al momento profilarsi nomi in grado di unire tutti gli alleati, la strada delle primarie appare la più probabile (nel qual caso anche i Verdi parteciperanno con un proprio candidato, Lucia Coppola o Ruggero Pozzer). Ad evocarla è stato lo stesso Lorenzo Dellai, da sempre scettico sullo strumento, che sabato a Pergine ha avvertito: «Ci saremo anche noi, per vincere». Anche se il capogruppo provinciale Giorgio Lunelli (vedi articolo sotto, ndr) avverte: «Ovunque si sono fatte, le primarie spaccano. E rischiamo di perdere».
Il punto ora è decidere come fare le primarie. A turno unico, con un solo candidato per partito (come sollecitano Patt e Upt), oppure a doppio turno, come preferirebbe il Pd che ha il problema di avere in casa tre candidati? Questa sera l’assemblea provinciale dei Democratici proverà a indicare la propria opzione, fermo restando - ha ricordato la scorsa settimana il presidente Roberto Pinter - che non è il Pd a decidere come fare le primarie di coalizione. Le ipotesi in campo sono diverse.
C’è chi ritiene - in primis il segretario Michele Nicoletti - che sia meglio provare a convincere gli alleati della bontà del doppio turno, che garantirebbe al vincitore maggiore consenso e rappresentatività dell’intera coalizione. Per questa opzione è schierata Donata Borgonovo Re. «È la scelta più intelligente», sostiene il consigliere provinciale Andrea Rudari, «fare prima le primarie del Pd sarebbe una follia, anche perché dovremmo chiamare a votare gente diversa». C’è invece chi - come il consigliere Mattia Civico - propende per primarie di partito: «Se, come sembra, l’idea maggioritaria è di arrivare alle primarie di coalizione con un solo candidato per partito, mi pare evidente che il Pd dovrà prima scegliere al suo interno il proprio nome. E siccome siamo un partito da 60 mila voti con 1200 iscritti, trovo difficile pensare che in questa scelta non si coinvolgano anche gli elettori. Le primarie interne non saranno una conta, ma un’operazione di sintesi senza la quale non risolveremo mai il nodo delle nostre diversità interne. Chi vince si assumerà l’onere di rappresentare tutte le sensibilità».
C’è però chi considera le primarie interne un’opzione devastante per il partito. E propone un’altra strada per individuare il candidato, quella di affidare la scelta all’assemblea provinciale allargata ai sindaci e ai segretari dei circoli, in totale circa 150 persone. Strada questa sostenuta in primis dal presidente Roberto Pinter (oggi in assemblea arriverà una proposta in questa direzione del circolo di Rovereto) e dal sindaco di Trento Alessandro Andreatta.
Un’opzione, quella della selezione interna al partito senza coinvolgere gli elettori, che troverà l’ostilità sia di Zeni che di Borgonovo Re, consapevoli che questo percorso favorirebbe Olivi (che ha dalla sua il sostegno di gran parte degli amministratori del partito) ma anche dei sostenitori delle primarie. «Il Pd deve prendersi le proprie responsabilità - osserva Pinter - non rimandando tutte le volte la scelta agli elettori. A volte il mito delle primarie serve a nascondere la propria incapacità politica». Il tempo stringe perchè alla scadenza di metà giugno manca meno di un mese e mezzo. Se il Partito democratico oggi tenterà di trovare un accordo, anche l’Upt dovrà presto scegliere il proprio candidato. L’assessore Mauro Gilmozzi è il nome interno al momento più accreditato, anche se il collega Tiziano Mellarini ha anche lui manifestato la volontà di proporsi. Ma nell’Unione prende piede anche l’ipotesi di affidarsi a un «papa nero», un candidato esterno di area che possa raccogliere un consenso più vasto e spiazzare il maggiore alleato, il Pd. L’unico a non avere problemi di selezione interna è il Patt, che da mesi ha indicato nell’assessore Ugo Rossi il proprio candidato alla presidenza e proposto primarie di coalizione. Rossi che oggi ribadisce: «Noi siamo pronti».
Alessandro Andreatta non nasconde la sua amarezza. Ha cercato fino all’ultimo di convincere Alberto Pacher, di cui per dieci anni è stato il vicesindaco in Comune, a ripensarci, anche quando tutto lasciava capire che non c’erano più spazi per convincerlo. «La mia è stata una cordiale e affettuosa insistenza», ammette il sindaco di Trento. «La sua decisione di non ricandidarsi mi dispiace e mi preoccupa. Lui era una persona spendibile, con un’esperienza di governo alle spalle e la capacità di unire la coalizione. È grave che il Pd non abbia da subito voluto affrontare la questione politica posta da Pacher nella sua lettera di ottobre, è grave averla trattata come una vicenda solo personale, anche se nella sua scelta c’è anche una componente personale. Oggi ci ritroviamo con un problema irrisolto che a meno di sei mesi dalle elezioni pesa molto di più».
Andreatta è preoccupato: «Non solo per il Pd ma anche per la coalizione, il rischio di spaccarsi è grosso». E sulle primarie dice: «Se dobbiamo farle, facciamole bene. E teniamo conto dei tempi, a metà giugno molta gente è già al mare».